sabato 31 dicembre 2016

Amore e meditazione - Osho

La seconda domanda: “Tu hai detto che se una persona riesce ad amare veramente, allora basta l’amore e i centododici metodi di meditazione non sono necessari. E io sento di amare veramente, credo, con il vero amore che hai spiegato tu. Ma la beatitudine che incontro nella meditazione mi pare che appartenga a una dimensione alquanto diversa dalla profonda soddisfazione della quale ho esperienza nell’amore, e non posso neppure immaginare di stare senza meditazione. Spiegaci perciò un po’ di più com’è che l’amore da solo, senza la meditazione, può bastare”.

Ci sono molte cose da capire. Primo, se tu fossi veramente innamorato non chiedesti nulla sulla meditazione, perché l’amore è un appagamento così totale che non c’è mai la sensazione che manchi qualcosa, che ci sia un vuoto che deve essere colmato, che tu abbia ancora bisogno di qualcosa. Se senti che hai bisogno di altro, c’è un vuoto. Se senti che c’è ancora qualcosa da fare e da sperimentare, allora l’amore è solo una sensazione, non una realtà. Non metto in dubbio che tu lo creda: puoi credere di essere innamorato. Lo credi veramente, non stai ingannando nessuno. Senti di essere innamorato, ma i sintomi dimostrano che non lo sei. Quali sono i sintomi dell’essere innamorati? Tre. Primo, assoluta soddisfazione. Nient’altro è più necessario, neanche Dio. Secondo, non c’è futuro. Questo istante d’amore è l’eternità. Non c’è alcun momento successivo, alcun futuro, alcun domani. L’amore accade nel presente. E terzo, tu cessi di esistere, non esisti più. Se ci sei ancora, non sei ancora entrato nel tempio dell’amore. Se queste tre cose accadono... se non esisti più, chi mediterà? Se non esiste nessun futuro, tutti i metodi diventano inutili perché tutti i metodi esistono in funzione del futuro, del risultato. E se in questo istante tu sei soddisfatto, sei assolutamente appagato dove sta la ragione per fare alcunché? Esiste una scuola di psicologi, ed è una delle correnti più importanti del pensiero moderno che ha avuto inizio con Wilhelm Reich. Reich diceva che ogni malattia mentale sorge a causa della mancanza d’amore. Questo essere insoddisfatto agogna la soddisfazione in dimensioni multiple poiché non riesce a provare un amore profondo, a immettervi tutto se stesso. Quando dico: “Se riesci ad amare, nulla è più necessario”, non intendo dire che allora l’amore è sufficiente, ma che, quando ami profondamente, l’amore diventa una soglia, proprio come la meditazione. Ma come agisce la meditazione? In questi tre metodi: ti creerà appagamento, ti permetterà di rimanere nel presente – ti aiuterà a rimanere nel presente- e distruggerà il tuo ego. La meditazione fa queste tre cose, con qualunque metodo. Perciò lo si può dire così: l’amore è il metodo naturale. Se manca il metodo naturale, allora deve essere fornito quello artificiale. Ma ci si può sentire innamorati; allora queste tre cose diventeranno i criteri. Si provvederà a renderli le pietre di paragone, il parametro. Si osserverà se queste tre cose si verificano. Se non si verificano, l’amore può essere molte altre cose, ma non amore. E l’amore è un fenomeno grandioso: può essere molte cose. Può essere lussuria; può essere semplicemente sesso; può essere solo una tendenza possessiva; può essere solo un’occupazione perché non riesci a stare da solo, e hai bisogno di qualcuno perché hai paura e hai bisogno di sicurezza. La presenza dell’altro ti aiuta a essere sicuro. Oppure può essere solo una relazione sessuale. L’energia ha bisogno di sfoghi. L’energia continua ad accumularsi e poi diventa un peso: devi gettarla e lasciarla libera. Perciò il tuo amore potrebbe essere solo uno sfogo. L’amore può essere molte cose e l’amore è molte cose. E, in genere, l’amore è molte cose accetto amore. Per me, l’amore è meditazione. Perciò prova a far questo: sii in meditazione con il tuo amante. Tutte le volte in cui è presente sii in profonda meditazione.
Rendiate questa presenza reciproca uno stato meditativo. In genere fai proprio l’opposto.
Quando gli amanti sono insieme, litigano. Quando poi sono di nuovo separati, di nuovo si pensano a vicenda. Ma quando vengono messi insieme nuovamente, il litigio ricomincia.
Questo non è amore! Suggerirò quindi alcuni punti: fa della presenza della tua amata o del tuo amante uno stato meditativo. State in silenzio. State vicini, ma restate in silenzio.
Usate ciascuno la presenza dell’altro per lasciar cadere la mente; non pensate. Se stai pensando mentre il tuo amante è con te, allora non sei con il tuo amante. Come puoi esserlo? Siete entrambi lì, eppure distanti chilometri. Tu stai pensando i tuoi pensieri, il tuo amante sta pensando i suoi. Siete vicini solo apparentemente, ma in realtà non lo siete, perché quando due menti stanno pensando sono agli antipodi. Il vero amore significa cessazione di pensiero. Alla presenza della tua amata o del tuo amante smetti completamente di pensare; solo allora siete vicini. All’improvviso siete una cosa sola, i corpi non vi possono separare: in profondità nel corpo qualcuno ha infranto la barriera. Il silenzio infrange la barriera: questa è la prima cosa. Fa della tua relazione un fenomeno sacro. Quando sei veramente innamorato, l’oggetto d’amore diventa divino. Se non lo è, sappi che non è una relazione d’amore: è impossibile. Una relazione d’amore non è una relazione profana. Ma hai mai provato riverenza per la tua amata? Puoi aver provato molte altre emozioni, mai riverenza. Sembra inconcepibile, ma l’India ha provato moltissime vie... Ecco perché l’India ha sempre insistito sul fatto che questa relazione d’amore tra l’uomo e la donna dovrebbe essere un fenomeno sacro, non una relazione mondana.
L’amante, l’amata diventano divini. Non puoi guardarli in nessun altro modo. Mi chiedo se hai mai provato riverenza per tua moglie. La cosa stessa pare non essere pertinente, riverenza per una moglie? Non se ne parla neppure. Puoi sentire biasimo, puoi sentire qualunque cosa, mai riverenza. La relazione è solo mondana; vi state usando reciprocamente. La moglie può anche dire di rispettare suo marito, ma non ho mai visto una sola donna che veramente lo rispettasse. Tradizionalmente, giacché è una convenzione rispettare il marito, la moglie continua a dire che lo rispetta, e perciò non pronuncia neppure il suo nome. Non per rispetto, potrebbe pronunciare qualsiasi cosa: ma non pronuncia il suo nome solo per tradizione. La riverenza è la seconda cosa. Alla presenza della tua amata o del tuo amante prova riverenza. Se non riesci a vedere il divino nella tua amata o nel tuo amante non puoi vederlo da nessun’altra parte: come puoi vederlo in un albero con il quale non hai alcuna relazione? Quando nessuna profonda intimità prevale, come puoi vederlo in una pietra o in un albero? Sono privi di qualunque relazione. Se non riesci a vederlo nella persona che ami, se Dio non è sentito lì, non può essere sentito da nessun’altra parte. E se lì viene sentito, presto o tardi lo sentirai ovunque, perché una volta spalancata la soglia, una volta che hai avuto una fugace visione del divino in una persona, non puoi più dimenticarti quella visione e, di conseguenza ogni cosa diventa una soglia. Per questo dico che l’amore in sé è una meditazione. Perciò non pensarli in contrasto, amare o meditare. Non intendevo questo.
Non cercare di scegliere tra amare e meditare. Ama meditativamente oppure medita con amore. Non creare alcuna divisione. L’amore è un fenomeno molto naturale, e può essere usato come veicolo. E il Tantra lo ha usato come veicolo, non solo l’amore: persino il sesso. Il Tantra dice che in un atto sessuale profondo puoi meditare facilmente, al punto che non sarà mai altrettanto facile in nessun altro stato mentale, perché questa è un’estasi naturale, biologica. Ma tutto quanto è conosciuto come atto sessuale, lo è in forma molto pervertita. Perciò tutte le volte che si parla di queste cose, ti senti a disagio, perché tutto ciò che conosci sotto il nome di “sesso” non è sesso. E’ solo un’ombra, perché la società ha educato la tua mente contro il sesso. Tutti sono persone represse, perciò il sesso naturale è impossibile. E ogni volta che ti trovi nell’atto sessuale è sempre presente un profondo senso di colpa. Quel senso di colpa diventa una barriera, e perdi una delle più grandi opportunità. Avresti potuto usarla per penetrare profondamente dentro di te. Il Tantra dice di essere meditativi durante l’atto sessuale. Senti l’intero fenomeno come sacro, non sentirti colpevole. Anzi, sentiti benedetto perché la natura ti ha dato una fonte tramite la quale puoi immediatamente immergerti nell’estasi. E poi sii totalmente libero.
Non reprimerti, non opporre resistenza. Lascia che la comunione sessuale s’impossessi di te. Dimenticati di te stesso; getta via tutte le tue inibizioni. Sii assolutamente naturale, e sentirai nel corpo una musica profonda. Quando entrambi i corpi diventano una sola armonia, ti dimenticherai completamente chi sei e, tuttavia, esisterai. Ti dimenticherai dell’io”: non ci sarà più alcun “io”, ma solo l’esistenza che gioca con l’esistenza, un essere con un altro. E i due diventeranno una cosa sola. Non ci sarà più alcun pensare; il futuro cesserà e tu sarai nel presente in questo stesso istante. Fanne una meditazione senza senso di colpa, senza inibizione, e allora il sesso si trasformerà. Allora il sesso stesso diventerà una soglia. E se il sesso diventa una soglia, un po’ alla volta cessa di essere sessuale. E viene il momento in cui il sesso se n’è andato: solo il profumo è rimasto. Quel profumo è l’amore. Successivamente anche quel profumo scompare, allora ciò che rimane è il smadhi. Il Tantra dice che nulla deve essere considerato come un nemico: ogni energia è amica; è necessario solo sapere come usarla. Perciò non fare alcuna scelta: trasforma il tuo amore in meditazione e trasforma la tua meditazione in amore. In questo modo dimenticherai ben presto la parola, e conoscerai la cosa reale che non è la parola. La parola “amore” non è l’amore, la parola “meditazione” non è la meditazione, e la parola “Dio” non è Dio. Queste sono solo parole. E se riesci a penetrare all’interno, allora Dio, la meditazione, l’amore diventano tutti una cosa sola.


Osho, Il libro dei segreti

venerdì 30 dicembre 2016

Il metodo e il fine - Osho

La prima domanda: Se illuminazione e samadhi significano consapevolezza totale, consapevolezza cosmica, consapevolezza omnipervasiva, sembra molto strano chiamare centratura questo stato di consapevolezza cosmica, dal momento che la parola ‘centratura’ implica la concentrazione in un punto. Perché dunque la consapevolezza cosmica, o samadhi, è chiamata centratura?”.

