domenica 14 novembre 2021

Addio Marco Cosmo

Signore,

fai che io possa essere umile come un fiore

ma insegnami ad amare allo stesso modo di un albero, in modo puro

Fa che io possa come un albero attingere il mio amore dal cielo

per poi diffonderlo intorno a me

e quando non ci sarò più

possa il mio tronco sciogliersi nella pioggia,

per nutrire una piccola zolla di terra. 

 

(Marco Cosmo)

mercoledì 7 luglio 2021

Il robot prima o poi tenterà di diventare il padrone - Osho

Prima domanda: “La repressione è diventata una reazione talmente automatica nei nostri corpi e nelle nostre menti, che non siamo nemmeno più in grado di riconoscerla o desiderosi di cambiarla. Come possiamo imparare a distinguere tra un’immagine falsa e una autentica di noi stessi?”.

 

Vanno capite molte cose. La prima: tutti i tuoi volti sono falsi; non hai nessun volto autentico. Per questo sorge la domanda su che cosa è falso e cosa è reale. Se tu possedessi il reale, sapresti di cosa si tratta e la domanda non sorgerebbe mai; invece hai solo volti falsi, irreali, per cui non hai alcun metro di paragone. La tua difficoltà è che non conosci il reale. Non lo hai mai visto, né lo puoi vedere con facilità. È necessario un grande sforzo per scoprirlo.

Nello Zen si dice che il reale è il volto originario, quello che avevi prima di nascere e che tornerai ad avere dopo la tua morte. Ciò che si vuol dire è che tutti i volti della vita, della cosiddetta vita, sono falsi. Come scoprire cos’è il volto originale? Dovrai tornare indietro, prima della tua nascita. Questo è l’unico modo per trovare il volto originale, perché nell’istante in cui sei nato hai iniziato a essere falso.

È accaduto perché il falso paga; quando il bambino nasce, comincia subito a essere un politico. Nell’istante in cui entra in rapporto con il mondo, i genitori e la famiglia è un politico. Adesso dovrà preoccuparsi dei suoi volti. Il suo sorriso sarà una forma di corruzione. Proverà a capire in quale modo dovrebbe comportarsi per farsi accettare di più, amare di più, per essere più apprezzato. Prima o poi il bambino comincerà a capire cosa è condannato dai genitori e dalla famiglia e comincerà a reprimerlo. A quel punto il falso avrà fatto il suo ingresso.

Tutti i tuoi volti sono falsi. Non provare a trovare il volto originale tra quelli che hai adesso: sono tutti falsi allo stesso modo. Li indossi perché sono utili, ma non sono autentici. E l’inganno più profondo è questo: ogni volta che ti accorgi di indossare maschere false, ne crei un’altra credendo che sia il tuo volto originale.

Ad esempio, una persona che vive una vita normale, nel mondo normale, in una famiglia facoltosa, capisce che tutta la sua vita è falsa e decide di abbandonarla. Diventa un sannyasin, un ricercatore del vero e lascia il mondo, pensando di aver trovato il volto originale. Ma la sua è sempre una maschera. È stata indossata come reazione alle altre maschere, e tramite una reazione non si può mai raggiungere il reale. Reagendo a una maschera, creerai un’altra maschera. Cosa si può fare allora?

Il reale non è qualcosa che si deve raggiungere. Il falso si raggiunge. Il reale non si realizza, non si coltiva, si scopre. Esiste già! Non devi sforzarti di conquistarlo, perché qualsiasi sforzo creerà solo un’altra maschera. La maschera richiede uno sforzo, il volto originale non richiede nulla. Esiste già. Se semplicemente smetti di aggrapparti alle maschere, ciò che è falso cadrà e resterà solo ciò che è reale. Quando non avrai più nulla da lasciar cadere e resterà solo ciò che non può essere lasciato cadere, saprai cosa è reale.

La meditazione è il modo per lasciar cadere le maschere, i volti falsi. Per questo si insiste tanto sull’essere senza pensieri — perché senza pensieri non è possibile creare una maschera. In uno stato di consapevolezza libera da pensieri, sarai autentico, perché fondamentalmente è il pensiero che crea le maschere. Quando non c’è il pensiero, non ci può essere un volto. Sei senza volto, o con il volto originale, il che è lo stesso.

Quindi sii consapevole dei tuoi pensieri. Non lottare contro di loro, non reprimerli. Sii semplicemente consapevole. I pensieri sono come nuvole nel cielo, che tu osservi senza alcun pregiudizio pro o contro. Se sei contro, stai lottando e quella lotta creerà nuovi pensieri. Se sei favorevole, ti dimenticherai di te stesso e verrai trasportato dalla corrente dei pensieri. Non sarai presente in quanto testimone cosciente. Se sei a favore, partecipi al processo di pensiero; se sei contro, per reazione, creerai un altro processo di pensiero.

