lunedì 30 ottobre 2017

Io so' che Dio esiste - Jung

«Tutto ciò che ho appreso nella vita mi ha portato passo per passo alla convinzione incrollabile dell’esistenza di Dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede: io ‘so’ che Dio esiste
(da Jung parla – Interviste e incontri edito da Adelphi )


 «Jung (…) definisce anche la sua posizione rispetto alle religioni. (la parola che userà in questo contesto sarà – in latino – “religere”).
Questa parola è latina, perché si tratta di segnare chiaramente la distanza nei confronti del lessico, e quindi della posizione, dei Padri della Chiesa, che invece parlano di “religare”. Il loro “religare” significa infatti esplicitamente che essi cercano e tendono a “ri-legarsi”, a “legarsi di nuovo”, a “riallacciarsi” – ma a che cosa? a chi? – Per loro, ovviamente, a Dio prima di tutto, il Dio della loro fede e delle loro credenze.
Jung invece attinge il suo religere, o relegere, da una fonte del tutto diversa, poiché lo trova espressamente in Cicerone, in cui significa “osservare, considerare, riconsiderare riflettere” (re-legere), ossia dedicare tutte le proprie cure e al tempo stesso un’attenzione aperta e interrogativa a un avvenimento che sopraggiunge, a un’azione intrapresa o alla condotta della vita.
L’etimologia è molto diversa, anche il contesto lo è, e la prospettiva ancor di più. Con questo relegere di Cicerone che Jung predilige, al quale tiene fortemente, ci si ritrova in un modo di procedere del tutto empirico (…)»
(IL MUSERO IMMAGINARIO DI C.G.Jung – di Christian Gaillard, Edizioni Moretti e Vitali, p.15)


 http://www.jungitalia.it/2013/12/01/jung-e-il-suo-rapporto-con-la-religione/


Sulla Chiesa Cattolica e la Pietà - Oscar Wilde

«La Chiesa cattolica è soltanto per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana»

 «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni”

 «Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi. Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell’iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato».

 «La pietà è un sentimento meraviglioso, che prima non conoscevo […] Sapete quale nobile sentimento sia la pietà? Ringrazio Dio, sì, ogni sera ringrazio Dio in ginocchio di avermela fatta conoscere. Sono entrato in prigione con il cuore di pietra; non pensavo che al mio piacere… Ora il mio cuore si è aperto alla pietà. Ho capito che la pietà è il sentimento più profondo, più bello che esista. Ed ecco perché non serbo rancore verso chi mi ha condannato, né per nessuno dei miei detrattori: è merito loro se ho imparato cos’è la pietà».


 

 https://www.informarexresistere.fr/oscar-wilde-licona-gay-era-un-fervente-cattolico/

domenica 29 ottobre 2017

Contro chi lottiamo? - racconto sufi

CONTRO CHI LOTTIAMO? racconto Sufi *
Traduzione dallo spagnolo di Rita Napoli e Mario Fabi
La storia raccontata è di un vecchio anacoreta o eremita, vale a dire, una di quelle persone che per amore di Dio si rifugia nella solitudine del deserto, della foresta o in montagna per dedicarsi esclusivamente alla preghiera e alla penitenza.
Si lamentava sempre di aver troppo lavoro. La gente chiese come poteva essere che in quella solitudine ci fosse tanto lavoro.
Egli rispose: "Devo domare due falchi, badare a due aquile, mantenere quieti due conigli, stare attento ad un serpente, caricare un asino e sottomettere un leone."
Noi non vediamo animali nei pressi della grotta in cui vivi. Dove sono tutti questi animali?
Allora l'eremita diede una spiegazione che tutti capirono.
È perché questi animali li hanno tutti gli uomini, anche voi.
- I due falchi, si gettano su tutto quello che gli si presenta loro, buono e cattivo. Devo domarli affinché si fermino solo su una buona presa, SONO I MIEI OCCHI.
- Le due aquile con i loro artigli feriscono e annientano. Devo insegnare loro a mettersi solo al servizio e aiutino senza far male, SONO LE MIE DUE MANI.
- E i conigli vogliono andare dove vogliono, altri fuggono e schivano le cose difficili. Devo insegnare loro a essere tranquilli anche se c'è una sofferenza, un problema o qualsiasi cosa che non mi piace, SONO I MIEI PIEDI.
-La cosa più difficile è quello di stare attenti al serpente, anche se è chiuso in una gabbia di 32 canne. Sempre pronto a mordere ed avvelenare quelli che sono vicini non appena si apre la gabbia, se non la controllo strettamente, fa male, È LA MIA LINGUA.
-L'asino è molto testardo, non vuole compiere il suo dovere. Finge di essere stanco e non vuole portare il suo carico di tutti i giorni, È IL MIO CORPO.
-Infine, ho bisogno di domare il leone, vuole essere il re, vuole sempre essere il primo, è vanitoso e orgoglioso, È IL MIO CUORE.