La centratura è il sentiero, non la meta. La centratura è il metodo, non il risultato. Il samadhi non è chiamato centratura: la centratura è la tecnica per giungere al samadhi.
Naturalmente sembrano contradditori perché quando un individuo si realizza, si illumina, non rimane più alcun centro. Jacob Bohme ha detto che quando si arriva a Dio, questa esperienza può essere descritta in due modi: ora il centro è ovunque, oppure da nessuna parte; entrambe le cose hanno lo stesso significato. Perciò la parola “centratura” sembra contraddittoria, ma il sentiero non è la meta e il metodo non è il risultato. E un metodo può essere contraddittorio. Dunque dobbiamo comprenderlo perché questi centododici metodi sono metodi per centrarsi. Ma, una volta che diventerai centrato, esploderai. La centratura è solo il raccoglierti totalmente in un unico punto, una volta cristallizzato in un solo punto, quel punto, esplode automaticamente. Allora non c’è più alcun centro, oppure il centro è ovunque. Perciò la centratura è un mezzo per esplodere. Perché la centratura diventa il metodo? Se non sei centrato la tua energia non è focalizzata, è dispersa, non può esplodere. Un’esplosione ha bisogno di una grande energia. Esplosione significa che tu ora non sei disperso: sei in un punto solo. Diventi atomico, diventi un atomo spirituale. E solo quando sei abbastanza centrato da diventare un atomo, puoi esplodere. Allora si verifica un’esplosione atomica. Di quell’esplosione non si parla perché non è possibile, perciò viene dato solo il metodo. Del risultato non si parla: non è possibile. Se metti in pratica il metodo, il risultato seguirà, e non c’è modo di esprimerlo. Perciò ricorda: fondamentalmente la religione non parla mai dell’esperienza in sé, parla solo del metodo, mostra il “come”, non il “cosa”. Il “cosa” è lasciato a te. Se metti in pratica il “come”, ti arriverà il “cosa”. E non c’è modo di comunicarlo. Si può conoscere, ma non comunicare: è un’esperienza talmente infinita che il linguaggio diventa inutile. La vastità è tale che nessuna parola è in grado di esprimerla. Perciò viene dato solo il metodo. Si narra che il Buddha per quarant’anni abbia continuato a ripetere: “Non fatemi domande sulla verità, su Dio, sul nirvana, sulla liberazione. Non chiedetemi nulla in merito. Chiedetemi solo come arrivare fin lì. Posso mostrarvi il sentiero, ma non posso trasmettervi l’esperienza, neppure a parole”. L’esperienza è personale; il metodo è impersonale. IL metodo è scientifico, impersonale; l’esperienza è sempre personale e poetica. Che cosa intendo quando distinguo in questo modo? Il metodo è scientifico. Se riesci a metterlo in pratica, la centratura ne sarà il risultato inevitabile. Se la centratura non si realizza, sappi che da qualche parte hai mancato un punto essenziale, hai sbagliato il metodo, non lo hai seguito.
Il metodo è scientifico, la centratura è scientifica, ma quando arriva l’esplosione, quest’ultima è poetica. Con poetica intendo che ognuno di voi ne farà esperienza in un modo diverso. Non c’è alcun terreno comune, e ognuno l’esprimerà in un modo diverso. Il Buddha dice una cosa, Mahavira ne dice un’altra, Krishna dice qualcosa di ancora diverso e Gesù, Maometto, Mosè e Lao Tzu differiscono tutti, non nei metodi, ma nel modo in cui esprimono la loro esperienza. Sono tutti d’accordo su un punto solo: qualunque cosa stiano dicendo non esprime quello che hanno provato; sono d’accordo solo su quel punto.
Tuttavia, in qualche modo, cercano di comunicarla, di farne un accenno. Sembra impossibile, ma se hai un cuore empatico qualcosa può essere comunicato, e ciò richiede un accordo profondo, amore e riverenza. Perciò quando qualcosa viene comunicato, ciò non dipende da colui che la comunica, dipende da te. Se riesci a riceverlo con profondo amore e riverenza, qualcosa ti raggiunge. Ma se ne sei critico, non ti giungerà nulla.
Innanzitutto il messaggio è difficile da esprimere e, se sei critico persino quando viene espresso, diventa impossibile, e non ci sarà comunicazione. La comunicazione è molto delicata. Ecco perché in tutti questi centododici metodi, questo è stato completamente omesso, è solo accennato. Molte volte Shiva dice: “Fate questo e poi l’esperienza”, e poi tace; “Fate questo e poi la beatitudine”, e poi tace. La beatitudine, l’esperienza, l’esplosione: oltre di esse si nasconde l’esperienza personale. Ciò che non può essere espresso è meglio che non sia espresso, perché altrimenti verrà frainteso. Perciò Shiva tace: parla sempre di metodi, di tecniche, di come farlo. Ma la centratura non è il fine: è solo il cammino. E come mai la centratura accade, si sviluppa e cresce in un’esplosione?
Perché se molta energia è concentrata in un solo punto, il punto esploderà. Il punto è così piccolo e l’energia è così intensa che il punto non può contenerla; da ciò l’esplosione.
Questa lampadina può contenere una certa quantità di elettricità. Se l’elettricità è maggiore, la lampadina esploderà. Ecco il perché della centratura: quanto più sei centrato, tanto maggiore è l’energia nel tuo centro. Non appena ci sarà un’energia maggiore, il centro non sarà più in grado di contenerla: esploderà. Dunque è scientifico, è solo una legge scientifica. E se il centro non esplode, questo significa che non sei ancora centrato.
Una volta che sei centrato, l’esplosione seguirà immediatamente. Non c’è alcun intervallo di tempo. Perciò, se senti che l’esplosione non arriva, significa che non sei ancora focalizzato, non hai ancora un centro, hai ancora molti centri, sei ancora diviso, la tua energia è ancora dispersa, l’energia sta ancora movendosi verso l’esterno. Quando l’energia fuoriesce vieni solo svuotato, disperso. Alla fine diventerai impotente. Quando la morte arriva, in realtà sei già morto: sei solo una cellula morta. Hai continuato a scaricare energia all’esterno, perciò, qualunque sia la quantità di energia, diventerai vuoto entro un certo periodo di tempo. L’energia che fuoriesce significa morte. Tu stai morendo in ciascun istante: ti stai svuotando della tua energia; stai gettando via la tua energia, la stai dissipando. Dicono che persino il sole, che è rimasto lì per milioni e milioni di anni, un così grande serbatoio di energia, si stia costantemente svuotando, e che nel giro di quatto bilioni di anni morirà. Il sole morirà semplicemente perché non avrà energia da irradiare.
Muore ogni giorno perché i raggi trasportano la sua energia verso i confini dell’universo, se mai ci sono dei confini. L’energia fuoriesce. Solo l’uomo è capace di trasformare e di cambiare la direzione dell’energia. Altrimenti la morte è un fenomeno naturale: ogni cosa muore. Solo l’uomo è capace ci conoscere l’immortale, ciò che non muore. Perciò puoi condensare tutto questo in una legge. Se l’energia esce verso l’esterno ne conseguirà la morte e tu non saprai il significato della vita: potrai conoscere solo un lento morire, ma non sentirai mai l’intensità di essere vivo. Se l’energia esce, la morte ne è l’automatica conseguenza, e ciò vale per qualunque cosa, senza eccezioni. Se riesci a cambiare la direzione dell’energia, a far sì che non si muova verso l’esterno, ma verso l’interno, accade una trasformazione, un cambiamento. Questa energia che rientra all’interno si centra in te in un punto solo. Quel punto è proprio vicino all’ombelico perché in realtà sei nato come ombelico. Sei connesso a tua madre attraverso l’ombelico: la sua energia vitale si riserva in te attraverso l’ombelico e, una vota che il cordone ombelicale è tagliato, quando vieni separato dalla madre, diventi un individuo. Prima non lo eri, eri solo una parte di tua madre. Perciò la tua vera nascita ha luogo quando il cordone ombelicale è tagliato. In quel momento il bambino comincia la propria vita, diventa il proprio centro.
Quel centro si trova necessariamente a livello dell’ombelico, perché è attraverso l’ombelico che l’energia giunge al bambino. Era l’anello di connessione. E, che tu ne sia consapevole o meno, l’ombelico rimane ancora il centro. Se l’energia comincia a riversarsi all’interno, se cambi la direzione dell’energia in modo tale che entri, finirà nell’ombelico. Continuerà a entrare e si centrerà nell’ombelico. Quando ce n’è così tanta che l’ombelico non riesce più a contenerla, il centro esplode. In quell’esplosione tu, di nuovo, non sei più un individuo.
Non eri un individuo quando eri unito a tua madre; di nuovo non sarai più un individuo. Ha avuto luogo una nuova nascita: sei diventato una cosa sola con il cosmo. Ora non hai più un centro, non puoi dire: “Io”. Ora non c’è più alcun ego. Un Buddha, un Krishna continuano a parlare e a usare la parola “io”, ma è solo una convenzione, questi esseri non hanno alcun ego. Loro non sono. Il Buddha stava morendo. Il giorno in cui sarebbe morto moltissima gente, i discepoli, snnyasin si radunarono ed erano tutti tristi: piangevano e si lamentavano. Perciò il Buddha chiese: “Perché state piangendo?”. Qualcuno rispose: “Perché presto tu non ci sarai più”. Il Buddha rise e disse: “Ma io non ci sono stato per quarant’anni. Sono morto il giorno in cui mi sono illuminato. E’ da quarant’anni che non c’è il centro. Non piangete, dunque; non siate tristi. Ora nessuno sta per morire. Io non ci sono più! Tuttavia la parola ‘io’ dev’essere ancora usata, perfino per indicare che io non ci sono più”. La religione, tutto ciò che si intende per ricerca religiosa si occupa dell’energia che rientra all’interno. Come smuovere l’energia, come creare una totale inversione di direzione? Questi metodi sono d’aiuto. Perciò ricorda, la centratura non è il samadhi, non è l’esperienza, è la soglia che conduce all’esperienza. E quando l’esperienza accade non c’è alcuna centratura. La centratura è soltanto un passaggio. Ora tu non sei centrato, in realtà hai centri molteplici. Questa è la ragione per la quale io dico che ora non sei centrato. Quando divieni centrato, c’è un centro solo, e l’energia che andava agli altri centri ritorna; è un tornare a casa. Allora sei nel tuo centro; poi... l’esplosione. Di nuovo il centro non c’è più, ma tu non hai più centri molteplici: non c’è affatto alcun centro e sei diventato una cosa sola con il cosmo. Allora tu e l’esistenza significante la stessa e unica cosa. Per esempio, un iceberg galleggia in mare. L’iceberg ha un suo centro, ha un’individualità separata, è separato dall’oceano. In fondo in fondo non è separato perché non è nient’altro che acqua a una certa temperatura. La differenza tra l’acqua dell’oceano e l’iceberg non è nella sostanza, sostanzialmente sono la stessa cosa. La differenza è solo di temperatura. Poi sorge il sole, l’atmosfera si surriscalda e l’iceberg comincia a sciogliersi: scompare, si scioglie; alla fine non lo vedi più perché in esso non c’è alcuna individualità, alcun centro. E’ diventato tutt’uno con l’oceano. Tu e il Buddha, coloro che stavano crocifiggendo Gesù, e Gesù stesso, Krishna e Arjuna siete uguali. Arjuna è come un iceberg e Krishna è come un oceano. Non c’è alcuna differenza sostanziale: entrambi sono la stessa cosa, ma Arjuna ha una forma, un nome, un’esistenza individuale e isolata.
Lui sente: “Io sono”. Con questi metodi per centrarsi la temperatura cambierà, l’iceberg si scioglierà e quindi la differenza non ci sarà più. Quella sensazione oceanica è il samadhi; quell’essere un iceberg è la mente. E sentirsi oceanici e essere una nonmente. La centratura è soltanto il passaggio, il punto di trasformazione a partire dal quale l’iceberg non esisterà più. Prima di esso non c’era alcun oceano, solo un iceberg. Dopo non ci sarà più alcun iceberg, solo l’oceano. La sensazione oceanica è il samadhi: sentirsi una cosa sola con il Tutto. Ma io non sto dicendo di pensarti una cosa sola con il Tutto. Puoi pensarlo, ma il pensare viene prima della centratura. Questo non è realizzazione. Tu non sai: hai solo sentito dire, hai letto, Speri che un giorno possa accadere anche a te, ma non lo hai realizzato. Prima di centrarti puoi continuare a pensare, ma non serve a niente.
Dopo che ti sei centrato non pensi. Lo sai! E’ accaduto! Tu non esisti più, esiste solo l’oceano. La centratura è il metodo, il samadhi è il fine. Non si è detto nulla riguardo a ciò che accade nel samadhi perché nulla può essere detto. E Shiva è molto scientifico: non è affatto interessato a raccontare, è telegrafico, non usa una sola parola in più. Perciò accenna solo: “L’esperienza, la beatitudine, l’evento”. Non solo: a volte dice semplicemente “allora”. Dice: “Concentrati tra i due respiri e allora”. E si ferma. A volte dice semplicemente: Sii nel mezzo, proprio nel mezzo tra i due estremi, e a quel punto”.
Queste sono indicazioni: “quello “, “allora”, l’esperienza, la beatitudine, l’evento, l’esplosione. Ma poi si ferma completamente. Perché? Vorremmo che dicesse qualche cosa in più. Per due ragioni. Primo “quello” non può essere spiegato. Come mai? Ci sono pensatori, per esempio i positivisti moderni, gli analisti del linguaggio e altri in Europa, che dicono che ciò di cui si può avere esperienza può essere spiegato. E sostengono una tesi: dicono che se puoi farne esperienza, perché dunque non puoi parlarne? Dopo tutto cos’è un’esperienza? L’hai capita, perché dunque non puoi farla capire ad altri? Quindi dicono che se un’esperienza si verifica, può essere espressa. E se non puoi esprimerla, ciò dimostra semplicemente che non c’è alcuna esperienza. Sei una persona dalle idee confuse, vaga, nebulosa. E se non riesci neppure a esprimerti, non c’è possibilità che tu sia in grado di farne esperienza. A causa di questo punto di vista costoro sostengono che la religione è tutta ciarlataneria. Perché non puoi esprimere una cosa se dici di averne fatto esperienza? La loro tesi attrae molti, ma è infondata: lasciando da parte le esperienze religiose, neppure le esperienze ordinarie possono essere spiegate ed espresse, neppure esperienze molto semplici. Ho il mal di testa e, se tu non lo hai mai avuto, non posso spiegarti che cosa significhi. Questo non significa che io sia una persona dalle idee confuse, che io stia solo pensando e che non abbia alcuna esperienza. Il mal di testa c’è. Io ne faccio esperienza nella sua totalità, nella sua piena dolorosità. Tuttavia se tu non hai mai avuto l’esperienza di un mal di testa, non ti può essere spiegato, o illustrato.
Se invece anche tu ne hai avuto esperienza, allora naturalmente, non c’è alcun problema: può essere espresso. La difficoltà del Buddha sta in questo: deve parlare con dei non- Buddha, non con dei non-buddhisti, perché anche dei non-buddhisti possono essere dei Buddha. Gesù non è buddista, ma è un Buddha. La difficoltà esiste perché il Buddha deve comunicare con persone che non hanno fatto esperienza. Tu non sai cosa sia un mal di testa. Molti non lo hanno mai provato: hanno solo udito la parola, ma per loro non ha alcun senso. Puoi parlare della luce con un cieco, ma non potrai dargliene l’idea. Sente la parola “luce”, ascolta la spiegazione. Può comprendere l’intera teoria della luce, comunque la parola “luce” non gli dice niente. A meno che non possa farne esperienza, la comunicazione è impossibile. Dunque, prendi nota: la comunicazione è possibile solo se le due persone che comunicano tra di loro hanno avuto la stessa esperienza. Nella vita ordinaria siamo in grado di comunicare perché le nostre esperienze sono simili. Ma anche allora ci saranno difficoltà, se si comincia a spaccare il capello in quattro. Io dico che il cielo è blu e anche tu lo dici, ma come facciamo a decidere se la mia esperienza del blu è uguale alla tua? Non c’è alcun modo per decidere. Posso vedere una diversa sfumatura di blu e tu ne vedi una ancora differente, ma non ti può essere comunicato che cosa io veda dentro di me, che cosa sto provando. Posso semplicemente dire “blu”. Anche tu dici “blu”, ma il blu ha mille sfumature, non solo: ha mille significati. Nel mio schema mentale, “blu” potrebbe significare una cosa; per te potrebbe significare un’altra perché “blu” non è il significato. Il significato sta sempre nello schema della mente. Perciò, persino nelle esperienze comuni è difficile comunicare. Inoltre ci sono esperienze che appartengono all’ambito del trascendente. Per esempio, qualcuno s’innamora, prova qualcosa. La sua vita intera è in gioco, ma lui non riesce a spiegare che cosa gli sia accaduto, che cosa gli stia accadendo. E’ possibile che pianga, canti, danzi: queste sono indicazioni che qualcosa sta accadendo dentro di lui. Ma che cosa sta accadendo? Quando l’amore accade a qualcuno, che cosa accade realmente? E l’amore non è un fenomeno molto insolito. In un modo e nell’altro capita a tutti; tuttavia non siamo ancora riusciti a esprimere cosa accada all’interno. Ci sono persone che sentono l’amore come una febbre, come una sorta di malattia. Rousseau dice che la giovinezza non è il culmine della vita umana, perché è incline alla malattia chiamata amore. A meno che non si sia diventati vecchi a tal punto che l’amore ha perso tutto il suo significato, la mente rimane confusa e perplessa.