Per cui non essere pro o contro. Lascia che i pensieri si muovano, lasciali andare per conto loro, ovunque stiano andando, sii in accettazione profonda, resta un semplice testimone. Sii un testimone di tutto ciò che scorre. Non giudicare; non dire che questo è buono e quello cattivo. Se arriva un pensiero sull’Essere Divino, non dire: “Che bello!”. Nell’istante in cui lo dici ti identifichi e sostieni quel processo di pensieri. Li aiuti, dai loro energia, li nutri. E se li nutri, non potrai mai abbandonarli.

Oppure, se affiora un pensiero sessuale, non dire: “Questo è peccato, non va bene”, perché dicendo “Questo è peccato”, hai creato un’altra serie di pensieri. Il sesso è pensiero, il peccato è pensiero, Dio è pensiero. Non essere pro o contro. Limitati a osservare con occhio libero da pregiudizi, resta indifferente: un testimone imparziale.

Ci vorrà tempo, perché la tua mente è troppo occupata dal sapere, per questo risulta molto difficile essere un testimone. Nell’istante in cui vediamo qualcosa, giudichiamo subito, senza nemmeno un istante di pausa. Quando vedi un fiore dici subito: “È bellissimo”. Per te vedere è interpretare.

Dovrai essere costantemente all’erta per liberarti di questa attitudine meccanica a giudicare. Vedi un volto e subito pensi: bello, brutto, cattivo e chissà cos’altro. Questi giudizi hanno messo radici tanto profonde, che non siamo più capaci di vedere e basta. La mente fa capolino immediatamente; la visione diventa interpretazione. È interpretazione! Non interpretare. Limitati a vedere.

Siediti in modo da stare comodo e rilassato oppure sdraiati: chiudi gli occhi e lascia che i pensieri scorrano. Se dici: “Male!”, condanni e cominci a reprimere; in questo caso, non lasci i pensieri liberi di andare dove vogliono. Per questo i sogni sono così necessari: tutto ciò che reprimi durante il giorno va espresso durante la notte. Ciò che è represso obbliga a un’espressione, ha bisogno di esprimersi. Per cui sognerai tutto ciò che reprimi. I sogni sono catartici.

Adesso moderne ricerche sul sonno confermano che, se vieni privato del sonno, non ne risulterà un gran male, ma non puoi essere privato dei sogni. La vecchia idea che il sonno è indispensabile si è rivelata falsa. Non il sonno, ma i sogni sono indispensabili: il sonno è necessario solo perché senza sonno non puoi sognare.

I ricercatori hanno sviluppato tecniche grazie alle quali si può stabilire dall’esterno se stai sognando o stai semplicemente dormendo. Se stai semplicemente dormendo, il tuo sonno verrà disturbato per tutta la durata della notte; se stai sognando, non ti verrà fatto nulla. È risultato che disturbando il sonno senza sogni non succede nulla, se però viene disturbato il tuo sonno mentre stai sognando e vieni lasciato in pace solo quando dormi senza sognare, in capo a tre giorni comincerai a sentirti preso da vertigini, e dopo sette sarai profondamente a disagio. Il corpo e la mente si sentiranno male. In tre settimane ti sembrerà di impazzire.

Cosa accade? Il fatto è che i sogni sono catartici. Se per tutto il giorno reprimi e non dai espressione al tuo Sé, le repressioni si accumuleranno in te e l’accumularsi delle repressioni è follia.

In meditazione non devi reprimere alcun pensiero. È difficile, perché tutta la tua mente è fatta di pensieri, giudizi, teorie, “ismi”, religioni e culti. Per cui chi è ossessionato profondamente da qualche idea, religione o filosofia, non può entrare veramente in meditazione; la sua ossessione sarà la sua barriera. Quindi, se sei cristiano, indù o giainista, ti sarà difficile entrare in meditazione, perché la tua filosofia ti dirà sempre: “Questo” è buono e “quello” non è buono; “questo” va represso e “quello” va espresso.

Tutte le filosofie, le religioni e le ideologie sono repressive, perché danno delle interpretazioni. Non permettono di vedere la vita per quello che è, impongono un’interpretazione.

Chi volesse addentrarsi profondamente in meditazione deve essere consapevole dell’assurdità delle ideologie. Sii un semplice uomo, senza filosofie, senza idee verso la vita. Sii un ricercatore, qualcuno alla ricerca, qualcuno che si interroga profondamente per sapere cosa sia la vita. Non imporre nessuna ideologia sopra e su di essa e diventerà molto facile entrare in meditazione.