sabato 28 ottobre 2017

Ribellarsi per sopravvivere - Osho

Voi potreste essere l'ultima generazione a cui è ancora possibile ribellarsi. Se non vi ribellate potrebbero non esserci più opportunità: l'umanità potrebbe essere ridotta allo stato di robot. Quindi ribellatevi finché c'è ancora tempo.


venerdì 27 ottobre 2017

Solitudine e Moltitudine - Nietzsche

Nella solitudine il solitario divora se stesso,
nella moltitudine lo divorano i molti.
Ora scegli.


Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

La cena del mago - Shah

C'era una volta un mago che costruì una casa vicino a una grande città. Un giorno invitò tutta la gente del villaggio a cena a casa sua.
- Prima di cenare, disse - facciamo alcuni passatempi
L'idea piacque a tutti e il mago fece uno spettacolo di prima classe, dove prendeva conigli dai cappelli, bandiere che apparivano nell'aria e cose che si trasformavano in altre. La gente era affascinata. Il mago chiese: - Volete cenare ora o volete più intrattenimento?
Tutti chiesero più trucchi perché non avevano mai visto niente del genere. Così il mago si trasformò in una colomba, poi in un falco e poi in un drago. La gente impazziva di eccitazione.
Gli domandò di nuovo e chiesero di più e di più ricevettero. Poi chiese loro se volevano mangiare e dissero di si. Il mago allora fece credere loro che stessero mangiando distraendoli con molti trucchi mediante i suoi poteri. La cena immaginaria e i trucchi continuarono tutta la notte. Quando stava per albeggiare, alcuni dissero: - Dobbiamo andare al lavoro.
Allora gli fece immaginare che andavano a casa loro e si preparavano per andare al lavoro e che davvero facevano le loro solite attività. E così, ogni volta che qualcuno diceva che doveva fare qualcosa, il mago gli faceva pensare che lo stesse facendo e poi tornava alla cena del mago.
Col tempo, il mago aveva tessuto un tale incantesimo sulla gente del villaggio che tutti lavoravano per lui, mentre credevano di continuare con le loro vite. Quando si sentivano preoccupati, gli faceva pensare che fossero tornati a cena a casa loro, e questo gli dava piacere e li faceva dimenticare.
E che ne é stato del mago e della gente del villaggio? Questo non si può dire; è qualcosa di cui non si può parlare, perché lui è ancora occupato, e quasi tutte le persone sono ancora sotto il suo incantesimo.


"Cercatore della verità" di Idries Shah

mercoledì 25 ottobre 2017

Sforzi - Aivanhov

Sforzi - nessun progresso tecnico deve dispensarci dal compierli
Con la scusa che esistono innumerevoli macchine, apparecchi o prodotti per evitare di compiere sforzi e per fare tutto al loro posto, i nostri contemporanei sprofondano sempre più nella pigrizia fisica e mentale. Quanti movimenti, quanti esercizi di resistenza o di volontà non vengono più eseguiti dalle persone da quando ci sono automobili, ascensori, lavatrici, calcolatrici, computer… e medicinali! Certo, apprezzo tutti questi progressi, poiché anch’io beneficio dei vantaggi che procurano. La questione è che se gli esseri umani non sono vigili, si abitueranno a non fare più sforzi, e aspetteranno sempre la scoperta di un nuovo apparecchio o di un nuovo prodotto che fornirà loro ancora altre comodità, fino alla completa paralisi della loro volontà. Ora, per il proprio corretto sviluppo, ciascuno deve fare degli sforzi ogni giorno e dunque non interrompere mai certe attività fisiche, ma soprattutto mentali, psichiche. In qualunque campo, non ci si deve mai lasciar andare alla comodità.

