La terza tecnica relativa al respiro:
“Oppure, ogni volta che l’inspirazione e l’espirazione si fondano, in quell’istante tocca il centro privo di energia, traboccante di energia”.
Noi siamo divisi in centro e periferia. Il corpo è la periferia; noi
conosciamo il corpo, conosciamo la periferia, conosciamo la circonferenza, ma non
sappiamo dove sia il centro. Quando l’espirazione si fonde con l’inspirazione, quando
diventano tutt’uno, quando non sei in grado di dire se si tratta di un’espirazione o di
un’inspirazione, quando è difficile demarcare e definire se il respiro stia entrando oppure
uscendo, quando il respiro è penetrato e comincia a uscire, in quell’attimo esiste una
fusione: il respiro non esce né entra, è statico. Entrando o uscendo, è dinamico; quando
non entra né esce, in quell’attimo è silenzioso, non è in movimento, allora sei vicino al
centro. Il punto di fusione tra il respiro che entra e quello che esce è il tuo centro.
Considera la cosa in questo modo: quando il respiro entra dove va? Va al tuo centro, lo
tocca. Quando esce, da dove esce? Si allontana dal tuo centro. Il tuo centro deve essere
toccato. Ecco perché i mistici taoisti e Zen dicono che non è la testa il centro dell’essere,
bensì l’ombelico. Il respiro va all’ombelico e poi esce. Va al centro. Come ho detto, è un
ponte fra te e il tuo corpo. Tu conosci il corpo, ma non sai dov’è il tuo centro. Il respiro va
costantemente al centro e ne esce, ma noi non respiriamo mai intensamente, per cui,
normalmente, il respiro non tocca mai il nostro centro, non al giorno d’oggi, perlomeno.
Ecco perché oggigiorno ci se sente tanto “scentrati”. In tutto il mondo contemporaneo
coloro che sono quantomeno in grado di pensare sentono di essere senza centro.
Osserva un bambino che dorme. Osserva il suo respiro: è l’addome a sollevarsi, il torace
resta inalterato. Ecco perché i bambini non hanno torace, ma solo un addome molto
dinamico. Quando respiriamo è l’addome a muoversi: i bambini sono nel loro centro, per
questo sono così felici, così beati, così pieni di energia, mai stanchi, esuberanti, e sempre
nel momento presente, senza passato, senza futuro. Un bambino può essere arrabbiato;
quando lo è, lo è totalmente: diventa la rabbia. Quindi anche la sua rabbia è una cosa
bellissima. Quando qualcuno è totalmente arrabbiato, la rabbia ha una sua bellezza,
perché la totalità ha sempre una sua bellezza. Tu non puoi essere arrabbiato e bello,
diventerai brutto perché la parzialità è sempre brutta. E questo non succede solo con la
rabbia: anche quando ami sei brutto; perché sei di nuovo parziale, frammentario, non sei
totale. Guarda il tuo viso quando stai amando qualcuno, quando stai facendo l’amore. Fai
l’amore davanti a uno specchio e osserva il tuo viso: sarà brutto, animalesco. Anche
nell’amore il tuo volto diventa brutto. Perché? Anche l’amore è un conflitto, stai trattenendo
qualcosa Stai dando con molta parsimonia. Persino nel tuo amare non sei totale: non dai
completamente, interamente. Un bambino è totale persino nella rabbia e nella violenza. Il
suo viso diventa radioso e bello; è qui e ora. La sua rabbia non è qualcosa che concerne il
passato o il futuro, non sta calcolando, è solamente arrabbiato. Il bambino è nel suo
centro. Quando sei nel tuo centro, sei sempre totale, qualsiasi cosa tu faccia sarà un atto
totale, buono o cattivo, sarà totale. Quando sei frammentario, quando sei lontano dal
centro, ogni tuo atto non può essere che un frammento di te stesso. La tua totalità non
risponde, risponde solo una parte. E la parte sta andando contro il Tutto: questo crea la
bruttezza. Noi tutti siamo stati bambini. Perché quando cresciamo il nostro respiro diventa
così poco profondo? Non arriva mai all’addome, non tocca mai l’ombelico. Se potete
scendere sempre più all’interno diventerebbe sempre più profondo, invece tocca solo il
torace ed esce. Non arriva mai al centro. Hai paura del centro, perché se vai al centro
diventeresti totale. Se vuoi essere frammentario, questo è il meccanismo per riuscirci. Tu
ami: se respiri dal centro, fluirai nell’amore totalmente. Hai paura. Hai paura di essere così
vulnerabile, così aperto verso qualcuno, verso chiunque. Puoi chiamarlo il tuo amante,
puoi chiamarla la tua amata, ma hai paura: c’è l’altro. Se tu sei totalmente vulnerabile,
aperto, non sai cosa succederà. Quindi tu sei completamente, in un altro senso. Tu hai
paura a darti così completamente a qualcuno. Non riesci a respirare, non riesci a fare un
respiro profondo. Non puoi rilassare il respiro in modo tale che vada al centro, Perché nel
momento in cui il respiro va al centro, il tuo atto diventa totale. Siccome hai paura a essere
totale, respiri superficialmente. Respiri solo al minimo, non al massimo. Ecco perché la
vita sembra essere così priva di vita. Tu stai vivendo al minimo, non al massimo. Puoi
vivere al massimo: allora la vita sarà straripante, ma ci saranno delle difficoltà. Se la vita è
straripante non puoi essere un marito, non puoi essere una moglie. Tutto diventerà
difficile. Se la vita è straripante,l’amore sarà straripante. In quel caso non puoi legarti a
una persona sola, fluirai dappertutto; colmerai tutte le dimensioni del tuo essere. Perciò la
mente avverte un pericolo, perciò è meglio non essere vivi. Più sei morto, più sei sicuro.