Per questo, il più grande meditatore che il mondo abbia mai conosciuto, Gautama il Buddha, insisteva che nessuna ideologia, filosofia o idea sulla vita è necessaria. Se Dio esista o meno, se Moksha, la liberazione, esista o meno, se la tua anima sia immortale o meno, sono questioni irrilevanti.

Il Buddha era fortemente contrario alla filosofia non perché lui fosse contro la filosofia, ma perché così poteva aiutare un meditatore a saltare nell’ignoto. Filosofia vuol dire sapere qualcosa dell’ignoto senza conoscerlo. Non è altro che un insieme di pregiudizi, ipotesi, opinioni inventate dall’uomo.

Questo va ricordato come una cosa essenziale: non giudicare; lascia che la mente fluisca con facilità, senza intoppi, come se fosse un fiume. Siediti semplicemente su una sponda e sta’ a guardare, mantenendo lo sguardo puro, libero da qualsiasi interpretazione. Prima o poi, quando l’acqua sarà passata e le idee represse se ne saranno andate, scoprirai che arrivano gli intervalli. Un pensiero se ne va e prima che ne arrivi un altro, c’è una pausa, un intervallo. In quell’intervallo, accade il nulla. In quell’intervallo, avrai la prima intuizione del tuo volto originale.

Quando non c’è pensiero, non c’è società. Quando non c’è pensiero, non c’è l’“altro”. Quando non ci sono né l’altro, né la società, non hai bisogno di avere alcun volto. L’assenza di pensieri è l’assenza di volti. In quell’intervallo, quando un pensiero se n’è andato e un altro non è ancora venuto, conoscerai per la prima volta qual è il tuo volto, il volto che avevi prima di nascere e che tornerai ad avere dopo la morte.

Durante la vita, tutti i volti sono falsi. E una volta che hai conosciuto il volto originale, una volta che hai avuto sentore di quella che i buddisti chiamano Buddha Swabhawa, la natura del Buddha interiore, quando arrivi a percepire questa natura interiore anche solo per una volta, anche solo con uno sguardo, sarai una persona diversa, perché adesso la conoscenza di cosa sia falso e cosa sia autentico ti accompagnerà costantemente. A quel punto possiederai la chiave. A quel punto sarai in grado di fare paragoni, senza più bisogno di chiedere cos’è reale e cosa no. La domanda sorge solo perché tu non sai cos’è reale e tutto ciò che conosci è irreale.

Solo attraverso la meditazione sarai in grado di sapere quali sono le immagini false e qual è il tuo volto originario, autentico. Ma, naturalmente, la mente funziona in modo automatico, e tutto ciò che fai è diventato meccanico. È difficile spezzare questa abitudine.

La prima cosa da capire è che la meccanicità è una necessità della vita e il tuo corpo ha un meccanismo interiore. Colin Wilson ha detto che dentro di te hai un automa, il “robot interiore”. Ogni volta che hai imparato qualcosa, le tue conoscenze passano a questo robot. Puoi chiamarla memoria, puoi chiamarla mente, o in qualsiasi altro modo, ma la parola “automa” è efficace perché si tratta di qualcosa di assolutamente automatico. Funziona per conto proprio.

Mentre stai imparando a guidare, devi stare attento, all’erta, devi essere presente. È pericoloso. Non sai guidare e potrebbe succedere di tutto, per cui dovrai stare all’erta. Per questo imparare è così faticoso, perché bisogna stare costantemente all’erta. Quando avrai imparato a guidare, quelle nozioni passeranno alla parte meccanica della tua mente — all’automa, al robot — e tu potrai fumare, cantare, ascoltare la radio, chiacchierare con gli amici o addirittura fare l’amore con la tua ragazza. Puoi fare di tutto, mentre la parte meccanica della tua mente guida.

Tu non sei più necessario, sei sollevato dal peso. Il robot farà tutto. Non dovrai nemmeno ricordarti dove girare, non è necessario; il robot saprà dove girare, dove fermarsi e dove non fermarsi, cosa fare e cosa non fare. Quel lavoro non richiede più la tua presenza, l’automa lo ha preso in carico.

Solo se dovesse succedere qualcosa di improvviso, per la quale il robot non è stato programmato, solo allora saresti necessario. Improvvisamente avverrebbe una scossa nel tuo corpo e il robot verrebbe sostituito da te. Puoi sentire quel sussulto. Quando senti che sta per succedere un incidente, avviene un sussulto dentro di te e il robot si sposta, cedendoti il posto. Adesso sei tu che stai guidando. Ma quando l’incidente sarà stato evitato, di nuovo il robot prenderà in mano le cose. Ti rilasserai e il robot guiderà.

Il robot è indispensabile, perché nella vita le cose da fare sono tantissime. Se non ci fosse un robot, non riusciresti a farle. Un robot è necessario, è indispensabile.