 Omraam Mikhaël Aïvanhov

La leggenda dei maghi neri di Atlantide

Narra la "leggenda" che il mitico continente di Atlantide fu conteso da due confraternite: la Confraternita dei maghi bianchi e quella dei maghi neri. Gli abitanti di Atlantide per secoli vissero saggiamente tenendo a freno le pulsioni basse rappresentate dalla Fratellanza nera. Ad un certo punto, però, essa prese il sopravvento: gli atlantidei, fiaccati dall'ozio, dai piacere, dalle ricchezze e dall'egoismo, permisero ai Maghi neri di operare incantesimi di magia nera sempre più distruttivi. L'abuso della magia nera portò gli atlantidei ad essere schiavi della Confraternita dei maghi neri e ad allontanarsi dalle leggi divina, la cui obbedienza aveva reso Atlantide quasi un Paradiso in terra. Ad un certo punto la situazione sfuggì di mano. I maghi neri, utilizzando un tipo di energia cosmica sconosciuta causarono lo sprofondamento del continente negli abissi oceanici, portando con sé tutte le meraviglie e il sapere di cui il continente si era nutrito. Finì così la paradisiaca civiltà atlantidea.

Solo un mito? Può darsi. Un mito, tuttavia, che reca una lezione valida anche per l'oggi: mai permettere ai maghi neri di governare il mondo. Essi lo faranno precipitare nell'abisso, come successe ad Atlantide, come può succedere anche all'attuale civiltà umana.


Thomas Cole, "Il corso di un impero"


 https://federicafrancesconi.blogspot.it/2017/08/una-lettura-non-convensionale-della.html

La lotta dei maghi - Gurdjieff

[..] L'idea principale dell'esposizione è la seguente: Ciò che è in alto è simile a ciò che è in basso, e ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto. Ogni unità è un cosmo. Le leggi che governano il Megalocosmo governano anche il Macrocosmo, il Deuterocosmo, il Mesocosmo, il Tritocosmo e altri, comprendendo in basso il Microcosmo. Avendo studiato un cosmo, conoscerai gli altri. Il cosmo più vicino di tutti per i nostri studi è il Tritocosmo, e per ognuno di noi il più vicino soggetto di studio è sé stessi. Conoscendo sé stesso completamente uno conoscerà tutto, perfino Dio, dal momento che gli uomini sono creati a sua somiglianza.

[..] Gli allievi tornano ai loro posti e riprendono le loro occupazioni. Il Mago cammina nella stanza, andando da qualche allievo per esaminarne il lavoro e dare istruzioni adatte. Poco dopo dice qualcosa a tutti gli allievi e ritorna al suo trono.
Immediatamente gli allievi lasciano il loro lavoro e si mettono in fila, e al segnale del Mago fanno vari movimenti che somigliano a danze. L'assistente del Mago si aggira tra loro e corregge le loro posture e movimenti.
Queste ' danze sacre ' sono considerate essere uno dei soggetti principali di studio in tutte le scuole esoteriche d'Oriente, sia nell'antichità che al giorno d’oggi. I movimenti in cui consistono queste danze hanno un duplice scopo: esprimono e contengono un certo sapere e, allo stesso tempo, servono da metodo per raggiungere uno stato armonico dell'essere. Le combinazioni di questi movimenti esprimono diverse sensazioni, producono varie gradazioni di concentrazione del pensiero, creano sforzi necessari in diverse funzioni e mostrano i limiti possibili di forza individuale.