Più sei morto, più ogni cosa è sotto controllo. Puoi controllare: quindi rimani il padrone.
Senti di essere il padrone perché puoi controllare. Puoi controllare la rabbia, l’amore, ogni
cosa. Ma questo controllo è possibile solo al livello minimo della tua energia. Ognuno deve
aver percepito che ci sono momenti in cui improvvisamente si passa dal livello minimo a
quello massimo. Vai in una località montana, all’improvviso sei fuori dalla città e dalla sua
prigionia, ti senti libero, il cielo è vasto, la foresta è verde e la vetta tocca le nuvole.
All’improvviso tiri un profondo respiro. Forse non lo hai mai notato. Ebbene, se vai in una
località montana, osserva: in realtà non è la località a causare il cambiamento, è la tua
respirazione. Fai un profondo respiro, dici: “Ah! Ah!”. Tocchi il centro, per un istante diventi
totale, e ogni cosa è beatitudine. Quella beatitudine non proviene dalla località montana,
proviene dal tuo centro: l’hai improvvisamente toccato. In città avevi paura. Gli altri erano
presenti ovunque, e tu ti controllavi: non potevi gridare, non potevi ridere. Che sfortuna!
Non potevi cantare e danzare per la strada: avevi paura. C’era sempre un poliziotto da
qualche parte dietro l’angolo, o il prete o il giudice o l’uomo politico o il moralista. Qualcuno
era sempre dietro l’angolo, perciò non potevi danzare per strada. Bertrand Russell ha
detto da qualche parte: “Amo la civiltà, ma l’abbiamo conquistata a un prezzo molto alto”.
Non puoi danzare per strada, ma vai in una località di montagna e improvvisamente puoi
farlo. Sei solo con il cielo, e il cielo non è una prigione, è solo apertura, che si apre e si
apre, vasto, infinito. Improvvisamente fai un respiro profondo: tocca il centro ed ecco la
beatitudine. Ma non durerà a lungo. In un’ora o due, la località montana scomparirà. Puoi
essere li, ma la località di montagna scomparirà. Ritorneranno le tue preoccupazioni.
Comincerai a pensare di telefonare in città, di scrivere una lettera a tua moglie, oppure,
poiché ritornerai fra tre giorni, dovresti fare i preparativi. Sei appena arrivato e stai già
facendo i preparativi per partire. Sei di ritorno. Quel respiro in realtà non veniva da te: è
accaduto all’improvviso. A causa del cambiamento della situazione la marcia è cambiata.
Ti troverai in una situazione nuova: non potevi respirare nel vecchio modo, perciò per un
momento, è subentrata una nuova respirazione. Ha toccato il centro, e hai sentito la
beatitudine. Shiva sta dicendo che tu, di fatto, tocchi continuamente il tuo centro e che, se
non lo fai, lo puoi sempre toccare. Respira profondamente,lentamente, così toccherai il tuo
centro. Non respirare con il torace: questo è il trucco! La civiltà, l’educazione, la morale,
sono responsabili per aver creato una respirazione superficiale. Sarà bene penetrare in
profondità nel centro, altrimenti non potrai mai fare dei respiri profondi. A meno che
l’umanità non la smetta di essere repressiva nei confronti del sesso, l’uomo non potrà
respirare veramente. Se il respiro scende in profondità sino all’addome, dà energia al
centro sessuale, lo tocca, lo massaggia dall’interno. Il centro sessuale diventa più attivo,
più vivo. La civiltà ha paura del sesso. Non permettiamo ai nostri bambini di toccare il loro
centro sessuale, i lori organi genitali. Diciamo: “Smettila! Non toccare!”. Osserva un
bambino quando per la prima volta tocca il suo centro sessuale, e poi di’: “Smettila!”, e
osserva il suo respiro. Quando dici: “Smettila! Non toccare il tuo centro sessuale!”, il
respiro diventerà immediatamente superficiale, perché non è solamente la mano che tocca
il centro: in profondità anche il respiro lo sta toccando. E se il respiro continua a toccarlo, è
difficile arrestare la mano. Se la mano si ferma, è fondamentalmente necessario,
obbligatorio, che il respiro non lo tocchi, che non vada in profondità. Deve rimanere
superficiale. Noi abbiamo paura del sesso. La parte inferiore del corpo non è solo
fisicamente inferiore: è diventata inferiore come valore, viene condannata come “inferiore”.
Perciò non andare in profondità: rimani superficiale. E’ una sfortuna che possiamo
respirare solo verso il basso. Se dei predicatori ne avessero il potere, cambierebbero
l’intero meccanismo: ti permetterebbero di respirare solo verso l’alto, nella testa. In questo
modo non sentiresti affatto il sesso. Se dovessimo creare un’umanità asessuata,
dovremmo quindi cambiare il sistema di respirazione. Il respiro dovrebbe andare nella
testa, al sahasrara, il settimo centro nella testa, e poi tornare alla bocca. Questo dovrebbe
essere il passaggio: dalla bocca al sahasrara. Non deve scendere in profondità, perché è
pericoloso. Più scendi in profondità, più vai vicino agli strati più profondi della biologia.