Io non sono contro il robot. Passa pure al robot tutto ciò che hai imparato, ma restane il padrone. Non permettere al robot di diventare il padrone. Il problema è che il robot, prima o poi, tenterà di diventare il padrone, perché è più efficiente; ti dirà: “Ritirati completamente, non c’è bisogno di te. Io posso fare le stesse cose meglio”.

Tu devi restare il padrone. E cosa puoi fare per restare il padrone del robot? Una cosa sola: qualche volta, quando non c’è nessun pericolo, prendi le redini in mano. Ogni tanto, quando nulla lo ostacola, riprendi in mano il gioco! Di’ al robot di rilassarsi, prendi posto sulla sedia e guida la macchina. Non ci deve essere alcun pericolo, perché in tal caso andresti di nuovo in automatico: un sussulto e il robot ti passa la guida.

Stai guidando... all’improvviso, senza alcuna necessità reale, di’ al robot di rilassarsi, sistemati sul sedile e governa tu la macchina. Oppure, mentre cammini, di’ improvvisamente al robot: “Adesso cammino consapevolmente. L’automa non è necessario. Io sono al posto di comando e guiderò consapevolmente il corpo”. Mentre mi ascolti, è la tua parte meccanica che mi ascolta. Dagli una scossa improvvisa; non permettere alla mente di intromettersi. Ascoltami direttamente e consapevolmente.

Cosa intendo con “Ascoltami consapevolmente?”. Quando mi ascolti in modo inconsapevole, sei totalmente concentrato su di me e ti dimentichi totalmente di te stesso. Io esisto, chi parla esiste, ma chi ascolta è inconscio. Non sei consapevole di te stesso, in quanto ascoltatore. Quando dico: “Prendi le redini in mano”, voglio dire che devi essere consapevole di due cose: di chi parla e di chi ascolta. E se sei consapevole delle due cose, di chi parla e di chi ascolta, sei diventato la terza cosa, il testimone.

È il testimone che ti aiuterà a restare il padrone. E se tu sei il padrone, il tuo robot non può disturbare la tua vita. Ora come ora, è un grosso disturbo per la tua vita. Tutta la tua vita è sottosopra a causa sua. È così utile ed efficiente, che si prende tutto sulle sue spalle, anche ciò che non dovrebbe.

Quando ti innamori, all’inizio è bellissimo perché il robot non si è ancora intromesso. Stai imparando; sei vivo, sveglio, consapevole: l’amore ha una sua bellezza. Ma prima o poi il robot prenderà il sopravvento. Tu diventerai un marito o una moglie e avrai delegato tutto al robot.

Allora, quando dirai a tua moglie: “’Ti amo”, non sarai tu a parlare, ma il robot, il giradischi. Si tratta di una cosa registrata. La suoni in continuazione e tua moglie lo saprà, perché ogni volta che dici “Ti amo”, non significhi niente. E quando tua moglie a sua volta ti dirà: “Ti amo”, saprai che quella frase non ha alcuna sostanza, perché una frase uscita da un giradischi è solo rumore senza senso: non presuppone alcun significato.

A quel punto vorrai fare di tutto, senza che tu riesca a fare nulla. Perfino l’amore diventa un peso da cui si vuole fuggire. Attualmente tutti i tuoi sentimenti e le tue relazioni sono governate dal robot. Per questo qualche volta tu insisti nel non fare determinate cose e il robot insiste nel farle, perché così è stato programmato. E puntualmente tu vieni sconfitto e il robot vince.

Dire: “Io non mi arrabbierò mai più” non ha senso, perché l’addestramento del robot dura da talmente tanto tempo che una semplice frase della mente non può avere alcun effetto. Il suo addestramento è più tenace. Per cui, la prossima volta che qualcuno ti insulta, aver deciso di non arrabbiarsi più non servirà a niente. Il robot entrerà in funzione automaticamente e farà tutto ciò che è abituato a fare. Solo in seguito, quando il robot avrà reagito, avverrà il pentimento.

Ma il problema è questo: anche il tuo pentimento è opera del robot, perché è così che hai sempre fatto, dopo esserti arrabbiato, ti penti. Il robot ha appreso anche questo trucco: pentirsi e poi rifare le stesse cose!

Per questo molte volte hai la sensazione di agire, parlare, comportarti contro la tua volontà. Cosa vuol dire l’espressione: “tuo malgrado”? Vuol dire che dentro di te c’è qualcun altro in grado di agire e fare qualsiasi cosa, senza che tu lo voglia. E chi è costui? Il robot!