[..]  Come tu hai visto, questo è quello che puoi mietere. Le azioni del presente determinano il futuro; tutto quello che è bene e tutto quello che è male; entrambi sono il risultato del passato. E’ il dovere di ogni uomo in ogni momento del presente preparare il futuro, migliorando il passato. Questa è la legge del fato. E ‘Possa la sorgente di tutte le leggi essere benedetta ’.
[..] Il Mago alza la mano destra in aria. Guarda verso l’alto e sussurra queste parole come in una preghiera:
Signore Creatore, a tutti i Suoi assistenti, aiutateci ad essere capaci a ricordarci di noi tutto il tempo per fare si che possiamo, evitare azioni involontarie perché solo attraverso di esse può il male manifestarsi.
Tutti cantano ‘Forze trasformatevi per essere ’.
Il Mago ancora li benedice con entrambe le mani e dice ‘Possa la riconciliazione, speranza, diligenza e giustizia essere sempre con voi tutti ’.
Tutti cantano ‘Amen’.


 http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/gurdjieff/maghi.htm

domenica 22 ottobre 2017

Il Raggio di Creazione e l'Uomo - Gurdjieff

L’Intelligenza del Sole vuole qualcosa per sè nel creare l’Uomo sulla Terra, qualcosa che non ha nulla a che vedere con le necessità del Grande Raggio. Che cosa vuole? Vuole che l’Uomo salga dal livello della Terra al livello del Sole. Per questa ragione crea l’Uomo come qualcosa d’incompleto, non finito. In che senso incompleto?

Intanto è una parte della Vita Organica che serve agli scopi del Raggio di Creazione, è completo e non si esige da lui niente altro di quello che la vita gli porta. È capace di vivere sulla Terra così com’é. Allora di lui si dice (nel Lavoro) che serve alla Natura. Ma in relazione alla sua vera origine dall’Ottava del Sole, l’Uomo ha in sè un altro destino. Per quanto riguarda questo destino l’Uomo è incompleto, non finito, perché l’Intelligenza del Sole lo ha creato per un’altra ragione ed ha posto in lui, oltre ciò che è necessario per servire la Natura, altri poteri e possibilità. Cioè, l’Uomo ha in sè molto più di ciò che è necessario per gli scopi di servire la Natura. Nel parlare della Natura ciò che qui si intende è tutta la Vita sulla Terra – tutto ciò che vediamo intorno a noi sulla Terra, la vita della piante, degli animali, degli alberi, dei pesci, ed anche la vita dell’umanità, con tutte le sue lotte, tutti i suoi crimini, dolori, nascite e morti che, tutte insieme, compone questa macchina di movimento perpetuo chiamata Vita Organica creata dal Sole per trasmettere influenze dalla parte superiore alla parte inferiore del Raggio di Creazione.

Per ciò che riguarda il secondo obiettivo del Sole, l’Uomo è creato incompleto sulla Terra allo scopo che si possa sviluppare fino ad un livello che possa essere significativo per il Sole. È in questo senso che nel Lavoro si afferma che l’Uomo è un organismo che si sviluppa da se stesso. L’Uomo è così un esperimento del Sole, collocato sulla Terra. Può rimanere addormentato e servire la Vita Organica; o può svegliarsi e servire il Sole. Se fosse stato creato con lo stesso essere ed intelligenza del Sole non sarebbe sulla Terra. L’Uomo ha pertanto due spiegazioni. È creato per servire la Natura – cioè, per essere parte della Vita Organica – e in questo senso non è nell’interesse della Natura che l’Uomo si sviluppi e smetta di servirla. Ma l’Uomo è creato anche per svilupparsi da se stesso, fino ad arrivare al livello del Sole

[..] 
Ma l’Uomo ha altre possibilità – possibilità speciali – che sono dovute alla piccola ottava proveniente dal Sole dal quale è creato, perché l’Uomo è creato in modo particolare. In questa piccola ottava può elevarsi o cadere. Può arrivare al livello del Sole o cadere al livello della Luna.
L’Uomo pienamente sviluppato – cioè, l’Uomo n. 7 – ha raggiunto l’Intelligenza del Sole. Ha raggiunto il suo completo sviluppo e si trova solo sotto 12 leggi, e in questo modo c’è in lui più libertà. Perché la libertà totale si ottiene elevandosi nella scala verticale e passando così sotto meno leggi. Allo stesso tempo l’Uomo n. 7 ha ottenuto l’immortalità nella scala della vita del Sole.