Perciò la saggezza è possibile solo in età molto, molto avanzata. L’amore non ti permetterà di essere saggio, questa è la sensazione. Ci sono altri che possono sentire diversamente. Coloro che sono veramente saggi taceranno di fronte all’amore. Non diranno nulla, perché il sentimento dell’amore è così infinito, così profondo, che il linguaggio lo tradirebbe inevitabilmente. E, se viene espresso, ci si sente colpevoli perché non si riesce mai a rendere giustizia al sentimento dell’infinito. Perciò si rimane in silenzio: quanto più profonda è l’esperienza, tanto minore è la possibilità di espressione. Il Buddha tacque riguardo a Dio, non perché non vi sia alcun Dio. E coloro che sono molto loquaci riguardo a Dio in realtà dimostrano di non averne alcuna esperienza. Il Buddha tacque.
Ogni volta che entrava in una città dichiarava: “Per piacere non chiedetemi nulla su Dio.
Potete chiedermi qualunque cosa, ma non su Dio”. Eruditi, pandit che non avevano in verità alcuna esperienza, ma solo delle conoscenze, cominciarono a parlare del Buddha e a diffondere delle voci dicendo: “Tace perché non sa. Se sapesse, perché non parlarne?”.
E il Buddha rideva, e quel riso poteva venir capito solo da pochissimi. Se non può essere espresso l’amore, come potrebbe essere espresso Dio? Inoltre ogni espressione è dannosa. Ecco perché Shiva tace riguardo a quell’esperienza. Giunge fino al punto a partire dal quale un dito può essere usato come indicazione: “Allora, quello, l’esperienza”, e poi tace. In secondo luogo, sarebbe non possa essere espresso veramente, ma solo parzialmente, tuttavia si possono creare dei paralleli che aiutano. Ma Shiva non usa neppure quelli, e c’è una ragione: infatti la nostra mente è così avida che quando viene detto qualcosa di quell’esperienza, vi si aggrappa. E quindi si dimentica il metodo e si ricorda solo l’esperienza, perché il metodo necessita di sforzo; un lungo sforzo che talvolta è noioso, a volte pericoloso. E’ necessario uno sforzo lungo e sostenuto. Perciò ci dimentichiamo del metodo. Ci ricordiamo del risultato e continuiamo a immaginarci, a sperare, a desiderare il risultato. E si può ingannare se stessi molto facilmente. Ci si può immaginare di aver già conseguito il risultato. Un paio di giorni fa era presente una persona; è un sannyasin, un uomo vecchio, molto vecchio. Prese il sannyas trent’anni fa, ora ne ha quasi settanta. Venne da me e disse: “Sono venuto per fare alcune indagini, per sapere una certa cosa”. Perciò gli chiesi: “Che cosa vuoi sapere?”. Improvvisamente cambiò. Disse: “No, non proprio per sapere, volevo solo incontrarti, perché tutto ciò che si può sapere l’ho già saputo”. Per trent’anni ha continuato a immaginare, a desiderare – a desiderare la beatitudine, esperienze divine – e ora, alla sua età avanzata, è diventato debole e la morte è vicina. Ora si crea delle allucinazioni, per convincersi di averne fatto esperienza. Perciò gli dissi: “Se ne hai fatto esperienza, allora stà zitto. Stà qui con me per qualche istante perché non c’è bisogno di parlare”. A quel punto diventò irrequieto.
Replicò: “Va bene! Allora presumi che io non ne abbia fatto esperienza, e dimmi qualcosa”. Gli dissi: “Con me non c’è possibilità di presumere. L’hai conosciuto oppure non l’hai conosciuto. Quindi sii chiaro al riguardo. Se l’hai conosciuto, allora sta zitto. Stà qui per alcuni istanti e poi va’. Se non l’hai conosciuto, allora sii chiaro. Dimmelo”. Rimase perplesso. Era venuto per indagare su alcuni metodi. Perciò disse: “In realtà non ne ho fatto esperienza, ma ho pensato così tanto a: ‘Aham Brahmasmi – io sono il Braham’ che a volte mi dimentico che sto solo pensando. L’ho ripetuto così tanto, notte e giorno continuamente per trent’anni, che a volte mi dimentico del tutto che tutto che non l’ho conosciuto. E’ solo un detto preso in prestito”. E’ difficile ricordarsi che cosa sia sapere e che cosa sia esperienza. Si confondono, si mescolano e si fondono. Ed è molto facile sentire che il proprio sapere è diventato la propria esperienza. La mente umana è così ingannatrice, così astuta, che può accadere. Questa è un’altra ragione per la quale Shiva ha taciuto riguardo all’esperienza: non dice nulla in merito. Continua a parlare di metodi, tacendo completamente riguardo al risultato. Non puoi venire ingannato da lui. Questa è una delle ragioni per le quali questo libro, uno dei più validi, è rimasto del tutto sconosciuto. Questo Vigna Bhairava Tantra è uno dei libri più importanti che esistano al mondo. Nessuna Bibbia, nessuna Gita è così importante, eppure è rimasto completamente sconosciuto. La ragione? Contiene solo semplici metodi senza alcuna possibilità per la tua avidità di aggrapparti ai risultati. La mente vuole aggrapparsi ai risultati, non è interessata al metodo: è interessata al risultato finale. E se puoi eludere il metodo e raggiungere il risultato, la mente ne sarà estremamente felice. Qualcuno mi ha chiesto: “Perché così tanti metodi? Kabir ha detto: ‘Sahaj Samadhi bhali, sii spontaneo’.
L’estasi spontanea è quella buona, perché non c’è bisogno di metodi”. Gli ho risposto: “Se hai raggiunto il Sahaj Samadhi, l’estasi spontanea, allora, naturalmente, non ti serve alcun metodo. Non è necessario. Ma perché sei venuto qui?”. Mi ha detto: “Non l’ho ancora raggiunto ma sento che il Sahaj – ciò che è spontaneo – è la cosa migliore”. “Ma perché senti che ciò che è spontaneo è meglio?” ho chiesto. Poiché non viene proposto alcun metodo, la mente è contenta che tu non abbia niente da fare, e che tu possa avere tutto senza far nulla! E’ per questo che lo Zen è diventato una mania in Occidente, perché lo Zen dice di raggiungere lo scopo senza sforzo; lo sforzo non è necessario. Lo Zen ha ragione: non c’è alcun bisogno di uno sforzo, Ma, ricordati, per raggiungere questo punto di non-sforzo ti sarà necessario un lunghissimo sforzo. Per giungere a un punto in cui non è necessario alcuno sforzo, per giungere a un punto in cui tu possa restare nel no-fare, sarà necessario un lungo sforzo. Ma la conclusione superficiale, data dal fatto che lo Zen dice che non sia necessario alcuno sforzo, è diventata molto attraente in Occidente. Se non è necessario far fatica la mente dice che questa è la cosa giusta, perché puoi farla senza fare nulla. Ma nessuno riesce a farla. Suzuki, che ha divulgato lo Zen in Occidente, ha reso un buon servizio e al tempo stesso un cattivo servizio. E, alla lunga, quello cattivo prevarrà. Era un uomo molto autentico, uno degli uomini più autentici di questo secolo, e lottò tutta la vita per diffondere il messaggio dello Zen in Occidente. E da solo, con il suo unico sforzo, l’ha reso noto; ora è diventato una mania. Ci sono amici dello Zen in tutto l’Occidente: oggigiorno nulla attrae come lo Zen. Ma l’essenziale è stato perso di vista. Lo Zen ha tanto successo perché dice che non è necessario alcun metodo, che non è necessario alcun sforzo. Non devi fare nulla: l’evento fiorisce spontaneamente. E’ giusto, ma tu non sei spontaneo, perciò in te non fiorirà mai. Essere spontanei... Sembra assurdo e contraddittorio perché hai bisogno di molti metodi per essere spontaneo, per purificarti, per renderti innocente, altrimenti non puoi essere spontaneo in nulla. Il Vigyana Bhairava Tantra venne tradotto in inglese da Paul Reps. Reps ha scritto un bellissimo libro, La porta senza porta, e nell’appendice ha incluso il Vigyana Bhairava Tantra. Il suo libro si occupa dello Zen, ma in appendice ha aggiunto anche questi centododici metodi, e li ha definiti uno scritto “pre-Zen”. A molti seguaci dello Zen non piacque perché dissero che secondo lo Zen non è necessario alcun sforzo, alcun metodo, mentre questo libro si occupa solo dello sforzo, solo di metodi. Perciò è “anti-Zen”, non “pre-Zen”. Da un punto di vista superficiale hanno ragione, ma in profondità no, perché per acquisire un essere spontaneo si deve fare un lungo viaggio. Uno dei discepoli di Gurdjieff, Ouspensky, quando qualcuno gli chiedeva qualcosa sulla via era solito dire: “Noi non sappiamo nulla di ciò che riguarda la via. Insegniamo solo dei passi che conducono alla via. La via non ci è nota”. Non crederti già sulla via. Anch’essa è ben lontana. Da dove sei, da questo punto, anche la via è lontana. Perciò prima devi giungervi. Ouspensky era un uomo molto umile, ed è molto difficile essere religiosi ed essere umili, molto, molto difficile, perché una volta che cominci a sentire di sapere, la testa impazzisce. Diceva sempre: “Noi della via non sappiamo nulla.
E’ molto lontana, e per ora non è necessario discuterne”. Ovunque ti trovi, prima devi creare un anello, un piccolo ponte, un cammino che ti conduca alla via. La spontaneità – il sahaj yoga – è molto lontano da te. Là dove ti trovi tu sei totalmente artificiale, educato e colto. Nulla è spontaneo, “nulla, lo sottolineo, è spontaneo. E se nella tua vita nulla è spontaneo, come può esserlo la religione? Se nulla è spontaneo neppure l’amore lo è; persino l’amore è un contratto, un calcolo, uno sforzo. In quel caso nulla può essere spontaneo ed è impossibile esplodere spontaneamente nel cosmo. Nella situazione in cui ti trovi, in quello stato di cose, è impossibile. Come prima cosa dovrai sbarazzarti di tutta la tua artificialità, tutti i tuoi falsi atteggiamenti, tutte le tue colte convenzioni, tutti i tuoi pregiudizi. Solo allora potrà accadere un evento spontaneo. Questi metodi ti aiuteranno ad arrivare a un punto a partire dal quale non è più necessario fare alcunché: il tuo semplice essere è sufficiente. Ma la mente può ingannare, e la mente inganna facilmente, perché in questo modo può consolarsi. Shiva non parla mai di risultati, solo di metodi. Ricordati questa enfasi. Fa qualcosa, in modo che possa esistere un momento in cui nulla sarà necessario, in cui il tuo essere centrale potrà semplicemente dissolversi nel cosmo. Ma lo si deve conseguire. Lo Zen attrae per la ragione sbagliata, e lo stesso vale per Krishnamurti, perché anche lui dice che non è necessario alcuno yoga, non è necessario alcun metodo, non esiste alcun “metodo” di meditazione. Ha ragione. Ha ragione, ma Shiva dice che ci sono questi centododici metodi di meditazione, e anche Shiva ha ragione. Per quanto ti riguarda, Shiva ha più ragione. Se devi scegliere tra Shiva e Krishnamurti, scegli Shiva. Krishnamurti non ti serve a nulla. Per aiutarti posso dirti perfino questo: Krishnamurti sbaglia completamente. Ed è dannoso. Ricorda: anche questo lo dico per aiutarti, perché se segui le sue parole non raggiungerai il sammadhi.
Raggiungerai solo una conclusione: che non è necessario alcun metodo. E questo è pericoloso. Per te il metodi è necessario! Arriva un momento in cui non è più necessario alcun metodo, ma per te quel momento non è ancora giunto. E prima di quel momento è pericoloso sapere qualcosa su ciò che dovrà seguire. Ecco perché Shiva tace: non dice nulla del futuro, di ciò che avverrà. Si accompagna semplicemente a te, a ciò che sei e a ciò che si deve fare con te. Krishnamurti continua a parlare in termini che non puoi comprendere. Se ne sente la logica. La logica è giusta, è bella. Va benissimo che tu riesca a ricordare la logica di Krishnamurti: dice che, se stai praticando qualche metodo, chi è che lo sta praticando? E’ la mente che lo pratica. E come può un metodo praticato dalla mente dissolvere la mente? Non è possibile, anzi, al contrario, la rafforzerà ancora di più; rafforzerà la tua mente ancora di più. Diventerà un condizionamento, sarà falso. Perciò la meditazione è spontanea, tu non puoi fare nulla in merito. Che cosa puoi fare per amare?
Puoi forse praticare un metodo per amare? Se lo pratichi, il tuo amore sa à falso. Accade: non può essere praticato. Se persino l’amore non può essere praticato, come può essere praticata la preghiera? Come può essere praticata la meditazione? La logica è esatta, è assolutamente giusta, ma non per te, perché se continuerai ad ascoltarla, ne sarai condizionato. E coloro che da quarant’anni danno ascolto a Krishnamurti sono le persone più condizionate che io abbia mai incontrato. Dicono che non esiste alcun metodo e, malgrado ciò, sono ancora al punto di partenza. Io dico: “Voi avete capito che non c’è alcun metodo e non praticate alcun metodo, ma la spontaneità è forse fiorita in voi? Loro rispondono: “No!”. E se io dico loro: “Allora praticate un qualche metodo”, immediatamente scatta il loro condizionamento. Replicano: “Non c’è alcun metodo”. Non hanno praticato alcun metodo e il samadhi non è accaduto. E se tu dici loro: “Allora provate qualche metodo”, loro sostengono che non esiste alcun metodo. Così sono in un dilemma: non si sono mossi di un millimetro, perché è stato detto loro qualcosa che non era per loro. E’ come fare educazione sessuale a un bambino. Puoi continuare a insegnare, ma stai dicendo cose che sono ancora senza senso per il bambino. Il tuo insegnamento sarà pericoloso perché stai condizionando la sua mente, e non è questo ciò di cui ha bisogno; la cosa non lo preoccupa. Non conosce il significato del sesso perché le sue ghiandole non funzionano ancora. Il suo corpo non è ancora sessuale. La sua energia non si è ancora mossa biologicamente verso il centro sessuale, e tu gliene stai già parlando. Pensi forse che gli possa venire insegnata qualunque cosa solo perché ha le orecchie? Pensi forse di potergli insegnare qualunque cosa solo perché annuisce? Puoi insegnare, e il tuo insegnamento può diventare pericoloso e nocivo. Per lui il sesso non è materia da indagare. Per lui non è ancora diventato un problema; il bambino non è ancora giunto a quel punto di maturità in cui il sesso diventa importante. Aspetta! Quando comincia a indagare, quando matura e fa domande, allora parlagliene. E non dirgli mai più di quanto non possa capire perché quel di più diventerà un peso sulla sua testa. Lo stesso vale per il fenomeno della meditazione. Ti si possono insegnare solo i metodi, non i risultati. Questo è fare un salto, e fare un salto senza avere un punto d’appoggio nel metodo si riduce a una faccenda cerebrale, a un affare mentale. In questo modo perderai sempre la parte essenziale del metodo. E’ come con i bambini quando fanno aritmetica. Possono sempre tornare al libro e conoscere la risposta. La risposta è lì: alla fine del libro vengono date le risposte. Possono guardare una domanda, poi andare alla fine e sapere la risposta. E una volta che un bambino conosce la risposta è molto difficile per lui imparare il metodo, perché sembra che non sia necessario. Visto che sa già la risposta non ce n’è bisogno. In realtà farà tutto con ordine inverso: arriverà alla risposta attraverso qualunque falso, pseudo-metodo. Conosce l’essenziale, conosce la risposta, perciò può arrivarci semplicemente creando un falso metodo. E lo stesso capita nella religione: sembra che anche nella religione ognuno faccia proprio come i bambini. La risposta non ti fa bene. C’è la domanda, c’è il metodo, e tu devi arrivare alla risposta. Nessun altro dovrebbe dartela. I veri insegnamenti non ti aiutano a conoscere la risposta prima che il processo sia compiuto, ti aiutano semplicemente a passare attraverso il processo. E se anche hai saputo la risposta in qualche modo, o l’hai rubata da qualche parte, diranno che è sbagliata. Potrebbe essere corretta, ma loro diranno: “Questo è sbagliato. Sbarazzatene: non è necessario”. Ti impediranno di conoscere la risposta prima che tu giunga realmente a conoscerla. Questo è il motivo per cui non viene data alcuna risposta. L’amata di Shiva, Devi, gli ha posto delle domande. Lui dà dei semplici metodi. C’è la domanda, c’è il metodo. Sta a te elaborare, vivere la risposta. Perciò ricordati la centratura è il metodo, non il risultato. Il risultato è l’esperienza cosmica, oceanica. A quel punto non c’è più alcun centro.