Che fare? Non giurare che non ti arrabbierai mai più: non arriveresti da nessuna parte, se non alla tua sconfitta. Piuttosto, al contrario, qualsiasi cosa tu stia facendo, falla consapevolmente. Togli l’incarico al robot, fallo con una cosa comune. Mentre mangi, mangia consapevolmente. Non farlo meccanicamente come hai fatto finora. Mentre fumi, fuma consapevolmente. Non lasciare che la tua mano prenda il pacchetto e tiri fuori la sigaretta inconsapevolmente. Sii consapevole, attento, all’erta e noterai la differenza.

Posso sollevare la mano meccanicamente, senza alcuna consapevolezza. Oppure, posso sollevarla lasciando fluire in essa tutta la mia consapevolezza. Provalo! Sentirai la differenza. Quando sei consapevole, la tua mano si alzerà silenziosamente e lentamente e la sentirai ricolma di consapevolezza. E quando la mano è ricolma di consapevolezza, la tua mente sarà senza pensieri, perché tutta la tua consapevolezza si sarà trasferita alla mano e nessuna energia resterà per i pensieri.

Quando sollevi la mano automaticamente, la testa è piena di pensieri, eppure la mano si muove! Chi la sta muovendo? Il tuo robot! Muovila tu stesso! Fallo durante il giorno, in un momento qualsiasi, mentre stai facendo una cosa qualsiasi. Impara a disinnescare il robot e presto sarai in grado di dargli dei comandi. Ma non fare queste prove in situazioni difficili: sarebbe suicida. Noi facciamo tentativi sempre in situazioni difficili e di conseguenza non abbiamo mai successo. Comincia da situazioni semplici nelle quali, anche se non sei molto efficiente, non c’è pericolo.

Purtroppo noi ci sperimentiamo sempre in situazioni difficili. Ad esempio, la rabbia è una situazione molto difficile e il robot non te l’affiderà facilmente. Anzi, è meglio lasciar fare a lui, perché la sa più lunga. E sul sesso, se provi a decidere qualcosa, non riuscirai a seguire la tua decisione e il robot tornerà al comando. La situazione è molto complessa, e richiede più abilità di quanta ne hai ora.

Se non sei perfettamente convinto di poter affrontare una qualsiasi situazione senza l’aiuto del robot, lui non ti darà via libera. Questo è un indispensabile meccanismo di difesa. Se fosse altrimenti, se nelle situazioni difficili tu togliessi sempre l’incarico al robot, la tua vita diventerebbe una confusione inestricabile.

Provaci! Comincia con cose semplici come camminare. Prova là dove non c’è pericolo. Puoi dire al robot: “Qui non c’è alcun pericolo: sto solo camminando senza andare da nessuna parte. Non c’è bisogno di te, posso permettermi di essere inefficiente”.

A quel punto sii consapevole e cammina lentamente. Sii ricolmo di consapevolezza in tutto il corpo. Quando un piede si muove, muoviti con esso; quando un piede lascia il suolo, lascia il suolo con esso; quando l’altro piede tocca il terreno, toccalo insieme a lui. Sii perfettamente consapevole. Non fare nient’altro con la mente, trasforma semplicemente tutta la mente in consapevolezza.

Sarà difficile, perché il robot interferirà in continuazione. A ogni istante il robot proverà a dire: “Cosa stai facendo? Io lo posso fare meglio di te”. Ed egli può davvero farlo meglio di te. Per cui prima fai delle prove con cose non serie, semplici e non complesse.

Il Buddha ha detto ai suoi discepoli di camminare, mangiare e dormire con consapevolezza. Se riesci a fare queste cose semplici con consapevolezza, allora ci riuscirai anche con le cose difficili. A quel punto potrai provarci.

Ma noi cominciamo sempre dalle cose difficili, senza avere successo; la sconfitta ci rende pessimisti e ci induce a credere di non essere in grado di fare nulla. Questo aiuta molto il robot. Il robot tenterà sempre di darti una mano quando sei in difficoltà, perché in quei casi vieni sconfitto e lui può dirti: “Lascia fare a me. Io posso sempre farlo meglio di te”.

Comincia con cose semplici: moltissime testimonianze ci dicono che i monaci Zen facevano così. Quando a Bosho fu chiesto: “Qual è la tua meditazione, il tuo sadhana, la tua pratica spirituale?”, egli rispose: “Quando ho fame mangio e quando ho sonno dormo. Questo è tutto”.

Chi aveva posto la domanda disse: “Ma questo è quello che facciamo tutti. Cosa c’è di speciale?” Bosho ripeté ancora: “Quando ho fame ‘io’ mangio, quando ho sonno ‘io’ dormo”. Questa è la differenza. Quando tu sei affamato, il tuo robot mangia e quando tu hai sonno, il tuo robot dorme. L’“io” di Bosho è la differenza.

Se diventi più consapevole nel tuo lavoro quotidiano, nella tua vita di tutti i giorni, la tua consapevolezza crescerà. E grazie a quella consapevolezza non sarai più solo una cosa meccanica, ma per la prima volta diventerai un individuo. Ora come ora non lo sei. Un individuo ha un volto, mentre una cosa meccanica ha molte maschere e nessun volto.