Raggiungi il centro, e quel centro è proprio vicino al centro sessuale, e vicinissimo. Deve
essere così, perché il sesso è vita. Consideralo in questo modo: il respiro è vita dall’alto
verso il basso; il sesso è vita nell’altro verso, dal basso verso l’alto. L’energia sessuale
fluisce e l’energia del respiro fluisce. Il passaggio del respiro è nella parte superiore del
corpo e il passaggio del sesso è in quella inferiore. Quando s’incontrano creano la vita,
creano biologia, bioenergia. Perciò se hai paura del sesso, generi una distanza tra i due,
non permetti che s’incontrino. Quindi, in realtà, l’uomo civilizzato è un uomo castrato: ecco
perché non sappiamo nulla sul respiro e questo sutra è difficile da capire. Shiva dice: “
Ogni volta che l’inspirazione e l’espirazione si fondono, in quell’istante tocca il centro privo
di energia, traboccante di energia”. Usa termini molto contradditori: “Privo di energia,
traboccante di energia”. Il tuo centro è privo di energia perché né il corpo né la mente lo
possono alimentare. L’energia del tuo corpo non è lì, l’energia della tua mente non è lì,
perciò rimarrà privo di energia finché non conoscerai la tua identità. Ma è traboccante di
energia per la sorgente cosmica d’energia, e non a causa dell’energia del tuo corpo.
L’energia del tuo corpo è solo un “carburante”: mangiando, bevendo, non fai altro che dare
del carburante al corpo. Smetti di mangiare e di bere e il tuo corpo cadrà morto. Non
subito: ci vorranno almeno tre mesi, perché hai delle riserve. Hai accumulato molta
energia, può funzionare per almeno tre mesi senza andare ad alcuna stazione di
rifornimento. Può andare avanti, ha una riserva. Puoi averne bisogno per un’emergenza,
per qualsiasi emergenza. Questa è energia “carburante”. Il centro non riceve energia
carburante. Per questo Shiva dice che è “privo di energia”. Non dipende dal tuo mangiare
e bere, è connesso con la sorgente cosmica, è energia cosmica. Per questo dice: “Centro
privo di energia, traboccante di energia”. Nel momento in cui sei in grado di percepire il
centro da cui il respiro esce o entra, il punto preciso in cui il respiro si fonde, là dove due
respiri si fondono, se diventi consapevole di quel punto, allora avrai l’illuminazione.
[..]
Un altro amico dice: “Se provo questo metodo per essere consapevole del mio respiro, se
faccio attenzione al mio respiro, allora non posso fare nient’altro. L’intera attenzione va li.
E se devo fare qualcos’altro, allora non posso essere consapevole del mio respiro”.
Questo accadrà, perciò all’inizio scegli un momento particolare al mattino, o alla sera, o in
qualsiasi altro momento del giorno. Per un’ora fai solo l’esercizio, non fare nient’altro. Non
fare nient’altro! Fai solo l’esercizio. Una volta che sarai entrato in sintonia con esso, non
sarà più un problema. Potrai camminare per strada ed essere consapevole. C’è una
differenza tra consapevolezza e attenzione. Quando presti attenzione a qualcosa, ciò è
esclusivo; devi ritirare la tua attenzione da tutto il resto. Per questo, in realtà, è una
tensione, ecco perché è chiamata attenzione. Tu fai attenzione a una cosa a spese di tutto
il resto. Se presti attenzione al tuo respiro non la presti al tuo modo di camminare o di
guidare. Non provare mentre stai guidando, perché non potresti prestare attenzione a
entrambe le cose. Attenzione implica esclusivamente una cosa. La consapevolezza è
molto diversa, non è esclusiva. Non è fare attenzione: è essere attenti, è semplicemente
essere coscienti. Sei cosciente quando sei inclusivamente cosciente. Il tuo respiro è
nell’ambito della tua consapevolezza. Stai camminando e qualcuno passa, e tu sei
cosciente anche di lui. Qualcuno sta facendo del rumore in strada, un treno passa, un
aeroplano vola: ogni cosa viene inclusa. La consapevolezza è inclusiva, l’attenzione è
esclusiva. Ma all’inizio si tratterà di attenzione. Perciò prova prima in periodi stabiliti. Per
un’ora sii attento solo al tuo respiro. Gradatamente riuscirai a trasformare la tua attenzione
in consapevolezza. Quindi fa cose semplici, come camminare: cammina attentamente,
con la piena consapevolezza di camminare e di respirare. Non creare alcuna opposizione
tra le due azioni di camminare e di respirare. Sii un osservatore di entrambe. Non è difficile
Guarda! Per esempio, io posso prestare attenzione a un volto tra i presenti. Se faccio
attenzione a un volto, tutti gli altri non saranno presenti, per me. Se presto attenzione a un
solo viso, tutto il resto viene tagliato fuori. Se faccio attenzione solo al naso di quel viso, il
resto del viso è tagliato fuori. E posso continuare a restringere la mia attenzione fino a un
solo punto. E’ possibile anche il contrario. Faccio attenzione all’intero viso; quindi ci sono
naso, occhi e tutto il resto. In questo caso ho ampliato la mia messa a fuoco. Ora io vi
guardo non come degli individui, ma come un gruppo; quindi l’intero gruppo è sotto la mia
attenzione. Se vi considero come differenti dal rumore che sta continuando in strada, sto
tagliando fuori la strada. Ma posso guardare voi e la strada come un tutto, dunque posso
essere consapevole sia di voi sia della strada. Posso essere consapevole dell’intero
cosmo. Dipende dalla tua messa a fuoco, dal suo diventare sempre più grande. Ma prima
inizia con l’attenzione e ricorda che dovrà crescere trasformandosi in consapevolezza.