Osho, Il libro dei segreti

giovedì 29 dicembre 2016

Amore e morte - E J Gold

Alla fine si arriverà a questo. Morirete, e tutto ciò che avrete realizzato e accumulato ordinariamente in questa vita sarà perduto.
Se davvero riuscirete mai a giungere a sapere e comprendere che presto dovete morire - e alla fine tutti giaceremo distesi sullo stesso letto in attesa che l'angelo della morte ci prenda - potete comprendere come tutti gli specchi sui quali avete tentato di arrampicarvi - che siano materiali, emozionali o mentali - non abbiano alcun valore.
Molti pazienti terminali comprendono benissimo che la loro vita è stata proficua solo nei momenti in cui respiravano nel sé essenziale - respiravano con Dio - amando ed essendo amati. Non amando le persone ed essendo contraccambiate da loro, l'amore davvero non ha niente a che fare con le persone.
Le persone sono incapaci di amare. Quello che chiamano amore è realmente brama, un sentimento di calore, sicurezza, lussuria, soddisfazione, autoriconoscimento, identità specchiata - ma mai amore.
Soltanto il sé essenziale può amare, e l'amore non comporta mai un oggetto - non si riferisce mai a qualcosa di specifico.
Ciò che davvero conta nella vita sono quei pochi momenti di coscienza tramite i quali ripaghiamo Dio per la nostra esistenza, e questo è terribilmente chiaro a coloro che giacciono distesi nel loro ultimo letto.