 (…) Per l’Uomo esiste una certa possibilità di scegliere le influenze – in altre parole, di passare da un’influenza all’altra. Per esempio, se un uomo comincia a lottare contro le proprie emozioni negative, comincerà ad uscire dalle influenze della Luna. Se un uomo si ricorda di se stesso, comincia a passare prima sotto le influenze planetarie e giunge eventualmente sotto le influenze del Sole. Ma è necessario che impari a fare una scelta interiore e per farla deve sapere molto su di sè e i differenti Io in lui e sulle parti dei centri. L’influenza del Sole porta ai Centri Superiori. Ma quando un uomo vive nelle parti meccaniche dei centri è sotto influenze più basse. È necessario comprendere una cosa: è impossibile liberarsi da un’influenza senza sottomettersi ad un’altra.

 Tutto il Lavoro su di sè consiste nello scorgere l’influenza sotto la quale si desidera sottomettersi, e in realtà cadere sotto questa influenza. E qui, in seguito ad una lunga e prolungata osservazione, è necessario che l’uomo sappia realmente cosa desidera a questo proposito.

 Nel nostro Sistema Solare ci sono sostanze che vengono emanate dal Sole e dai pianeti, allo stesso modo di quelle emanate dalla Terra, che entrano in contatto in certi punti del Sistema Solare. E questi punti possono riflettersi in immagini materializzate, che sono le immagini invertite dell’Altissimo – l’Assoluto. Posso dirle che esiste sempre un’immagine materializzata nella nostra atmosfera. Se le persone si concentrassero abbastanza per entrare in contatto con questa immagine, potrebbero riceverne l’essenza. Potrebbero stabilire una linea telepatica, come un telefono. (…) Se sette persone riuscissero concentrarsi abbastanza da mettersi in contatto con questa immagine, attraverso di essa potrebbero comunicare tra loro a qualunque distanza, perché sarebbero diventate una cosa sola. Potrebbero aiutarsi a vicenda.
 La macchina chiamata Vita Organica sulla Terra non trasmette solo forze discendenti del Raggio di Creazione, ma crea anche dentro di sè certe forze che passano alla crescente Luna e l’aiutano a svilupparsi. La Luna si alimenta della Vita Organica, oltre alla ricezione di forze che passano per il Raggio. Per esempio, tutta la sofferenza inutile sulla Terra è alimento per la Luna, così come e emozioni negative.


Il dolore è alimento per la Luna e per questa ragione si dice a volte che la Vita Organica è una fabbrica del dolore. Il dolore e la morte alimentano la Luna ed essa ne richiede una certa quantità. Per questa ragione quelli che avevano compreso iniziarono i sacrifici nelle epoche passate. Potremo considerare la Vita Organica solo dal punto di vista di una macchina messa in un punto particolare del Raggio per una particolare ragione, per servire il Raggio, ed è necessario capire che l’Uomo non ha nessuna importanza per il Raggio stesso ma è solo una parte della Vita Organica.

Ma rispetto al Sole che lo ha creato, l’Uomo ha un grande significato se si impegna a adempierlo. C’è qui una porta aperta per lui – che non lo porta al gigantesco Raggio, ma in una scala separata che parte da esso. Questo è uno dei significati della parabola del Figliol Prodigo: l’Uomo può ritornare in seno al Padre.

 L’Uomo non fu creato solo ai fini del Raggio, ma fu creato anche per gli scopi del Sole – come un esperimento nell’evoluzione di sè. Se questa auto-evoluzione dell’Uomo non si compie in un sufficiente numero di uomini, il Sole non riceverà ciò che desidera e non sarà soddisfatto. Rimettiamoci ad una delle molte parabole che troviamo nei Vangeli che si riferiscono a questa cosa:

 Un uomo aveva un fico piantato nella sua vigna. Andò a cercarvi il frutto ma non ne trovò. “Taglialo! Perché deve occupare il terreno inutilmente?”. Il vignaiolo gli rispose: “Signore, lascialo ancora quest’anno, per darmi il tempo di scavare tutt’intorno e mettergli del concime. Se farà frutti, bene; se no poi lo taglieremo. (Luca: XIII, VI – IX)

 Non bisogna capire letteralmente questa parabola. La si può capire psicologicamente e vedere che l’Uomo ha certe possibilità che possono giungere a dare frutto ma che, se non ne darà, sarà abbattuto.