Scegli quindi brevi periodi di tempo. La mattina è ottima perché sei fresco, le energie sono
vitali, ogni cosa sta sorgendo; al mattino sei più vivo. I fisiologi dicono che non solo sei più
vivo, ma la tua statura è leggermente maggiore al mattino rispetto alla sera. Se sei alto un
metro e ottanta, al mattino sarai un metro e ottantuno e la sera tornerai a misurare un
metro e ottanta: si perde un centimetro perché quando è stanca, la tua spina dorsale si
schiaccia. Perciò al mattino sei fresco, giovane, vivo, energetico. Fa questo: non lasciare
che la meditazione sia l’ultima voce nella lista delle cose da fare. Fa che sia la prima.
Quando poi senti che non è più uno sforzo, quando riesci a stare seduto per un’ora
completamente immerso nella respirazione – consapevole, attento – solo quando sai di
aver raggiunto l’attenzione del respiro senza alcuno sforzo, quando sei rilassato e ne
gioisci senza alcuno sforzo, allora ti sei impadronito della tecnica. Allora aggiungi
qualcos’altro, per esempio camminare. Ricordati di entrambi, poi continua ad aggiungere
altre cose. Dopo un certo periodo sarai capace di essere continuamente consapevole del
tuo respiro, anche durante il sonno. E, a meno che tu non ne sia consapevole anche
durante il sonno, non sarai in grado di conoscere la profondità. Ma questo viene, accade
gradatamente. Si deve essere pazienti e si deve cominciare nel modo giusto. Sappi che la
mente scaltra cercherà sempre di farti cominciare in modo sbagliato. In quel caso ti può
capitare di abbandonare la tecnica che hai scelto dopo due o tre giorni e dire: “Con questo
metodo non c’è alcuna speranza”. La mente ti farà cominciare nel modo sbagliato. Perciò
ricordati di cominciare nel modo giusto, perché un buon inizio significa metà dell’opera. Ma
noi cominciamo nel modo sbagliato. Sai bene che l’attenzione è una cosa difficile, perché
sei totalmente addormentato. Perciò, se cominci a porre attenzione al tuo respiro mentre
fai qualcos’altro, non puoi riuscirci. E di certo non smetterai di fare ciò che stai facendo,
piuttosto smetterai di porre attenzione al respiro. Quindi non crearti problemi inutili.
Durante le ventiquattr’ore puoi trovare un angolino; basteranno quaranta minuti… perciò
usali per praticare la tecnica. Ma la mente troverà molte scuse, dirà: “Il tempo dove lo
trovi? C’è già fin troppo da fare. Dove lo trovi il tempo?”, oppure: “Ora non è possibile,
perciò rimandalo a più tardi. Lo farai dopo, quando le cose andranno meglio”. Guardati da
ciò che ti dice la mente, non aver troppa fiducia in essa. E noi non abbiamo mai dubbi:
possiamo dubitare di tutto, ma non dubitiamo mai della mente. Anche coloro che parlano
fin troppo di scetticismo, di dubbio, di ragione, non dubitano mai della loro mente. Ed è
stata la mente a ridurti nello stato in cui ti trovi. Se vivi in un inferno, è stata lei a portarti, e
tu non dubiti mai di questa guida. Puoi dubitare di qualsiasi insegnante, di qualsiasi
Maestro, ma non dubiti mai della tua mente. Con fede incrollabile vai avanti, con la mente
che ti fa da guru. Ed è stata lei a metterti nei guai, nella miseria che sei. Se devi dubitare
di qualcosa, prima dubita della tua stessa mente, e quando questa dice qualcosa, pensaci
due volte. E’ vero che non hai tempo? Davvero? Non hai tempo per meditare, non hai
un’ora da dedicare alla meditazione? Pensaci due volte. Domanda ripetutamente alla
mente: “E’ proprio vero che non ho assolutamente tempo? Non mi sembra. Non ho mai
visto un uomo che non abbia tempo più che a sufficienza. Continuo a vedere persone che
giocano a carte, e dicono: “Stiamo ammazzando il tempo”. Vanno al cinema e dicono:
“Che altro fare?”. Ammazzano il tempo, fanno pettegolezzi, continuano a rileggere lo
stesso giornale, da sempre parlano degli stessi argomenti, e dicono: “Non abbiamo
tempo”. Per cose inutili ne hanno abbastanza. Perché? Con una cosa inutile la mente non
è in pericolo. Nel momento in cui pensi alla meditazione, la mente è in all’erta. Ora stai
entrando in una dimensione pericolosa, perché meditazione significa la morte della mente.