Se tu fossi una persona viva, sveglia e consapevole, potresti avere un’esistenza autentica. Se sei solo un congegno meccanico, non puoi avere un’esistenza autentica. Qualsiasi momento, qualsiasi situazione è in grado di trasformarti; non sei altro che un oggetto galleggiante senza alcun nucleo, senza un essere interiore. La consapevolezza ti fornisce una presenza interiore. Senza di essa, hai la sensazione di essere, ma in realtà non sei.

Qualcuno chiese al Buddha: “Voglio servire l’umanità. Dimmi come posso fare”. Il Buddha osservò profondamente e intimamente quell’uomo e con profonda compassione disse: “Ma dove sei tu? chi servirà l’umanità? Tu ancora non sei. Innanzitutto sii, e quando sarai non avrai bisogno di farmi domande simili. Quando sei, farai ciò che semplicemente ti accadrà: quello sarà degno di essere fatto”.

Gurdjieff osservò che tutti si presentavano con l’idea di essere già, di esistere. Qualcuno venne da lui a chiedergli: “Dentro di me sono pazzo. La mia mente è un tumulto continuo, in conflitto e in contraddizione perenne, per cui dimmi cosa posso fare per dissolvere questa mente e avere la pace mentale e la calma interiore”. Gurdjieff rispose: “Non pensare alla mente; con essa non puoi fare nulla. La prima cosa è essere presenti. Innanzitutto tu devi essere. A quel punto puoi fare qualcosa. Ora come ora tu non sei”.

Cosa vuol dire “tu non sei”? Vuol dire che sei un robot, una cosa meccanica che funziona in base a leggi meccaniche. Comincia a essere all’erta. Unisci la consapevolezza a tutto ciò che stai facendo e comincia dalle cose semplici.

 

Osho, I segreti della trasformazione, pp 299 - 310

domenica 11 aprile 2021

Distacco - Massimo Scaligero

Ogni volta che mi arrabbio ho torto, anche se il torto è frutto di quelli che mi fanno arrabbiare.
Ma ho torto io! E guardate che quell’arrabbiatura, non parlo dell’arrabbiatura col pugno sul tavolo perché quella è superatissima, ma dell’irritazione che pur rimanendo calmi e sorridenti, sentiamo dentro di noi: quella è la stessa cosa che arrabbiarsi.
Perché ho torto io?
Ho torto perché quella arrabbiatura riguarda me.
Il torto che mi fa quell’essere riguarda me: per l’ennesima volta io vengo messo alla prova perché io debbo attingere ad una forza di conoscenza dell’altro che viene mosso da molle di cui non si rende conto. L’altro è mosso dal Karma, l’altro è mosso da forze che lo dominano, egli mi sta facendo del male perché soffre, sta subendo qualcosa che è più forte di lui.
Egli non lo sa, mentre io lo so, e se io riesco a mantenere l’assoluto distacco, se riesco ad avere compassione di lui, l’arrabbiatura è vinta perché egli non può più farmi del male.
Ed io divento invulnerabile, è una legge magica, questa.

Massimo Scaligero

 

 https://liberopensare.com/distacco-massimo-scaligero/

 

Essere nel mondo, ma non del mondo

L’espressione «essere nel mondo, ma non del mondo», risale direttamente alla viva voce di Gesù Cristo, il quale, parlando ai suoi discepoli nell’imminenza del distacco, al termine dell’Ultima Cena, dice loro (Gv 17, 6-19):

6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro.  11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

12Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15 Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

 

L’espressione è più che mai valida in questi ultimi tempi, quando la falsa pandemia, concepita da menti diaboliche allo scopo nefando d’ingannare, terrorizzare e sottomettere i popoli e gl’individui, disarticolando la società e la stessa struttura ontologica dell’uomo – psichica, biologica, morale – sta portando alla luce molte cose le quali, pur non essendo nascoste, rimanevano tuttavia in ombra, e costringe gli uomini a prendere atto della vera natura della lotta in corso tra i figli della luce e i figli delle tenebre. Ed è valida sotto almeno tre punti di vista:

1) perché chi, da sempre, vive secondo gli stili del mondo, cioè in maniera edonista e materialista, inseguendo il piacere e il successo e disdegnando o disprezzando le cose dello spirito, non si pone nemmeno la domanda sul vero significato dell’esistenza e perciò appartiene al mondo in tutto e per tutto, senza residui, e non sospetta che al di sopra di questo ce ne sia un altro, né riflette che le cose di quaggiù avvizziscono e periscono e la vita vera pertanto non è in esse;