Lo studio dei 48 ordini di leggi ai quali l’uomo è sottomesso non può essere astratto come lo studio dell’astronomia; non vi è che un modo di studiarli: osservarli in se stessi e riuscire a liberarsene. All’inizio un uomo deve semplicemente comprendere che è schiavo, senza necessità, di mille piccole leggi fastidiose che altri uomini hanno creato per lui o che si è creato da solo. Ma, non appena cercherà di liberarsene, si accorgerà di non potere.

Lunghi e persistenti sforzi in questa direzione lo convinceranno della propria schiavitù. Le leggi alle quali l’uomo è soggetto non possono essere studiate che lottando contro di esse e sforzandosi di liberarsene. Ma occorre una grande conoscenza per liberarsi di una legge, senza crearsene un’altra in sostituzione.

 https://associazioneperankh.com/2017/08/14/il-raggio-di-creazione-la-quarta-via-cap-23/

Concentrazione delle energie - Aivanhov

Attenzione - necessaria alla concentrazione delle energie

Il virtuoso che interpreta un pezzo, lo studente che supera un esame, il funambolo che danza su una corda… Se tutte le loro energie non sono concentrate e in armonia, il virtuoso farà delle stonature, lo studente farfuglierà e il funambolo si romperà la schiena. Perché nel momento in cui nell’uomo s’introduce una biforcazione, una dissonanza, tutte le forze interiori mollano la presa, si disperdono, ed egli non è più supportato. Quante volte avete fatto esperienze di questo genere! Ma vi siete forse soffermati per trarne una conclusione più ampia che abbracci tutte le attività dell’esistenza? Se vi lasciate andare alla fretta, al disordine o all’agitazione, le forze e le entità benefiche che vi abitano vengono stroncate, paralizzate. Allora, più volte al giorno, fate una pausa di qualche minuto e sforzatevi di introdurre in voi l’armonia. Così, tutte le forze e le entità benefiche che fino a quel momento non avevano avuto occasione di manifestarsi, saranno mobilitate e si metteranno a vostra disposizione per aiutarvi a proseguire il vostro lavoro.



Omraam Mikhaël Aïvanhov

sabato 21 ottobre 2017

Faust - Goethe

...e così, chi sei infine?
Io sono una parte di quella forza 
che eternamente vuole il male
e eternamente compie il bene.

Goethe, Faust

Meraviglia - Aristotele

« Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia [thaumazon] riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. »
(Aristotele, Metafisica, I, 2, 982b, trad. Giovanni Reale.)

giovedì 19 ottobre 2017

Il problema del centro vitale delle forze - Scaligero

Si verifica spesso, oggi, tra noi che circolino molti che, proprio perché squilibrati, o sul punto di perdere l’equilibrio, o depressi, o decentrati, o esaltati, si dedicano all’Esoterismo. Vi sono tuttavia altri, normali o intellettualmente dotati, che però con leggerezza inspiegabile in individui che presumono di pensare, si dedicano a esercizi yoghici o a tecniche similari, senza veramente afferrare il senso di ciò che fanno, ossia che cosa tali pratiche valgano gnoseologicamente e significhino in rapporto alla propria costituzione interiore.
La loro è una rinuncia all’autocoscienza che li caratterizza come Occidentali, e che per essi dovrebbe essere l’unico punto di partenza per qualsiasi impresa ascetica.
L’ascesi per un Occidentale non può non essere fondata sulla conoscenza del processo stesso della sua autocoscienza, ossia di ciò per cui egli è un determinato tipo interiore capace tra l’altro di rielaborare criticamente la Tradizione. L’Occidentale non dovrebbe dimenticare di avere la testa: la quale non può essere saltata per una estrosa presa di contatto con hara o con kundalini.
Egli può giungere a hara o a kundalini, ma a condizione di controllare l’ordine di forze che si mette in moto in lui quando giunge a intuire tali temi, perché in tale intuire già la forza di hara o di kundalini affiora.
E questa è la via dell’Occidentale.