Se entri in meditazione presto o tardi la tua mente dovrà dissolversi, ritirarsi
completamente. La mente scatta in all’erta e comincia a dirti molte cose: “Il tempo dove lo
trovi? E anche se lo avessi, ci sono cose più importanti da fare. Rimanda la meditazione a
più tardi. Puoi meditare quando vuoi. Sono più importanti i soldi. Prima fai i soldi, poi
medita a piacimento. Come fai a meditare senza soldi? Quindi stai attento ai soldi, poi
potrai meditare”. Senti che la meditazione può essere rimandata facilmente perché non
riguarda la tua sopravvivenza immediata. Non si può rimandare il pane: moriresti. Non si
possono rimandare i soldi: sono necessari per i tuoi bisogni primari. La meditazione può
essere rimandata, puoi sopravvivere senza. In realtà puoi sopravvivere facilmente senza
di essa. Nel momento in cui ti immergerai profondamente nella meditazione, non
sopravviverai, non su questa Terra almeno: scomparirai. Scomparirai dal cerchio di questa
vita, da questa ruota. La meditazione è come la morte, perciò la mente si spaventa. La
meditazione è come l’amore, perciò la mente si spaventa. “Rimandala” dice, e puoi andare
avanti a rimandare all’infinito. La mente dice sempre cose simili, e non pensare che io stia
parlando degli altri: sto parlando di te in particolare. Ho incontrato molte persone
intelligenti che continuano a dire stupidaggini sulla meditazione. E’ venuto da me un uomo
di Delhi, è un altro funzionario del governo; era venuto qui solo con lo scopo di imparare la
meditazione. Era venuto da Delhi, e rimase qui sette giorni. Gli dissi di andare alla classe
di meditazione al mattino sulla spiaggia di Chowpatty, a Bombay ma lui obiettò: “Ma è
difficile, non posso alzarmi così presto”. E non si sognò neppure di riflettere su ciò che la
mente gli aveva detto. E’ così difficile farlo? Ora lo sai, quindi l’esercizio può essere
semplice, ma la tua mente non è così semplice; dice: “Come faccio ad alzarmi alle sei di
mattina?”. Mi trovavo in una grande città, e il sindaco venne a trovarmi alle undici di sera.
Stavo per andare a letto, quando arrivò lui e mi disse: “No! E’ urgente. Sono molto turbato.
E’ una questione di vita o di morte. Ti prego, concedimi almeno mezz’ora. Insegnami la
meditazione, altrimenti potrei suicidarmi. Sono veramente molto turbato. E sono così
frustato che qualcosa deve accadere nel mio mondo interiore. Il mio mondo esteriore è
completamente in frantumi”. Gli dissi: “Vieni domattina alle cinque”. Lui rispose: “Non
posso”. E’ una questione di vita o di morte, ma non può alzarsi alle cinque. Disse: “Non
posso. Non mi alzo mai così presto”. “Va bene” gli dissi, “allora vieni alle dieci”. Lui
rispose: “Anche questo sarà difficile perché alle dieci e mezza devo essere in ufficio”. Non
può prendersi una giornata di riposo, ed è una questione di vita o di morte. Perciò gli dissi:
“Ma si tratta della tua vita e della tua morte, o della mia? Di chi?”. E non era un uomo
stupido, era abbastanza intelligente. Questi trucchi erano molto intelligenti. Perciò non
pensare che la tua mente non stia tentando gli stessi trucchi. E’ molto intelligente, e poiché
tu pensi che si tratti della tua mente, non la metti mai in dubbio: non è tua, è solo un
prodotto sociale. Non è tua! Ti è stata data, ti è stata forzata addosso. Ti è stato insegnato
e sei stato condizionato in un certo modo. Fin dalla prima infanzia la tua mente è stata
creata da altri: dai genitori, dalla società, dagli insegnanti. E’ il passato a crearla, a
influenzarla. Il passato forza continuamente se stesso sul vivente. Gli insegnanti sono solo
gli agenti, gli agenti di ciò che è morto contro ciò che è vivente. Continuano a forzare cose
nella tua mente. Ma tu sei talmente intimo con la tua mente, la distanza è così minima, che
ti identifichi con essa. Dici: “Sono un hindu”. Pensaci su; riconsidera la cosa. Tu non sei un
hindu: ti è solo stata data una mente hindu. Sei nato solo come un essere semplice e
innocente, non come un hindu, non come un musulmano, ma ti è stata data una mente
musulmana, una mente hindu. Tu sei stato forzato, inquadrato, imprigionato in una
particolare condizione, e poi la vita continua ad accumulare cose su questa mente, che
diventa pesante, grava su di te. Non puoi fare niente; la mente comincia a forzare il suo
modo di essere su di te; le tue esperienze si accumulano nella mente. Il tuo passato
condiziona costantemente ogni tuo momento presente. Se io ti dico qualcosa, tu non ci
penserai in modo fresco, aperto: la tua vecchia mente, il tuo passato, si metteranno subito
in mezzo e cominceranno a parlare e chiacchierare pro o contro. Ricorda, la tua mente
non è tua, il tuo corpo non è tuo: viene dai tuoi genitori; e neppure la mente ti appartiene,
anch’essa viene dai tuoi genitori. Chi sei tu? O ci si identifica con il corpo, oppure con la
mente. Tu pensi de essere giovane, pensi di essere vecchio, pensi di essere hindu, pensi
de essere gianista, pensi di essere parsi. Non lo sei! Tu sei nato come pura
consapevolezza. Tutte queste non sono che prigioni. Queste tecniche che ti sembrano
così semplice non lo saranno, perché questa mente creerà costantemente molti problemi
e complicazioni. Proprio alcuni giorni fa è venuto da me un uomo che mi ha chiesto: “Sto
provando il tuo metodo di meditazione, ma dimmi, in quale testo sacro è insegnato? Se
riesci a convincermi che è insegnato nel testo sacro della mia religione, per me sarà più
facile praticarlo”. Ma perché dovrebbe riuscirgli più facile se fosse scritto in un testo sacro?
Perché in quel caso la mente non creerebbe alcun problema. La mente direbbe: “Va bene!