Guarda con Amore - Osho

Ora la tecnica – la sesta tecnica per la centratura: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi. Non passare a un altro oggetto. Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine”, Vorrei ripeterla: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi. Non passare a un altro oggetto...”. Non spostarti a un altro oggetto. “Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.”
“Guarda con amore un oggetto qualsiasi...”. “Con amore” è la chiave. Hai mai osservato un oggetto con amore? Puoi dire di sì solo perché non sai che cosa significhi: puoi aver guardato un oggetto con bramosia, questa è un’altra cosa, del tutto diversa – diametralmente opposta. Perciò come prima cosa, la differenza: cerca di percepire la differenza. Osservi un bel viso, un bel corpo, e senti che li stai guardando con amore. Ma perché li stai guardando? Forse vuoi sfruttarli, vuoi ottenere qualcosa da loro? In questo caso non è amore, è bramosia. Di fatto stai pensando a come usarli, a come possederli, a come far sì che questo corpo diventi uno strumento per la tua felicità. Bramosia significa come usare qualcosa per la tua felicità; amore significa che non è nulla che riguardi la tua felicità. In realtà, bramosia significa come ottenere qualcosa da un oggetto e amore significa come dare qualcosa. Sono due cose diametralmente opposte. Se vedi un bel volto e provi amore, l’immediata sensazione nella tua consapevolezza sarà come fare qualcosa per renderlo felice, come fare qualcosa per rendere felice quell’uomo o quella donna. Non ci si occupa di se stessi: ci si occupa dell’altro. In amore l’importante è l’altro; nella bramosia l’importante sei tu. Nella bramosia pensi a come rendere l’altro il tuo strumento; in amore a come diventare uno strumento. Nella bramosia sacrificherai l’altro; in amore te stesso. Amore significa dare; bramosia significa ottenere. L’amore è un abbandono; la bramosia è un’aggressione. Quello che dici non ha senso: persino nella bramosia parli in termini d’amore. Il tuo linguaggio non ha molto senso, perciò non ingannarti. Osserva dentro di te, e vedrai che non una sola volta nella tua vita hai guardato con amore qualcuno o qualcosa. La seconda distinzione da fare; questo sutra dice: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi”. In realtà anche se guardi con amore qualcosa di materiale, di inanimato, quell’oggetto diventerà una persona. Se lo guardi con amore, il tuo amore è la chiave per trasformare qualunque cosa in persona. Se guardi un albero con amore, diventa una persona. Proprio l’altro giorno stavo parlando con Vivek, e le dicevo che quando ci fossimo trasferiti nel nuovo ashram avremmo dato un nome a ogni albero, perché ogni albero è una persona. Hai mai sentito di qualcuno che dia un nome agli alberi? Nessuno lo fa perché nessuno li ama. Se le cose fossero diverse, un albero diventerebbe una persona. Allora non è più solo in una folla: diventa unico. Tu dai nomi ai cani e ai gatti. Quando dai un nome a un cane lo chiami Tigre o qualcosa del genere, il cane diventa una persona. Allora non è più solo un cane tra altri: ha una personalità. Hai creato una persona. Ogni volta che guardi qualcosa con amore, questa diventa una persona. Ed è vero anche il contrario: ogni volta che guardi con bramosia una persona, quella persona diventa un oggetto, una cosa. Ecco perché gli occhi pieni di bramosia sono odiosi: non piace a nessuno diventare una cosa. Quando guardi in questo modo tua moglie o qualunque altra donna o uomo, l’altro si sente ferito. Che cosa stai facendo realmente? Stai trasformando una persona, una persona viva in uno strumento morto, stai pensando a come “usarla”, e in quel caso la persona viene uccisa. Ecco perché gli occhi pieni di bramosia sono odiosi, brutti. Quando guardi qualcuno con amore, l’altro ne viene innalzato: diventa unico, all’improvviso diventa una persona. Una persona non può venire sostituita, mentre una cosa sì. “Cosa” significa ciò che è sostituibile; “persona”, ciò che non può essere sostituito. Una persona è unica; una cosa non lo è. L’amore rende unica qualunque cosa. Ecco perché senza amore non ti senti mai una persona. A meno che qualcuno non ti ami profondamente, non senti mai di avere alcuna unicità. Sei solo un numero, un dato in una folla, sei intercambiabile. Per esempio, se sei impiegato in un ufficio, insegnante in una scuola o professore in un’università, sei rimpiazzabile. Puoi essere sostituito in qualunque momento perché vieni solo usato per svolgere una mansione: hai un significato e un’importanza funzionale al tuo compito. Se sei un impiegato, qualcun altro può svolgere facilmente il tuo lavoro. Il lavoro non ti aspetterà. Se in questo istante muori, subito qualcuno ti sostituirà e il meccanismo continuerà. Eri solo un numero: un altro numero andrà altrettanto bene. Eri solo utile. Ma ecco che qualcuno s’innamora di questo impiegato o di questo professore. All’improvviso l’impiegato non è più tale: è diventato una persona unica. Se muore, l’amata non potrà rimpiazzarlo: è insostituibile. Allora il mondo intero potrà continuare nello stesso identico modo, ma l’innamorata non potrà essere la stessa. Questa unicità, questo essere una persona, accade attraverso l’amore. Questo sutra dice “Guarda con amore un oggetto qualsiasi”.
Non fa alcuna distinzione tra un oggetto e una persona. Non ce n’è bisogno, perché quando guardi con amore, qualunque cosa diventerà una persona. Lo sguardo stesso cambia, trasforma. Forse non hai osservato che cosa succede quando guidi una certa macchina, diciamo una Fiat. Ci sono migliaia, migliaia e migliaia di Fiat esattamente uguali, ma la tua macchina, se ne sei innamorato, diventa unica, una persona. E’ insostituibile perché si crea una relazione: ora senti questa automobile come una persona.
Se qualcosa non va... un leggero rumore, lo senti. E le macchine sono molto capricciose.
Conosci il carattere della tua auto, quando si sente bene e quando si sente male. Poco a poco la macchina diventa una persona. Perché? Se c’è una relazione d’amore, ogni cosa diventa una persona. Se c’è una relazione di bramosia, una persona diventa una cosa. E questo è uno degli atti più disumani che l’uomo possa compiere: rendere qualcuno una cosa. “Guarda con amore un oggetto qualsiasi...”. Che cosa si deve fare dunque? Per guardare con amore, come prima cosa dimenticati di te stesso completamente. Guarda un fiore e lascia che sia presente. Tu diventa completamente assente: senti il fiore, e un amore profondo fluirà dalla tua consapevolezza verso il fiore. E fai sì che la tua consapevolezza sia ricolma di un solo pensiero: come aiutare questo fiore a fiorire di più, a diventare più bello, e più gioioso. Che cosa posso fare? Non importa che tu possa fare qualcosa, oppure no. Ciò che importa è la sensazione di cosa puoi fare: questo dolore, questa fitta relativa a cosa puoi fare per rendere questo fiore più bello, più vivo, più fiorito.
Fa in modo che questo pensiero si riverberi in tutto il tuo essere, che ogni fibra del tuo corpo e della tua mente lo senta, e verrai trafitto da un’estasi: il fiore diventerà una persona. “Non passare a un altro oggetto...”. E non puoi passare a un altro oggetto: se sei una relazione d’amore, non puoi andartene. Se amo qualcuno, ti dimentichi dell’intera folla; affiora un unico volto, non vedi nessun altro: gli altri visi sono presenti sullo sfondo, alla periferia della tua consapevolezza. Non esistono. Sono solo delle ombre. Rimane un unico volto. Se ami qualcuno rimane solo quel volto, perciò non puoi muoverti. Non passare a un altro oggetto, resta con uno solo: la rosa, il viso della persona amata. Rimani lì amando, fluendo, con un unico cuore, con un unico pensiero: “Che cosa posso fare per rendere l’oggetto del mio amore più felice, più gioioso?”. “Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.” In quel modo, tu sarai assente, non ti preoccuperai più per te stesso, non sarai più egoista, non penserai più in termini di piacere personale, di gratificazione. Ti sarai completamente dimenticato di te stesso, e penserai solo all’altro. L’altro è diventato il centro del tuo amore; la tua consapevolezza fluirà verso di lui. Con profonda compassione, con un profondo sentimento di amore, pensi: “Che cosa posso fare per rendere felice l’amato?”. In questo stato, all’improvviso, qui, “nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine”, come una conseguenza, verrai raggiunto da un’improvvisa beatitudine.
All’improvviso sarai nel centro del tuo essere. Sembra paradossale perché questo sutra dice di dimenticarti completamente di te stesso, di non essere centrato in te stesso, di muoverti completamente verso l’altro. Si narra che il Buddha dicesse sempre che quando preghi, devi pregare per gli altri – mai per te, altrimenti la preghiera è del tutto inutile. Un uomo andò da lui e disse: “Accolgo il tuo insegnamento, ma c’è una sola cosa che mi è molto difficile accettare. Tu dici che quando preghiamo, non dobbiamo pensare a noi stessi, non dobbiamo chiedere nulla che riguardi noi stessi. Dobbiamo dire: ‘Qualunque sia il risultato della mia preghiera, che quel risultato venga ripartito tra tutti. Se accade una beatitudine, che venga ripartita tra tutti”. L’uomo proseguì: “Questo mi va bene, ma posso fare solo un’unica eccezione? Non al mio dirimpettaio: è mio nemico. Che questa beatitudine venga distribuita a tutti salvo che al mio vicino di casa”. La mente è centrata in se stessa, perciò il Buddha disse: “La tua preghiera non serve a nulla. Non ne risulterà nulla a meno che tu sia pronto a dare tutto, a distribuire tutto, allora tutto sarà tuo”.
Nell’amore ti dimentichi di te stesso. Sembra paradossale: quando e come avverrà questa centratura? Preoccupandoti dell’altro, della felicità dell’altro, quando ti dimentichi completamente di te stesso e rimane solo l’altro, all’improvviso sei colmato di gioia, accade la beatitudine. Come mai? Perché, quando non ti preoccupi di te stesso, diventi vacuo, vuoto: si crea lo spazio interiore. Quando la tua mente è totalmente preoccupata dell’altro, nell’interiorità diventi senza mente, non ci sono più pensieri. E quindi questo pensiero: “In che modo posso essere d’aiuto? In che modo posso creare una maggiore gioia? Come può l’altro essere più felice?” non può continuare, perché in realtà non c’è nulla che tu possa fare. Questo pensiero diventa un segno d’arresto. Non c’è nulla che possa fare. Cosa puoi fare? Se pensi di poter fare qualcosa, stai ancora pensando in termini di ego. Con l’oggetto d’amore si diventa totalmente impotenti, ricordatelo. Quando ami qualcuno, ti senti totalmente impotente. Questa è l’agonia dell’amore: non riuscire a sentire cosa fare. Si vorrebbe fare tutto, si vorrebbe dare l’intero universo all’amante o all’amata – ma che cosa si può fare? Se pensi di poter fare questo o quello, non sei ancora in una relazione d’amore. L’amore è del tutto impotente, assolutamente impotente, e in questa impotenza risiede la sua bellezza, perché in quella condizione di impotenza ti arrendi. Ama qualcuno e ti sentirai impotente; odia qualcuno e sentirai che puoi fare qualche cosa. Ama qualcuno e sei assolutamente impotente: che cosa puoi fare? Tutto sembra insignificante, senza senso. Non è mai abbastanza. Non ci si può far nulla. E quando una persona sente che nulla può essere fatto, si sente impotente. Quando si vorrebbe fare tutto e si sente che non si può far nulla, la mente si ferma. In questa condizione di impotenza, accade la resa. Sei vuoto. Per questa ragione l’amore diventa una profonda meditazione. In realtà, se ami qualcuno, non è necessaria nessun’altra meditazione. Ma poiché nessuno ama, sono necessari centododici metodi, e persino questi possono non bastare. L’altro giorno era presente un tale. Mi diceva. “Mi dà molta speranza. Per la prima volta ha sentito da te che esistono centododici metodi. Questo mi dà molta speranza, ma, in un certo senso, nella mia mente entra anche lo scoraggiamento. Solo centododici metodi? E se con me questi centododici metodi non funzionassero, non ce n’è per caso un altro?”. E ha ragione. Ha ragione! Se con te questi centododici metodi non funzionano, non c’è niente da fare. Dunque, come lui suggerisce, la speranza è seguita da uno scoraggiamento. Ma in realtà i metodi sono necessari perché manca il metodo fondamentale: se riesci ad amare non è necessario alcun metodo.
L’amore in sé è il metodo più grande, ma l’amore è difficile, in un certo senso impossibile.
Amore significa porre te stesso al di fuori della tua consapevolezza e mettere qualcun altro nello stesso posto in cui esisteva il tuo ego. Amore significa sostituire te stesso con qualcun altro, come se ora tu non fossi e ci fosse solo l’altro. Jean-Paul Sartre dice che l’altro è l’inferno, e ha ragione. Ha ragione perché per te l’altro crea solo un inferno. Ma ha anche torto perché, se l’altro può essere un inferno, può essere anche il paradiso. Se vivi con bramosia, l’altro è un inferno perché stai cercando di uccidere quella persona, stai cercando di renderla una cosa. Perciò anche quella persona reagirà e cercherà di fare di te una cosa, e questo crea un inferno. Perciò ogni marito e ogni moglie si creano a vicenda un inferno, perché ciascuno cerca di possedere l’altro. Il possesso è possibile solo con le cose, mai con le persone. Puoi solo essere posseduto da una persona, non puoi mai possederla. Puoi possedere una cosa, ma tu cerchi di possedere le persone.
Attraverso questo sforzo, le persone diventano cose. Se io ti rendo una cosa, tu reagirai.
In quel caso sono tuo nemico e tu, a tua volta, cercherai di fare di me una cosa. Questo crea l’inferno. Sei seduto da solo nella tua stanza e poi, all’improvviso, ti accorgi che qualcuno ti sta spiando dal buco della serratura. Osserva minuziosamente ciò che accade.
Hai notato qualche cambiamento? E perché ti senti in collera con questo curiosane? Non ti sta facendo nulla, sta solo sbirciando. Perché ti arrabbi? Ti ha trasformato in una cosa. Ti sta osservando; ha fatto di te una cosa, un oggetto. Questo ti mette a disagio. Lo stesso accadrà a lui se ti avvicini al buco della serratura e ci guardi dentro. L’altro si sentirà a pezzi, scosso. Solo un istante prima era un soggetto: lui era l’osservatore e tu l’osservato.
Ora improvvisamente è stato preso in trappola. E’ stato osservato mentre ti osservava, e ora è diventato lui una cosa. Quando qualcuno ti osserva, all’improvviso avverti che la tua libertà è stata turbata, distrutta. Questa è la ragione per la quale non puoi fissare qualcuno, a meno che tu non ne sia innamorato. Quello sguardo fisso diventa brutto e violento. Se sei innamorato, uno sguardo intenso e fermo è meraviglioso, perché non sta trasformando l’altro in una cosa. Allora puoi guardare direttamente negli occhi, puoi penetrare profondamente negli occhi dell’altro. Non lo stai trasformando in una cosa. Anzi, attraverso li tuo amore il tuo sguardo sta facendo di lui una persona. Ecco perché solo gli sguardi fissi degli amanti sono belli; altrimenti tutti gli altri sono brutti. Gli psicologi dicono che c’è un tempo limite – e lo sapete tutti, osservate e saprete quale sia il tempo limite – per guardare fissamente negli occhi di un estraneo. C’è un tempo limite: un istante in più e l’altro si arrabbierà. In pubblico uno sguardo di sfuggita può essere perdonato, perché sembra che stai solo vedendo, non guardando. Uno sguardo è una cosa profonda. Se ti vedo solo di sfuggita non si crea alcuna relazione. Oppure mi guardi mentre passo, solo mentre passo, di sfuggita: non c’è intenzione d’offendere, perciò va tutto bene. Ma se all’improvviso ti fermi e mi guardi, diventi un osservatore: il tuo sguardo mi turberà e mi sentirò insultato. Che cosa stai facendo? Io sono una persona, non una cosa. Non è questo il modo di guardare. E’ per questo che i vestiti sono diventati così importanti. Solo quando ami qualcuno puoi facilmente essere nudo, perché non appena sei nudo tutto il tuo corpo diventa un oggetto. Qualcuno potrebbe guardare il tuo corpo, e se non è innamorato di te trasformerà in un oggetto tutto il tuo corpo, il tuo intero essere. Ma quando sei innamorato di qualcuno, puoi essere nudo senza sentire di esserlo. Anzi, ti piacerebbe essere nudo perché ti piacerebbe che questo amore trasformante mutasse il tuo corpo intero in una persona. Ogni volta che trasformi qualcuno in una cosa, quell’altro è immorale. Ma se sei colmo d’amore, in quel momento d’amore questo fenomeno questa beatitudine, può verificarsi con ogni oggetto, accade. “Nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.” All’improvviso ti sei dimenticato di te stesso: era presente l’altro. Quando poi arriva il momento giusto, quando non sei più presente, quando sei assolutamente assente, anche l’altro diventerà assente, e tra voi due accade la beatitudine. Questo è ciò che sentono gli amanti. Quella beatitudine è dovuta anche a una meditazione ignota, inconscia. Quando ci sono due amanti, un po’ alla volta diventano entrambi assenti.
Rimane una pura esistenza senza ego... senza conflitto, solo una comunione. In quella comunione ci si sente beati. E’ errato dedurre che l’altro ti abbia donato quella beatitudine.
Quella beatitudine è venuta perché, senza saperlo, sei caduto in una profonda tecnica meditativa. Puoi farlo consapevolmente, e quando lo fai consapevolmente penetra ancor più in profondità perché non sei ossessionato dall’oggetto. Questo avviene ogni giorno. Se ami qualcuno ti senti beato non a causa di lui o di lei, ma a causa dell’amore. Come mai?
Perché questo fenomeno accade, questo sutra accade. Ma in quel caso ne sei ossessionato. Pensi che sia a causa di A, a causa della prossimità di A, della vicinanza a causa dell’amore di A, che questa beatitudine accade. Perciò pensi: “Devo possedere A perché, senza la sua presenza, potrei non essere capace di ottenere di nuovo questa beatitudine”. Diventi geloso. Se qualcun altro possedesse A, lui sarebbe beato e tu ti sentiresti infelice, perciò vuoi togliere ad A ogni possibilità di essere posseduto da qualcun altro. A dovrebbe essere posseduto solo da te perché, grazie a lui, hai potuto gettare un’occhiata in un mondo diverso; ma, non appena cerchi di possedere, distruggerai tutta la bellezza dell’intero fenomeno. Quando l’amore viene posseduto, l’amore se n’è andato.
Allora l’amante è solo una cosa. Puoi usarlo, ma la beatitudine non ritornerà, perché quella beatitudine veniva quando l’altro era una persona. L’altro era fatto, creato: tu creavi la persona nell’altro, e l’altro creava la persona in te. Nessuno era un oggetto. Eravate entrambi delle soggettività che si incontravano: due persone che s’incontrano, non una persona e una cosa. Ma non appena possiedi, questo diventerà impossibile. E la mente cercherà di possedere perché pensa in termini di bramosia: “Un giorno mi è accaduta la beatitudine, perciò mi deve accadere ogni giorno. Quindi devo possedere”. Ma la beatitudine accade perché non esiste possesso. E di fatto, la beatitudine non accade a causa dell’altro, ma a causa tua. Accade perché sei totalmente assorbito nell’altro. Può capitare con una rosa, con una roccia, con gli alberi, con qualunque cosa. Una volta che conoscerai il modo in cui si verifica, può capitare ovunque. Se sai che tu non sei e, con amore profondo, la tua consapevolezza si muove verso l’altro, verso gli alberi, il cielo, le stelle, chiunque; quando tutta la tua consapevolezza è indirizzata verso l’altro, ti lascia, si allontana da te; in quell’assenza dell’io risiede la beatitudine.