2) perché vivere in maniera edonista e materialista equivale a vivere secondo la carne e non secondo lo spirito, quindi farsi schiavi della carne e delle sue lusinghe, dei suoi disordini, delle sue pazzie, allontanandosi anche dal retto uso della ragione naturale e facendosi simili alle bestie irragionevoli, che seguono solo l’istinto e mai si domandano il perché delle cose;

3) perché il principe del mondo, specialmente nella fase attuale, ha dichiarato guerra alla purezza dell’anima e a quanti seguono la via della croce, animato da un cieco odio contro Gesù Cristo; quindi il cristiano che vuole vivere secondo il mondo e vuol piacere ad esso non è affatto un cristiano, ma un cialtrone e un impostore, o nel migliore dei casi un povero sciocco che non sa neppure in che consista la dottrina che a parole rispetta e che in dovrebbe fornirgli  la direzione da seguire nella propria vita. Appartiene al mondo, e non a Gesù Cristo, colui che si lascia turbare, spaventare e confondere dal primo  mercenario che si mette a gridare: Al lupo, al lupo!, perché chi appartiene a Gesù Cristo conosce la Sua voce, che è la voce del Buon Pastore, e non la confonde affatto con quella dei mercenari o dei lupi travestiti da pastori.

 

http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/teologia-per-un-nuovo-umanesimo/10016-essere-nel-mondo

Amare il prossimo

Ama il prossimo. Come? Come te stesso.

Ecco dove sta il principale errore: abbiamo una concezione sbagliata dell’amore a noi stessi.

Ancora Sant’Agostino osserva che si scambia per amore ciò che amore non è. Pensiamo che fare del bene a noi stessi consista nel procurarci ogni soddisfazione e ogni comodità.

Identifichiamo il bene con il possesso delle cose, con la sicurezza economica e degli affetti.

Amare il prossimo diventa allora un procurargli questi stessi beni, evitargli fatiche, assisterlo materialmente. Questo falso amore, in realtà, non fa altro che condurre all’iniquità.

 

[..]

 

Amare se stessi significa cercare il bene della propria anima.

Solo quando l’anima è in pace e vicina a Dio si può sperimentare la vera gioia. E quindi solo in questo modo ci si ama veramente, del vero e sommo amore.

Chi ama se stesso intraprende il cammino spirituale per conoscere Dio, crescere nella fede, alleggerire l’anima, vivere nella pace.

Come ci si ama, così si deve amare.

Ecco allora in cosa consiste questo amore per il prossimo: nel fare tutto ciò che è bene per la sua anima.

 

 https://percorsodifede.wordpress.com/progresso/amare-il-prossimo/ 


domenica 28 marzo 2021

L'Arte, Ignazio e Leonardo da Vinci - Gurdjieff

Per esempio, all'inizio della civiltà europea contemporanea un monaco di nome Ignazio, che in precedenza era stato architetto, arrivò al punto di saper decifrare le conoscenze e le utili informazioni dissimulate nelle opere di quasi tutte le branche di quella che all'epoca già veniva chiamata l'"arte antica", e che risaliva ai tempi di Babilonia.

Ma quando il monaco Ignazio decise di comunicare la sua "scoperta", come si dice, ad altri esseri suoi simili, nel caso specifico a due suoi confratelli - cioè i due monaci insieme coi quali era stato inviato dai suoi superiori come specialista per dirigere i cosiddetti "lavori di posa delle fondamenta" di un tempio, poi divenuto celebre -, questi lo uccisero nel sonno per qualche futile motivo, generato dalla conseguenza in loro cristallizzatasi di quella proprietà dell'organo kundabuffer che viene detta "invidia", e gettarono il suo corpo planetario nella distesa d'acqua che circondava l'isoletta su cui si doveva erigere il tempio. 

Il monaco Ignazio era venuto al mondo e si era formato come essere responsabile sul continente d'Europa. Ma quando ebbe raggiunto la maggiore età, al fine di raccogliere le informazioni relative alla professione ch'era diventata lo scopo della sua esistenza - e cioè di essere "architetto" -, si era trasferito nel continente d'Africa. Qui era entrato in una confraternita che esisteva allora in quel continente sotto il nome di "Cercatori di Verità". Più tardi, quando la sua confraternita era emigrata sul continente d'Europa ingrandendosi, e i suoi confratelli avevano preso il nome di "Benedettini", egli era già un "fratello a pieno titolo" della medesima.

Il tempio di cui ti ho appena parlato esiste a tutt'oggi, laggiù, e viene chiamato adesso, mi pare, "Abbazia di Mont-Saint-Michel".

Sullo stesso continente d'Europa succedeva ogni tanto che qualche spirito curioso osservasse, nelle opere dei vari rami dell'arte pervenuti loro dall'antichità, qualche inesattezza legittima; ma appena scoperta la chiave che apriva loro la comprensione di quelle inesattezze, la loro esistenza giungeva alla fine.