Questo ci appartiene, perciò fallo pure”. Se non è scritto in alcun testo sacro, la mente
direbbe: “Ma che cosa stai facendo?”. La mente si oppone. Ho chiesto a quell’uomo: “E’
da tre mesi che stai praticando questo metodo. Come ti senti?” Lui ha risposto:
“Meravigliosamente. Mi sento meravigliosamente bene. Ma dimmi… dammi qualche fonte
scritturale”. Ciò che sente non è affatto una fonte autorevole. Lui dice: “Mi sento
meravigliosamente bene. Sono diventato più silenzioso, più tranquillo, più amorevole. Mi
sento proprio meravigliosamente bene”. Ma la sua esperienza non è la fonte autorevole.
La mente richiede una fonte autorevole del passato. Gli ho detto:”Non è scritto da nessuna
parte nei tuoi testi sacri. Anzi, nei testi sacri sono scritte molte parole contro questa
tecnica”. Il suo volto si è rattristato, e poi ha replicato: “Allora sarà difficile per me
praticarla, continuare a farla”. Perché la sua esperienza non ha valore? Il passato – il
condizionamento, la mente – ti plasmano e distruggono il tuo presente costantemente.
Perciò ricorda, e sii consapevole. Sii scettico e dubita della tua mente. Non fare
affidamento su di essa, e solo se riuscirai a conseguire questa maturità che consiste nel
non fidarsi della tua mente, queste tecniche saranno realmente semplici, utili, funzionali.
Faranno miracoli; possono fare miracoli. Queste tecniche, questi metodi non possono
assolutamente essere compresi intellettualmente. Io sto tentando l’impossibile, ma allora
perché lo faccio? Se non possono essere compresi intellettualmente, perché te ne parlo?
Non possono essere compresi intellettualmente, ma non c’è nessun altro modo di renderti
consapevole di certe tecniche che possono cambiare totalmente la tua vita. Puoi capire
solo l’intelletto, e questo è un problema. Non puoi capire nient’altro: puoi capire solo
l’intelletto. E queste tecniche non possono essere comprese intellettualmente. Perciò
come comunicare? O acquisti la capacità di capire senza disturbare l’intelletto, o si deve
trovare qualche metodo per rendere intellettualmente comprensibili queste tecniche. La
seconda cosa non è possibile, ma è possibile la prima. Dovrai cominciare in modo
intellettuale, ma senza sviluppare un attaccamento all’intelletto. Quando dico: “Fa’”, prova
a fare. Se qualcosa comincia ad accadere dentro di tu, sarai in grado di gettare in disparte
il tuo intelletto, e di raggiungermi direttamente senza l’intelletto, senza alcuno sforzo,
senza il mediatore. Ma comincia a fare qualcosa. Possiamo andare avanti a parlare per
anni e anni, la tua mente può essere farcita di molte nozioni, ma ciò non sarà di aiuto.
Anzi, potrebbe nuocerti perché cominceresti a sapere molte cose, e se sai molte cose, ti
confondi. Non è bene sapere molte cose. E’ bene sapere poco e praticarlo. Una tecnica
sola può essere d’aiuto: qualcosa che viene fatto è sempre d’aiuto. Che difficoltà c’è nel
farlo? In profondità, da qualche parte dentro di te, c’è paura. La paura è che, se pratichi la
tecnica, qualcosa può smettere di accadere – quella è la paura. Può sembrare
paradossale, ma ho incontrato un’infinità di persone che credono di voler cambiare.
Dicono di aver bisogno della meditazione; ricercano una profonda trasformazione, ma, nel
profondo, anche spaventate. Sono duplici, doppie; hanno due menti. Continuano a
chiedere cosa fare senza agire mai. Perché continuano a domandare? Solo per ingannare
se stessi e sul fatto di essere veramente interessante alla trasformazione. Ecco perché
chiedono. Questo dà loro una facciata, l’apparenza di essere sinceramente interessante a
cambiare se stesse. Ecco perché domandano, vanno da questo o da quel guru, trovano,
provano, ma non fanno mai niente: nel profondo hanno paura. Erich Fromm ha scritto un
libro, La paura della libertà. Il titolo sembra contraddittorio. Ognuno pensa di amare la
libertà, ognuno pensa di cercare la libertà – in questo mondo e anche in “quel mondo”.
“Vogliamo moksha, liberazione: vogliamo liberarci da tutte le limitazioni, da tutte le
schiavitù. Vogliamo essere totalmente liberi” dicono. Ma Erich Fromm sostiene che l’uomo
ha paura della libertà. Noi vogliamo la libertà, continuiamo a dire che la vogliamo,
continuiamo a convincere noi stessi di volerla, ma nel profondo ne abbiamo paura. Non la
vogliamo! Perché? Perché c’è questa dualità? La libertà crea paura, e la meditazione è la
più profonda libertà possibile. Non vieni liberato solo dalle limitazioni esteriori, ma anche
dalla schiavitù interiore, dalla mente stessa, la base della schiavitù. Vieni liberato
dall’interno passato. Nel momento in cui sei in uno stato di nonmente, il passato
scompare: hai trasceso la storia. Ora non c’è più società, religione, scrittura, tradizione,
perché tutte queste cose hanno la loro dimora nella mente. Ora non c’è più passato né
futuro, perché passato e futuro sono parte della mente, della memoria e
dell’immaginazione. In questo caso sei qui e ora nel presente. Adesso non ci sarà più
futuro. Ci sarà solo ora e ora e ora – un eterno ora. Allora sei completamente liberato,
trascendi tutte le tradizioni, tutta la storia, il corpo, la mente, ogni cosa. Si diventa liberi
dalla paura. Una libertà assoluta? Allora tu dove sarai? Puoi forse esistere in una libertà
tale? Puoi forse avere il tuo piccolo “io”, il tuo ego in una libertà tale, in una vastità tale?