mercoledì 28 dicembre 2016

Sviluppare il Cuore - Osho

La terza domanda: “Illuminaci riguardo a un paio di punti pratici per aprire e sviluppare il centro del cuore”.

Primo punto: cerca di essere senza testa. Visualizzati come se fossi senza testa, muoviti senza testa. Suona assurdo, ma è uno degli esercizi più importanti. Provaci, e poi lo saprai. Cammina, e senti come se non avessi la testa. All’inizio sarà solamente “come se”, sarà molto strano. Quando ti verrà la sensazione di non avere una testa, sarà molto strano e bizzarro. Ma, un po’ alla volta, ti acquieterai nel cuore. C’è una legge... Forse avrai notato che i ciechi hanno un udito più acuto, hanno orecchie più musicali. Sono più musicali; sentono la musica più profondamente. Perché? L’energia che normalmente si muove attraverso gli occhi ora non può più muoversi per loro tramite, per cui si sceglie un cammino diverso: si muove attraverso le orecchie. I ciechi hanno una sensibilità tattile più profonda. Se un cieco ti tocca, sentirai la differenza, perché di solito noi usiamo molto gli occhi: ci tocchiamo l’un l’altro con gli occhi. Un cieco non può toccare con gli occhi, perciò l’energia si muove attraverso le sue mani. Un cieco è più sensibile di chiunque veda. A volte può non essere così, ma in genere è proprio così. Se manca un centro, l’energia comincia a muoversi da un altro centro. Perciò prova questo esercizio di cui sto parlando – l’esercizio dell’essere senza testa – e all’improvviso sentirai una strana cosa: sarà come se per la prima volta fossi nel cuore. Cammina senza la testa. Siediti a meditare, chiudi gli occhi e semplicemente senti che la testa non c’è più. Senti: “La mia testa è scomparsa”.
All’inizio sarà solo “come se”, ma poco a poco sentirai che la testa è scomparsa veramente e, quando sentirai che la tua testa è scomparsa, il tuo centro cadrà giù al cuore, immediatamente! Guarderai il mondo attraverso il cuore e non più attraverso la testa. Quando alcuni occidentali giunsero per la prima volta in Giappone, non riuscirono a credere che per tradizione il Giappone avesse creduto per secoli che si pensasse attraverso il ventre. Se chiedi a un bambino giapponese che non sia stato educato alla maniera occidentale: “Dov’è che pensi?”, indicherà il suo ventre. Sono passati secoli e secoli, e il Giappone è vissuto senza testa. E’ solo un concetto. Se ti chiedo: Dov’è che stai pensando? Tu indicherai la testa, ma un giapponese indicherà il ventre, e questa è una delle ragioni per le quali la mente giapponese è più calma, tranquilla e raccolta. Ora questo è cambiato perché l’Occidente si è esteso ovunque. Ora l’Oriente non esiste più.
Esiste solo qua e là in alcuni individui, che sono come vere e proprie isole.
Geograficamente l’Oriente è scomparso; ora l’intero mondo è occidentale. Prova a essere senza testa. Medita stando davanti allo specchio nel bagno. Scruta a fondo i tuoi occhi e senti che stai guardando dal cuore. Poco a poco il centro del cuore comincerà a funzionare, e quando il cuore funziona cambia la tua intera personalità, l’intera struttura, l’intero modello, perché il cuore ha la sua vita. Perciò, prima cosa: prova a essere senza testa. Seconda: ama di più, perché l’amore non può funzionare attraverso la testa. Ama di più! Questa è la ragione per la quale quando qualcuno s’innamora perde la testa. La gente dice che è impazzito. Se non sei pazzo e innamorato, allora non sei veramente innamorato. Si deve perdere la testa. Se la testa è presente, non ne viene toccata, se funziona in modo normale, l’amore non è possibile, perché per l’amore bisogna che funzioni il cuore, non la testa. E’ una funzione del cuore. Capita che quando una persona molto razionale si innamora, diventi stupida. Lei stessa sente quante stupidaggini sta facendo, quante sciocchezze. Che cosa sta facendo? Per cui divide la sua vita in due parti, crea una divisione: il cuore diventa un affare silenzioso e intimo. Quando esce di casa, esce anche il cuore. Nel mondo vive con la testa e scende giù nel cuore solamente quando ama. Ma è molto difficile e di solito non capita mai. Stavo a Calcutta in casa di un amico, un giudice della Corte suprema. Sua moglie mi disse: “Ho solo un problema di cui vorrei parlarti. Puoi aiutarmi?”. Chiesi: “Qual è il problema?”. Mi disse: “Mio marito è tuo amico. Ti ama e ti rispetta, perciò se tu gli dicessi qualcosa potrebbe essere d’aiuto”.
Quindi le chiesi: “Che cosa devo dirgli? Dimmi, dunque”. Rispose: “Lui rimane un giudice della Corte suprema anche a letto. Io non ho conosciuto un amante, un amico o un marito.
Lui è un giudice della Corte suprema ventiquattr’ore su ventiquattro”. E’ difficile: è difficile scendere del tuo piedistallo. Diventa un atteggiamento fisso. Se sei un uomo d’affari, rimarrai tale anche a letto. E’ difficile accomodare all’interno due persone, e non è facile cambiare il tuo modello completamente, tutte le volte che vuoi. E’ difficile, ma se sei innamorato devi scendere dalla testa. Perciò per questa meditazione cerca di amare sempre di più. E quando dico sii più colmo d’amore, intendo che devi cambiare la qualità della tua relazione: fai che sia fondata sull’amore, non solo con tua moglie, con tuo figlio o con il tuo amico, ma anche nei confronti della vita in quanto tale. Ecco perché Mahavira e il Buddha hanno parlato di non violenza: serviva solo a creare un atteggiamento d’amore verso l’esistenza. Quando Mahavira si muove, cammina, rimane sempre consapevole per non uccidere neppure una formica. Perché? In realtà, la formica non è la sua preoccupazione: egli sta scendendo dalla testa al cuore, sta creando un atteggiamento d’amore verso la vita in quanto tale. Quando più le tue relazioni sono basate sull’amore – tutte le relazioni – tanto più il tuo centro del cuore funzionerà. Comincerà a funzionare; guarderai il mondo con gli occhi diversi: perché il cuore ha il proprio modo di guardare il mondo. La mente non potrebbe mai guardare in quel modo: sarebbe impossibile. La mente può soltanto analizzare! Il cuore sintetizza; la mente può soltanto sezionare, dividere. E’ un divisore. Solo il cuore dà unità. Quando riesci a guardare attraverso il cuore, l’intero universo appare come un’unità. Quando ti avvicini con la mente, l’intero mondo diventa atomico. Non c’è unità: solamente atomi e atomi e ancora atomi. Il cuore dà un’esperienza unitaria. Unisce insieme e la sintesi suprema è Dio. Se riesci a guardarlo attraverso il cuore, l’intero universo appare come uno: questa unità è Dio. Questa è la ragione per la quale la scienza non potrà mai trovare Dio. E’ impossibile poiché il metodo impiegato non potrà mai giungere alla suprema unità. Il metodo stesso della scienza è la ragione, l’analisi, la divisione. Perciò la scienza giunge alle molecole, agli atomi, agli elettroni... e continuerà a dividere, ma non potrà mai giungere all’unità organica del Tutto.
E’ impossibile guardare al Tutto con la testa. Perciò ama di più. Ricorda, la qualità dell’amore deve essere presente in qualsiasi cosa tu faccia: deve essere un pensiero costante. Stai camminando sull’erba: senti che quell’erba è viva. Ogni filo d’erba è altrettanto vivo quanto te. Il Mahatma Gandhi stava con Rabindranath Tagore a Shanti Niketan, e osserva che approcci differenti avevano! La non violenza di Gandhi era una questione mentale: ci ragionava sempre sopra, era razionale nei suoi confronti. Ci pensava, esaminava il pro e il contro, ponderava, contemplava e poi concludeva.
Sperimentava, poi concludeva. Se hai letto la sua autobiografia ti ricorderai che intitolò il suo libro Esperimenti con la verità. La parola stessa “esperimenti” è scientifica, appartiene alla ragione, è un termine da laboratorio. Stava con il poeta Rabindranath, e insieme andarono a fare una passeggiata nei giardini, Il prato era verde, vivo, perciò Gandhi disse: “Vieni sul prato”. Rabindranath rispose: “Non posso. Non posso camminare sul prato. Ogni filo d’erba è altrettanto vivo quanto lo sono io. Non posso calpestare un fenomeno così vivo”. E Rabindranath non era per niente un predicatore della non violenza. Non parlò mai della non violenza, ma il suo approccio era attraverso il cuore: sentiva l’erba. Gandhi rifletté su quanto aveva detto e rispose: “Hai ragione”. Questo è un approccio mentale. Sii colmo d’amore. Sii colmo d’amore persino con le cose. Se sei seduto su una sedia, sii colmo d’amore. Percepisci la sedia; abbi un sentimento di gratitudine. La sedia ti sta facendo sentire a tuo agio; percepisci la sensazione tattile, amala, abbi un sentimento d’amore. La sedia in sé non è importante. Se stai mangiando, mangia con amore. Gli indiani dicono che il cibo è divino. Il senso è che quando lo mangi, il cibo va dà vita, energia, vitalità. Devi esserne grato; sii colmo d’amore verso di esso. In genere mangiamo il cibo con estrema violenza, come se stessimo uccidendo qualcosa. Non come se stessimo assorbendo: come se stessimo uccidendo. Oppure continui pieno d’indifferenza, a cacciare roba nel tuo stomaco, senza sentimento. Tocca il tuo cibo con amore, con gratitudine: è la tua vita. Ospitalo, gustalo, godilo. Non essere indifferente e violento. I nostri denti sono molto violenti a causa della nostra eredità animale. Gli animali non hanno nessun’altra arma: le unghie e i denti sono le loro uniche armi di offesa. I tuoi denti sono fondamentalmente un’arma, per cui la gente continua a uccidere con i propri denti: uccidono il loro cibo. Ecco perché quanto più sei violento, tanto maggiore sarà il tuo bisogno di cibo. Ma al cibo c’è un limite, perciò si continua fumare o si continua a masticare gomma: questa è violenza. Godi perché stai uccidendo qualcosa con i tuoi denti, macinando qualcosa con i denti, perciò si continua a masticare gomma o pan.
Questo fa parte della violenza. Continua a fare qualunque cosa stai facendo, ma fallo con amore. Non essere indifferente. Allora il tuo centro del cuore comincerà a funzionare e tu scenderai in profondità in esso. Primo: prova a essere senza testa; secondo. Prova ad amare; terzo: sii sempre più estetico, sensibile alla bellezza, alla musica, a tutto quanto tocchi il cuore. Se questo mondo potesse venire più educato alla musica e meno alla matematica, avremmo un’umanità migliore; se potessimo educare la mente più alla poesia e meno alla filosofia ,avremmo un’unità migliore: perché finché ascolti o suoni musica la mente non è necessaria, cadi giù dalla mente. Sii più estetico, più poetico, più sensibile.
Puoi non essere un gran musicista, un grande poeta o un grande pittore, ma puoi godere o creare qualcosa per conto tuo: non è necessario essere un Picasso. La tua casa te la puoi dipingere da te; puoi dipingere dei quadri. Non è necessario essere un Maestro, un Alauddin Khan: puoi suonare qualcosa a casa tua. Puoi suonare un flauto, non importa quanto dilettantisticamente. Ma fai qualcosa che riguarda il cuore. Canta, danza, fai qualcosa che riguarda il cuore. Sii più sensibile verso il mondo del cuore, e non è necessario granché per essere sensibili. Persino un uomo povero può essere sensibile: le ricchezze non sono necessarie. Puoi non avere un palazzo, ma se sei semplicemente sdraiato sulla spiaggia, è sufficiente per essere sensibile. Puoi essere sensibile alla sabbia, puoi essere sensibile al sole, puoi essere sensibile alle onde, al vento, agli alberi, al cielo. L’intero mondo è qui perché tu sia sensibile a esso. Cerca di essere più sensibile, più vivo, e cerca di essere sensibile in modo attivo, perché l’intero mondo è diventato passivo. Vai al cinema: qualcun altro sta facendo qualcosa e tu semplicemente ti siedi e guardi. Sullo schermo è qualcun altro ad amare e tu guardi: sei solamente un Voyeur, passivamente morto, che non fa nulla. Non sei un partecipante. A meno che tu non partecipi, il tuo centro del cuore non funzionerà. Perciò a volte è meglio danzare. Non sarai un grande danzatore, non è necessario. Per quanto goffamente, danza. Questo ti darà la sensazione del cuore. Mentre danzi il tuo centro sarà il cuore: non può mai essere nella mente. Salta, gioca come un bambino. A volte dimenticati del tutto il tuo nome, il tuo prestigio, la tua laurea. Dimentica ogni cosa; sii come un bambino. Non essere serio. A volte prendi la vita come un gioco e il cuore si svilupperà: Il cuore raccoglie energia. E quando avrai un cuore vivo, anche la qualità della tua mente cambierà. Potrai andare alla mente, potrai funzionare attraverso di essa, ma la mente diventerà solo uno strumento: potrai usarla. Non ne sarai ossessionato, e potrai allontanartene in qualsiasi istante tu voglia. Allora ne sarai padrone. Il cuore ti darà la sensazione di essere il padrone. E ancora un’altra cosa: giungerai a sapere che non sei né la testa né il cuore, perché potrai trasferirti dal cuore alla testa, dalla testa al cuore. Saprai di essere qualcos’altro, una X. Se rimani nella testa e non ti muovi mai di lì, tu identifichi con essa. Non sai di essere diverso.
Questo movimento dal cuore alla testa e dalla testa al cuore ti darà la sensazione di essere totalmente diverso. A volte sei nel cuore e a volte sei nella testa, ma tu non sei né il cuore né la testa. Questo terzo punto di consapevolezza ti condurrà al terzo centro: all’ombelico. E l’ombelico non è veramente un centro. Lì, tu sei! Ecco perché non può essere sviluppato: può solamente essere scoperto.