Un altro essere del continente d'Europa, avendo notato le medesime inesattezze, se ne interessò a fondo finché riuscì con fatica e perseveranza a decifrare perfettamente le opere di quasi tutti i rami dell'arte.

Questo saggio terrestre tricerebrale si chiamava Leonardo da Vinci.

 

G. I. Gurdjieff - I racconti di Belzebù a suo nipote, Capitolo 30 - L'Arte





Autoritratto di Leonardo, ~1510-1515, sanguigna, Torino, Biblioteca Reale

mercoledì 10 marzo 2021

ma solo la reazione a tutto ciò - Gurgieff

"Questo lavoro inizia con l’osservazione di sè e alla scoperta degli stati sbagliati in se stessi e con il lavoro di contrastarli. In questo modo la vita interiore si purifica e siccome essa attrae la nostra vita esterna, dovuto al cambiamento dei nostri stati interiori, il non alimentarne uno ed alimentando l’altro, alteriamo allo stesso tempo non solo la relazione con gli eventi provenienti dall’esterno ma persino la natura degli avvenimenti che ci capitano ogni giorno.
Solo così possiamo cambiare la natura degli avvenimenti che ci capitano. Non possiamo cambiarli direttamente, ma possiamo cambiarli solo cambiando gli stati, cioè, cominciando a mettere ordine nella disordinata casa in cui abitiamo. Non sono gli eventi quotidiani che hanno importanza come l’aver perso qualcosa o che qualcosa è andata storta o che qualcuno si sia dimenticato di noi, o ci abbia parlato sgarbatamente, ma solo la reazione a tutto ciò, cioè, in quale stato di voi siete, perché è lì che nasce la vera vita e se i vostri stati interiori sono appropriati nulla nello scorrere degli eventi esterni può nuocervi.
Si tratta poi di distinguere come esercizio per vivere più coscientemente, tra gli stati interiori e gli eventi esterni, e cercare di confrontarsi con qualsiasi evento esterno, dopo averne osservato la natura, con la disposizione interiore appropriata, con lo stato appropriato. Se non può, rifletta su di esso.
In primo luogo si cerchi di definire la natura dell’avvenimento ed osservi se questo tipo di evento accade spesso e cerchi di esaminarlo più dettagliatamente in termini come “ Questo si chiama arrivare tardi” o “Questo si chiama perdere le cose”, ”Questo si chiama ricevere brutte notizie” o “Questa si chiama una brutta sorpresa” o “Questo si chiama lavoro duro”, o “Questo si chiama essere malato”.
Incomincia con questo modo semplice e subito si vedrà quanto sono diversi gli avvenimenti personali e come la nostra vita esterna é sempre cangiante, e ciò che non si può fare un momento si può fare in un altro. Perché gli eventi all’inizio si assomigliano e chiudono delle porte. Allora si sarà capaci di vedere, nei riguardi dei piccoli avvenimenti della vita quotidiana, che essi furono provocati parzialmente da noi stessi, e che i fatti sono accidentali, e così via.
Dunque riflessione sul proprio stato e con quale stato si affronta qualsiasi evento particolare e se questo stato è lo strumento appropriato che si deve usare, il biglietto giusto che si deve offrire, il metodo idoneo che si deve impiegare per questo fatto. Nei riguardi di molti avvenimenti è giusto imparare ad essere passivi, per esempio, non reagire in assoluto, non fare nulla. Ma la passività esige una forte attività interiore di coscienza, per impedire che qualche reazione meccanica arrivi quando l’evento, entrando come un’impressione meccanica, tocchi il meccanismo puramente associativo della mente e il sentimento che erroneamente consideriamo noi stesso."
 
(Commentari Psicologici – Maurice Nicoll)
 
 Potrebbe essere un disegno raffigurante 1 persona
 
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venerdì 19 febbraio 2021

La situazione - Shah

    L'umanità è addomentata, si preoccupa solo di ciò che non serve e vive in un modo sbagliato. Credere di essere superiori a tutto questo è una semplice abitudine, non una religione. Questa « religione » è sciocca...
    Non cianciare di fronte alla Gente del Sentiero, piuttosto struggiti in solitudine. Hai una religione e una conoscenza invertite se ti trovi capovolto in rapporto alla Realtà.
    Gli uomini si avvolgono la propria rete attomo.
    I leoni (gli uomini della Via) fanno a pezzi la propria gabbia. 

Maestro Sufi Sanai dell'Afghanistan, insegnante di Rumi,
in II giardino recintato della Verità, scritto nel 1131 d.C.

 

 Idries Shah - I Sufi, la tradizione spirituale del sufismo, p 7