Puoi forse dire: “Io sono”? Puoi dire: “Io sono la schiavitù” Perché sei in grado di
conoscere i tuoi limiti. Quando non c’è più schiavitù, non ci sono più limiti. Tu diventi solo
uno stato, niente di più: assoluto nulla, vuoto. Questo crea paura, perciò si continua a
parlare di meditazione, di come va praticata, e si continua a non farla. Tutte le domande
sorgono da questa paura; sentila. Se la conosci, scomparirà. Se non la conosci,
continuerà. Sei pronto a morire in senso spirituale? Sei pronto a non essere? Quando
qualcuno andava dal Buddha, lui gli diceva: “Questa è la verità fondamentale: tu non
esisti. E dato che non esisti, non puoi morire, non puoi nascere; e dato che non esisti, non
puoi soffrire, non puoi essere schiavo. Sei pronto ad accettare tutto questo?”. Il Buddha
chiederebbe: “Sei pronto ad accettarlo? Se non lo sei, per adesso non provare alcuna
meditazione. Prima cerca di scoprire se esisti realmente oppure no. Prima medita su
questo. Esiste un sé? Esiste una qualche sostanza dentro di te, o sei solo una
combinazione? Se hai intenzione di scoprirlo, troverai che il tuo corpo è una
combinazione: qualcosa è venuto da tua madre, qualcosa è venuto da tuo padre, e tutto il
resto è venuto dal cibo. Questo è il tuo corpo. Tu non sei in questo corpo, non c’è un sé.
Contempla la mente: qualcosa è venuto da qui, qualcosa da là. La mente non ha niente
che sia originale, è solamente un’accumulazione. Cerca di scoprire se vi sia sé nella
mente. Se vai in profondità, troverai che la tua identità è proprio come una cipolla. La peli
di uno strato e ne appare un altro, peli l’altro strato e ne appare ancora un altro. Continui a
pelare strati, e alla fine arrivi al nulla. Tolti tutti gli strati, non c’è niente dentro. Il corpo e la
mente sono come cipolle: quando li hai pelati via, arrivi a incontrare il nulla, un abisso, un
vuoto senza fondo. Il Buddha lo chiamò shunya. L’incontro con questo shunya, l’incontro
con questo vuoto genera paura. Questa paura esiste: ecco perché non facciamo mai
meditazione. Ne parliamo, ma non facciamo mai niente. Questa paura esiste. Nel
profondo tu sai che c’è un vuoto, ma non puoi fuggire da questa paura. Qualsiasi cosa tu
faccia, la paura rimarrà, a meno che non la affronti: quello è l’unico modo. Una volta
incontrato il tuo nulla, una volta che sai che dentro sei come uno spazio vuoto, shunya, la
paura scomparirà, Non ci può essere paura, perché questo shunya, questo vuoto, non può
essere distrutto. Questo vuoto non morirà. Ciò che era destinato a morire non esiste più,
non era nient’altro che gli strati di una cipolla. Ecco perché, molte volte, in profonda
meditazione, quando si arriva vicini a questo nulla, ci si spaventa e si comincia a tremare.
Ci si sente morire, si vuol fuggire questo nulla e ritornare nel mondo. E molti ritornano; poi
non si volgono mai più dentro di sé. E secondo me ognuno di voi, in una vita o nell’altra,
ha provato una qualche tecnica di meditazione. Siete arrivati vicini al nulla, poi la paura vi
ha afferrato e siete fuggiti. E quel ricordo è lì, radicato nella vostra memoria passata:
questo diventa l’ostacolo. Ogni volta che pensate di provare la meditazione, quel ricordo
passato radicato nella vostra mente inconscia vi turba di nuovo e vi dice: “Continua a
pensarci; non farlo. L’hai già fatto una volta”. E’ difficile trovare un uomo – e io ha scrutato
l’animo di molti uomini – che, una volta o l’altra, non abbia provato la meditazione in
qualche vita. Il ricordo c’è, ma non ne sei cosciente, non sei consapevole di dove sia: è
presente. Ogni volta che cominci a fare qualcosa, si presentano ostacoli che cominciano a
fermarti in molti modi. Perciò, se sei realmente interessato alla meditazione, investiga sulla
paura che ne hai. Sii sincero: hai paura? Se hai paura bisogna fare qualcosa rispetto alla
tua paura, non rispetto alla meditazione. Il Buddha era solito provare molti espedienti. A
volte qualcuno gli diceva: “Ho paura a provare la meditazione”. E questo è essenziale: il
Maestro deve sapere che tu hai paura. Non puoi ingannare il Maestro… e non ce n’è
bisogno, è come se ingannassi te stesso. Perciò, quando qualcuno diceva: “Ho paura
della meditazione”, il Buddha rispondeva: “Stai soddisfacendo il primo requisito”. Se tu in
prima persona ammetti di avere paura della meditazione, si può fare qualcosa, perché hai
portato alla luce una cosa profonda. Dunque, che cos’è la paura? Meditaci sopra. Và e
scopri da dove viene, qual è la fonte. Ogni paura è fondamentalmente orientata verso la
morte. Qualunque sia la sua forma, la sua modalità, qualunque sia il suo aspetto, il suo
nome, ogni paura è orientata verso la morte. Se vai in profondità, scoprirai di aver paura
della morte. Se qualcuno andava dal Buddha e diceva: “Ho paura della morte, l’ho
scoperto”, il Buddha rispondeva: “Vai al ghat, vai al cimitero, e medita su una pira
funeraria. Di gente ne muore ogni giorno: verranno cremati. Rimani lì al marghat, il
cimitero, e medita sulla pira funeraria. Quando i familiari se ne saranno andati, tu rimani li.