Osho, Il libro dei segreti

Preghiera di Kirk Kilgour

Chiesi a Dio di essere forte 
per eseguire progetti grandiosi 
ed egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.

Domandai a Dio che mi desse la salute 
per realizzare grandi imprese 
ed egli mi ha dato il dolore per apprezzarla meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto 
e mi ha lasciato povero per non essere egoista.

Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me 
ed egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.

Domandai a Dio tutto per godere la vita 
e mi ha lasciato solo la vita 
perché io potessi essere contento di tutto.

Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, 
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno 
e quasi contro la mia volontà.

Le preghiere che non feci furono esaudite.

Sii lodato mio Signore, perché fra tutti gli uomini 
nessuno possiede più di quello che ho io.


Funzione della preghiera oggi - Salvatore Brizzi

 Aggressività e depressione pare che siano i demoni che più di tutti stanno letteralmente infestando le grandi città occidentali. Sono di pochi giorni fa le notizie di un giovane che ha soffocato la fidanzata che voleva lasciarlo e una madre che si è suicidata dopo aver avvelenato la figlia di tre anni; ma a parte le tragedie che fanno cronaca nei tg, ciò che più m’interessa è analizzare i malesseri di cui mi parlano le persone che frequentano i miei seminari.

Come sa bene chi mi conosce anche dal vivo e non solo su internet, io mi considero uno scrittore e un artista e non ho mai avuto niente da spartire con il mondo di guru e maestri che ruota intorno alla spiritualità. Mi sento decisamente più vicino a Bill Hicks che a Osho! Mi guadagno da vivere con le mie performance, che sicuramente non sono dei satsang (=incontro con il maestro/verità); tuttavia gli argomenti che tratto in questi miei “spettacoli” fanno sì che molte persone vengano a parlarmi dei loro problemi e questo mi consente di avere il polso della situazione, ossia di essere sempre informato circa i malesseri che affliggono maggiormente la società.

Malesseri che sono in aumento – oramai persino i sociologi se ne sono accorti – e che ruotano intorno a rabbia – più o meno repressa – e, soprattutto, depressione: non trovare più un senso alla propria vita, voglia di mollare tutto, fatica ad alzarsi dal letto la mattina, pensieri orientati alla fuga o al suicidio.

All’inizio del post non ho usato il termine “demoni” a caso. Stiamo parlando di entità che colonizzano il nostro apparato psicofisico, un po’ di più ogni giorno, fino ad acquisirne il dominio. Rendono la nostra vita sempre più insopportabile fino a condurci ad atti estremi e violenti contro gli altri o contro noi stessi.

Dice Ignatij Brjancaninov in Preghiera e lotta spirituale:
Quanto ai pensieri, non vi prestiamo la minima attenzione ed essi si disperdono in tutte le direzioni. La nostra mente si trova così nella disposizione contraria rispetto a quella d’una mente protetta dalla preghiera: è come una stanza con le porte spalancate, senza nessuna sorveglianza, in cui chiunque lo desideri può entrare e uscire introducendovi o asportandovi tutto ciò che gli pare.


Poi Brjancaninov prosegue:
È temibile per i demoni e gradito a Dio e ai suoi angeli quell’uomo che, giorno e notte e con uno zelo ardente, ricerca Dio nel proprio cuore e vi estirpa le suggestioni del nemico.

E qual è la pratica da seguire per trovare Dio nel proprio cuore?
La preghiera deve continuamente risonare sulle nostre labbra; nelle avversità per esserne liberati, nella prosperità per esservi conservati.

La meditazione segreta e la lettura fanno dell’anima una casa ben sprangata e protetta da tutte le parti, una colonna incrollabile, un porto calmo e riparato. Essa salva l’anima proteggendola dall’indecisione. I demoni si agitano molto e diventano estremamente inquieti quando un monaco si arma della meditazione segreta sotto la forma della preghiera di Gesù: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore.

La preghiera breve raccoglie la mente, la quale, se non è assidua alla meditazione non può fare a meno di svolazzare e vagabondare qua e là.


La preghiera, in generale, e la preghiera di Gesù – utilizzata dai Padri del Deserto nel IV secolo – in particolare, rivestono una duplice funzione:
1)  Tengono la mente occupata e focalizzata su un unico pensiero, allontanando i demoni della depressione o del giudizio.
2)  Con l’assidua e prolungata ripetizione il praticante discende dalla mente al cuore.

Impara a essere attento durante la preghiera orale: la preghiera orale recitata con attenzione si trasformerà da sola in preghiera della mente e poi del cuore. Ci ricorda Brjancaninov.

In conclusione, alle persone che mi avvicinano per parlarmi dei loro demoni io consiglio la preghiera di Gesù. Quando l’accidia, la depressione e la rabbia svolazzano sopra – e dentro – le nostre teste, noi possiamo rispondere con lo scudo della preghiera. Per fare questo dobbiamo però innanzitutto essere fermamente convinti che questi malesseri non sono causati da una condizione di vita oggettiva, ma provengono dall’esterno e quindi possono essere cacciati per la stessa via da cui sono giunti.

In altre parole, quando siamo depressi non è perché stiamo vivendo una particolare situazione nella nostra vita che giustifica quella depressione, ma, al contrario, viviamo certe situazioni solo perché prima abbiamo inconsapevolmente aperto una porta al demone della depressione, il quale ci fa percepire il mondo attraverso un filtro che colora tutto con i colori della depressione.

Le persone non pregano più... e prendono gli psicofarmaci. Ma non è detto che un rimedio sia più valido solo perché è più recente.


 Nella Vita di Ignazio Teoforo, vescovo di Antiochia, che ricevette la corona del martirio a Roma nel 107 d.C., leggiamo: “Mentre lo si conduceva per essere consegnato alle bestie feroci, egli aveva incessantemente il nome di Gesù Cristo sulle labbra; allora i pagani gli chiesero per quale motivo pronunciasse continuamente quel nome. Il santo rispose che aveva il nome di Gesù impresso nel cuore e che non faceva altro che confessare con la bocca colui che sempre portava nel cuore. Più tardi, dopo che fu divorato dalle belve nell’arena, avvenne per volontà di Dio che il suo cuore restasse intatto fra le costole. Gli infedeli che lo trovarono tagliarono il cuore in due parti per verificare l’esattezza delle parole del santo. All’interno, sulle due metà, trovarono un’iscrizione a caratteri d’oro: Gesù Cristo.”

Questa è la “preghiera di Gesù” che gli asceti cristiani delle origini avevano sempre sulle labbra: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Il termine “peccatore” non va inteso come comunemente facciamo oggi. Il peccatore non è qualcuno che ha commesso un atto sbagliato, bensì colui che si è allontanato da Dio. È un peccatore colui che è “caduto”, che si è distaccato dal Padre, che non si sente più un tutt’uno con Lui... e per questo in verità soffre atrocemente.

Nel momento in cui ci allontaniamo dal Padre – dal nostro Cuore – ogni nostro agire è in verità peccaminoso e intriso di dolore, al di là del fatto che ce ne rendiamo conto o meno. Il “peccato originale”, cioè, in ultima analisi, il giudizio – il fatto che a un certo punto abbiamo cominciato a distinguere fra bene e male, giusto e sbagliato – pur essendo un processo necessario, ha inevitabilmente causato la nostra “cacciata dal Paradiso Terrestre” e quindi l’allontanamento dal Padre. Il giudizio, il nostro puntare il dito verso ciò che riteniamo “male”, è il vero peccato.

Il sentirsi soli e lontani dal Padre è una situazione che provoca rabbia e depressione, i due demoni di cui parlavo nel precedente post. La distanza dal Padre causa ed è causata dal giudizio, il quale provoca alternativamente rabbia e mancanza di voglia di vivere. Il pentimento – quando sentito nel cuore – permette invece di percorrere la risalita verso la “casa del Padre”. La preghiera è lo strumento che ci è stato tramandato.

Dice Serafim di Sarov in Istruzioni spirituali: “Dobbiamo dedicarci con tutte le nostre forze a salvaguardare la pace dell’anima e a non indignarci quando gli altri ci offendono. Non vi è nulla al di sopra della pace in Cristo, grazie alla quale vengono annientati gli assalti degli spiriti del cielo e della terra.”

“La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano le regioni celesti” (Ef 6.12).

La preghiera viene chiamata “della mente” quando è recitata dalla mente con profonda attenzione e con la partecipazione marginale del cuore. È detta “del cuore” quando è recitata dalla mente unita al cuore, ossia quando la mente scende fino al cuore e innalza la preghiera dal profondo. A questo punto il fedele si sente cosciente principalmente al centro del petto, dove risiede il Fuoco, anziché nella testa. La preghiera viene chiamata “dell’anima” quando sgorga da tutta l’anima, con la partecipazione dello stesso corpo; quando viene offerta da tutto l’essere che diventa, per così dire, il portavoce della preghiera. L’identificazione ultima con l’anima permette infatti la partecipazione completa anche del corpo.

“Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Ecco il primo comandamento” (Mc 12.30; Dt 6.5)


Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)

http://www.salvatorebrizzi.com/2013/04/funzione-della-preghiera-oggi.html
http://www.salvatorebrizzi.com/2013/04/funzione-della-preghiera-parte-2.html

martedì 27 dicembre 2016

Sensi assorbiti nel cuore - Osho

Il quarto metodo si addice a coloro che hanno un cuore molto sviluppato, sono colmi d’amore, sensibili, emozionali. “O beata, quando i sensi assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto.” Questo metodo può essere usato solo da persone orientate verso il cuore.
Perciò comprendi prima cos’è una persona orientata verso il cuore, poi potrai capire questo metodo.
In una persona simile, ogni cosa conduce al cuore, ogni cosa Se la ami, il suo cuore sentirà il tuo amore, non la sua testa. Una persona orientata verso la testa, anche quando viene amata, lo sente cerebralmente, nella testa. Ci pensa sopra, ci fa dei progetti. Persino l’amore è uno sforzo deliberato della mente. Il tipo sensibile vive senza ragionare.
Naturalmente il cuore ha le proprie ragioni, ma vive senza ragionare. Se qualcuno ti chiede: “Perché ami?”, se puoi rispondere e spiegarmi il motivo, sei una persona orientata verso la testa. E se dici: “Non lo so, amo semplicemente”, sei orientato verso il cuore.
Anche se dici che qualcuno è meraviglioso e “questa è la ragione per la quale lo amo”, è pur sempre una ragione. Per una persona orientata verso il cuore, una persona è meravigliosa perché la ama. La persona orientata verso la testa ama qualcuno perché è meraviglioso. Prima viene la ragione, poi l’amore. Per che è orientato verso il cuore, prima viene l’amore e poi tutto il resto. Il tipo sensibile è centrato nel cuore, e qualunque cosa accada tocca il suo cuore. Osservati. In ogni istante molte cose accadono nella tua vita.
Dov’è che ti toccano? Stai passando, e un mendicante attraversa la strada. Dov’è che vieni toccato dal mendicante? Cominci forse a pensare alle sue condizioni economiche?
Cominci forse a pensare che chiedere l’elemosina dovrebbe essere proibito per legge, o che si dovrebbe creare una società socialista in modo che non vi siano più mendicanti?
Questo è un uomo orientato verso la testa. Per lui questo mendicante diventa solo un dato statico. Il suo cuore non ne viene toccato, ne viene toccato solo la sua testa. Non farà qualcosa per questo mendicante qui e ora, per niente! Farà qualcosa per il comunismo, farà qualcosa per il futuro, per qualche utopia. Potrà persino dedicarvi tutta la sua vita, ma proprio ora non può fare nulla. La mente fa sempre qualcosa nel futuro; il cuore è sempre qui e ora. Una persona orientata verso il cuore farà qualcosa ora per questo mendicante. Il mendicante è un individuo, non un dato. Ma per un uomo orientato verso la testa questo mendicante è solo un dato statico. Per lui il problema è come si dovrebbe debellare il mendicare, non che questo mendicante dovrebbe essere aiutato: questo è irrilevante.
Perciò osservati. In molte situazioni, osserva come agisci. Gli eventi ti coinvolgono con il cuore o con la testa? Se senti di essere una persona orientata verso il cuore, questo metodo ti sarà molto utile. Ma sappi che tutti cercano di ingannarsi, tutti cercano di sentirsi colmi d’amore, sensibili, di cuore, perché l’amore è un bisogno così fondamentale che nessuno può sentirsi a proprio agio se vede di esserne senza, di non avere un cuore colmo d’amore. Perciò tutti continuano a pensare e a crederci, ma il semplice credersi amorevoli non basta. Osservati imparzialmente, come se stessi osservando qualcun altro, e poi decidi: non c’è bisogno di ingannarsi e, anche se ti ingannassi, non riusciresti mai a ingannare la tecnica. Per cui, quando la praticherai sentirai che non sta accadendo nulla.
Le persone vengono da me, e io chiedo loro a che tipo appartengono. Non lo sanno veramente, non hanno mai pensato di che tipo sono. Hanno solo un vago concetto di se stesse, e quelle concezioni in realtà sono solo immaginazioni. Hanno certi ideali e autoimmagini, e pensano – o meglio, desiderano – essere quelle immagini. Non lo sono, e spesso accade che siano proprio il contrario. C’è una ragione che lo spiega. Una persona che insiste nel sostenere di essere orientata verso il cuore può insistere solo perché sente l’assenza del cuore e ne ha paura. Non può ammettere di non avere un cuore. Guarda il mondo! Se ognuno avesse ragione riguardo al proprio cuore, il mondo non potrebbe essere così senza cuore. Il mondo è la totalità di noi, perciò qualcosa non va da qualche parte: il cuore non c’è. In realtà non è mai stato educato per esserci. La mente viene educata, perciò c’è. Ci sono scuole, istituti, università per educare la mente, ma non c’è un posto per educare il cuore. E l’educazione della mente frutta, ma quella del cuore è pericolosa, perché se il tuo cuore viene educato diventerai assolutamente disadattato in questo mondo, perché l’intero mondo funziona attraverso la ragione. Se il tuo cuore venisse educato, tu saresti semplicemente assurdo in questo mondo. Quando l’intero mondo si sposta a destra, tu ti sposterai a sinistra e ti sentiresti in difficoltà ovunque.
Quando più l’uomo diventa civilizzato, tanto meno il cuore viene educato. Ci siamo veramente dimenticati che esiste, o che ci sia bisogno di educarlo. Questa è la ragione per la quale metodi che possono funzionare molto facilmente non funzionano mai. La maggior parte delle religioni – cristianesimo, Islam, induismo e molte altre – sono basate su tecniche orientate verso il cuore, sono basate sulle persone orientate verso il cuore. Più una religione è antica, tanto più si fonda sulle persone orientate verso il cuore. In verità, quando furono scritti i Veda e l’Induismo si stava sviluppando, c’erano persone orientate verso il cuore e trovarne una orientate verso la testa era veramente difficile. Ma ora il problema è l’opposto. Non riesci a pregare perché la preghiera è una tecnica orientata verso il cuore. Ecco perché in Occidente, dove prevale il cristianesimo – che è una religione di preghiera- la preghiera è diventata difficile. In particolare, la chiesa cattolica è orientata verso la preghiera. Per il cristianesimo non esiste nulla di simile alla meditazione, ma ora anche in Occidente la gente va pazza per la meditazione. Nessuno va in chiesa – e anche se qualcuno ci va, è solo una cosa formale, solo una religione della domenica – perché la preghiera orientata verso il cuore è diventata assolutamente priva di qualsiasi relazione rispetto all’uomo, così com’è in Occidente. La meditazione è più orientata verso la mente, la preghiera è più orientata verso il cuore. Oppure possiamo dire che la preghiera è una tecnica di meditazione per persone orientate verso il cuore. Anche questa tecnica è per persone orientate verso il cuore: “O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto”. Perciò in questa tecnica che cosa si deve fare?
“Quando i sensi sono assorbiti nel cuore...”. Provaci: puoi farlo in molti modi. Tocca qualcuno: se sei una persona orientata verso il cuore la sensazione tattile andrà immediatamente al tuo cuore, e potrai sentire la qualità di quella persona. Se prendi la mano di una persona orientata verso la testa, la mano sarà fredda, non solo fredda, ma la qualità stessa sarà fredda. Nella mano ci sarà una cadavericità, qualcosa di cadaverico.
Se la persona è orientata verso il cuore, ci sarà un certo calore, e la sua mano si scioglierà veramente con te. Sentirai qualcosa fluire dalla sua mano a te, e ci sarà un incontro, una comunicazione di calore. Questo calore viene dal cuore. Non potrebbe mai venire dalla testa perché è sempre fredda... gelida, calcolatrice. Il cuore è calore, non calcola. La testa pensa sempre a come prendere di più; il cuore sente sempre come dare di più. Quel calore è un puro dare – un dare energia, un dare vibrazioni interiori, un dare vita. Questa è la ragione per la quale in esso senti una qualità diversa. Se quella persona ti abbraccia veramente, sentirai un profondo scioglierti con essa. Tocca! Chiudi gli occhi; tocca una cosa qualunque. Tocca la tua amata o il tuo amante, tocca tuo figlio o tua madre, o il tuo amico, oppure tocca un albero un albero o un fiore, oppure tocca semplicemente la terra.
Chiudi gli occhi e senti una comunicazione dal tuo cuore alla terra, o alla tua amata. Senti che la tua mano non è altro che il tuo cuore proteso a toccare la terra. Lascia che la sensazione tattile si ponga in relazione con il cuore. Stai ascoltando della musica: non ascoltarla dalla testa. Semplicemente dimenticati della tua testa e sentiti senza testa, non c’è assolutamente alcuna testa. Sarebbe bene che avessi nella tua camera da letto la tua fotografia senza la testa. Concentrati su di essa: sei senza testa, non permetterle di intrufolarsi. Mentre ascolti della musica, ascolta dal cuore. Senti la musica giungere al tuo cuore e lascialo vibrare con essa. Lascia che i tuoi sensi siano in connessione con il cuore, non con la testa. Provalo con tutti i sensi, e senti sempre più che ogni senso va al cuore e si dissolve in esso. “O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto.” Il cuore è il loto. Ogni senso è solo l’apertura del loto, i petali del loto.
Come prima cosa cerca di mettere i sensi in relazione con il cuore, poi, pensa sempre che ogni senso si sprofonda nel cuore e ne viene assorbito. Solo quando queste due cose si saranno saldamente assestate i tuoi sensi inizieranno a esserti d’aiuto: ti condurranno al cuore, ed esso diventerà un loto. Questo loto del cuore ti darà una centratura. E da lì sarà molto facile cadere nel centro dell’essere, nell’ombelico. Una volta che sarai centrato nel cuore, accadrà automaticamente. Questo sutra non ne fa neppure menzionare; non ce n’è bisogno. Se sei davvero totalmente assorbito nel cuore, e la ragione ha smesso di lavorare, cadrai giù. Dal cuore la soglia è aperta verso l’ombelico. Solo dalla testa è difficile andare verso l’ombelico, oppure se sei tra il cuore e la testa: anche in quel caso è difficile. Una volta che sei assorbito nell’ombelico, sarai caduto all’improvviso al di là del cuore, sarai caduto nel centro dell’ombelico che è quello fondamentale, quello originario.
Questa è la ragione per la quale la preghiera è utile, ed è per questo che Gesù poté dire: “L’amore è Dio”. Non è del tutto esatto, ma l’amore ne è la soglia. Se sei profondamente innamorato, di chiunque: non importa di chi... importa l’amore: l’oggetto dell’amore non importa, se sei così innamorato che non c’è più alcuna relazione dalla testa, se funziona solo il cuore, questo amore diventerà preghiera e la tua amata o il tuo amante diventerà divino. In verità, l’occhio del cuore non può vedere nient’altro; questo è il motivo per il quale ciò succede anche con l’amore comune. Se ti innamori di qualcuno quel qualcuno diventa divino. Può durare poco ed è possibile che non si riveli una cosa molto profonda, ma in quel momento l’amante o l’amata diventa divino. Presto o tardi la testa distruggerà l’intera cosa, perché interverrà e cercherà di gestire tutto. Persino l’amore deve essere tenuto sotto controllo. E una volta che la testa lo tiene sotto controllo, tutto viene distrutto.
Se riesce a essere innamorato senza che intervenga la gestione della testa, il tuo amore diventerà necessariamente preghiera e la tua amata diventerà la soglia. Il tuo amore ti renderà centrato nel cuore, e una volta che sei centrato nel cuore, automaticamente sprofondi nel centro dell’ombelico.


Osho, Il libro dei segreti