Osserva semplicemente il fuoco, il corpo che arde. Quando tutto sta diventando fumo, tu
osserva profondamente. Non pensare: medita semplicemente su tutto ciò per tre mesi, sei
mesi, nove mesi. “Quando per te diventerà una certezza che non si può sfuggire alla
morte, quando sarai assolutamente certo che la vita implica la morte, che la morte è
necessaria alla vita, che ci sarà la morte, che non c’è via di scampo e che ci sei già dentro,
solo allora torna da me”. Dopo aver meditato sulla morte, dopo aver visto ogni giorno,
notte e giorno, corpi senza vita che vengono cremati, dissolti in cenere – rimane solo fumo
e poi scompare – dopo aver meditato per mesi interi, sorgerà una certezza: la certezza
che la morte è inevitabile; in realtà è l’unica certezza, l’unica cosa certa nella vita è la
morte. Tutto il resto è incerto: può essere o può anche non essere, ma della morte non
puoi dire che può essere o può anche non essere: è, ci sarà, è già accaduta. Nel momento
in cui sei entrato nella vita, sei entrato nella morte. Adesso non si può fare più niente.
Quando la morte è certa, la paura scompare. La paura riguarda sempre cose che possono
essere cambiate. Se la morte è inevitabile, la paura scompare. Se sei in grado di
cambiare, di fare qualcosa riguardo alla morte, la paura rimane. Se nulla può essere fatto,
se ci sei già dentro, è assolutamente certo che la paura scompaia. E quando accade, il
Buddha ti permetterà di meditare. Ti dirà: “Ora puoi meditare”. Perciò addentrati anche tu
nella mente; ascoltare queste tecniche ti sarà d’aiuto solo quando le tue barriere interiori
saranno spezzate, quando le tue paure interiori spariranno e tu sarai certo che la morte è
la realtà. Perciò se muori in meditazione, la paura non esiste – la morte è certa. Anche se
la morte accadesse durante la meditazione, non ci sarebbe la paura. Solo allora potresti
muoverti, e potresti muoverti come un razzo perché non ci sarebbero ostacoli. Non è la
distanza a richiedere tempo, ma le tue barriere. Puoi muoverti in questo istante se non ce
ne sono. Sei ancora fermo a causa della barriera. E’ una corsa a ostacoli, e tu continui ad
aggiungere sempre di più. Ti senti bene quando ne superi uno. Ti senti bene perché ora lo
hai superato. E l’idiozia, la stupidità di tutto ciò sta nel fatto che sei stato tu a mettere
l’ostacolo, prima non c’era mai stato. Tu continui a piazzare ostacoli, a saltarli, quindi a
sentirti bene; poi continui a porre nuovi ostacoli, e a saltare. Ti muovi in un circolo e mai,
mai raggiungi il centro. La mente crea ostacoli perché ha paura. Ti darà molte spiegazioni
sul perché non fai meditazione. Non crederle. Vai in profondità, scopri la causa che sta
alla base. Perché una persona continua a parlare di cibo, e malgrado ciò non mangia mai?
Qual è il problema? Sembra pazza! Un altro continua a parlare d’amore e non ama mai,
un altro continua a parlare di qualcos’altro senza fare mai niente. Questo parlare diventa
ossessivo, diventa compulsivo. Si continua; si pensa che il dire sia come il fare. Se parli, ti
sembra di fare qualcosa, perciò ti senti a tuo agio. Fai qualcosa: quanto meno parli,
quanto meno leggi, quanto meno ascolti. Questo non è fare. Questo è ingannevole. Non
cadere nell’inganno. Io parlerò di questi centododici metodi, non per nutrire la tua mente,
non per renderti più istruito, non per renderti meglio informato. No sto cercando di farti
diventare un pandit. Sto parlando per darti una tecnica che ti possa cambiare la vita.
Perciò, qualunque sia il metodo che ti attrae, non cominciare a parlarne: fallo! Non parlare
e fallo. La mente solleverà molte domande. Indaga a fondo prima di chiedere a me. Indaga
a fondo se quelle domande sono veramente importanti o se è solo la mente che ti sta
ingannando. Fai, poi chiedi. Allora le tue domande diventano pratiche. E io so quale
domanda è stata fatto dopo aver praticato e quale è stata fatta solo per curiosità, solo con
l’intelletto. Perciò, gradualmente, non risponderò affatto alle domande intellettuali. Fa
qualcosa, allora le tue domande avranno significato. Dopo aver praticato non farai
domande in cui sostieni: “Questo esercizio è molto semplice”. Non è così semplice. Alla
fine devo ripeterlo: tu sei già la verità. E’ necessario solo un certo risveglio. Non devi
andare da nessun’altra parte; devi andare dentro te stesso e puoi farlo in questo preciso
istante: se riesci a mettere da parte la mente, ci entri qui e ora. Queste tecniche servono a
mettere da parte la mente. Queste tecniche in realtà non servono a meditare: servono a
mettere da parte la mente. Una volta che la mente non c’è più, tu sei ! Penso che questo
basti per oggi, addirittura che sia più che sufficiente.
Osho, il libro dei segreti. pp 32- 47
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