M.Scaligero

il Dio dei cristiani - Pascal

« [...] Il Dio dei Cristiani non è un Dio semplicemente autore delle verità geometriche e dell'ordine degli elementi, come la pensavano i pagani e gli Epicurei. [...] il Dio dei Cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore di cui Egli s'è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l'intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore, che li rende incapaci d'avere altro fine che Lui stesso. [...] »
(Blaise Pascal, Pensieri, 556)


« Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Non dei filosofi e dei dotti. Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo. [...] »
(Blaise Pascal, Memoriale)


« Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopo di che non sa più che farne di Dio. »
(Blaise Pascal, Pensieri, 77)



« [...] Valutiamo questi due casi: se vincete, vincete tutto, se perdete non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio esiste, senza esitare.[...] »
(Blaise Pascal, Pensieri, 233)



« È il cuore che sente Dio, e non la ragione. Ed ecco che cos'è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione. »
(Blaise Pascal, Pensieri, 278)



« Quanta distanza c'è tra la nostra conoscenza di Dio e l'amarlo! »
(Blaise Pascal, Pensieri, 280)



« Conosciamo la verità non solo con la ragione, ma anche col cuore; ed è in questo secondo modo che conosciamo i principi primi, e inutilmente il ragionamento, che non vi ha parte, s'industria di combatterli. [...] »
(Blaise Pascal, Pensieri, 282)

Propria miseria e Dio - Blaise Pascal



La conoscenza di Dio senza la conoscenza della propria miseria genera l'orgoglio. La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la disperazione.

Blaise Pascal

lunedì 16 ottobre 2017

Competizione o Cooperazione ?

E se fosse così, come dice Jodorowsky che siamo nati da una cooperazione e non una competizione tra spermatozoidi? E se vale il principio come in alto così in basso, dal micro-cosmo al macro-cosmo, ognuno di noi deve far emergere qualcosa di reale dentro di se, grazie agli altri e con gli altri. Ci dobbiamo aiutare a vicenda per far emergere il vero che sta dentro ciascuno? Gli ostacoli, le leggi, le forze meccaniche, il male, serve proprio a questo, a prepararci? a fortificarci? E in ultimo, a svegliarci? o risvegliarci?




sabato 14 ottobre 2017

Il Vaso

"prima di riempire il Vaso, bisogna pulirlo"
A.C.

Il Dubbio - Rumi

Muaviya, zio dei fedeli, dormiva nel suo palazzo. il suo palazzo era circondato e le porte erano chiuse. Era impossibile per un estraneo poter penetrare. Tuttavia, qualcuno toccò Muaviya per svegliarlo.
Quando aprì gli occhi, non vide nessuno e disse:
"È impossibile entrare nel mio palazzo. Chi potrebbe farlo?"
Dopo molte ricerche, trovò qualcuno che si nascondeva dietro una tenda. Gli disse:
"Chi sei e come ti chiami?"
-Ehl La gente mi chiama Satana!
'Perché mi hai svegliato?
Perché è il tempo di preghiera e si deve andare alla moschea. Non dimenticate che il profeta ha detto che non dovrebbe essere tollerato alcun ritardo nella la preghiera.
Muaviya rispose: "È strano che tu richiami questo diritto, perché nulla di buono è mai venuto da te! É come se un ladro finga di voler venire qui a far la guardia!"
'In passato, Satana rispose, ero un angelo e nutrivo la mia anima con la mia preghiera. Fui allora compagno di altri angeli e questo è rimasto nella mia natura. È impossibile dimenticare il passato!
“Questo è vero, ma questo non ti ha impedito di serrare la Via a molti saggi. Non si può essere il fuoco senza bruciare! Dio ti ha fatto caldo e chi si avvicina a te, necessariamente brucia. La tua pretesa sapienza sembra il canto degli uccelli imitato dai cacciatori.
-Leva ogni dubbio dal tuo cuore, disse Satana, io sono una pietra di paragone per la verità e la falsità. Non riesco a deturpare il bello. La mia esistenza non è che uno specchio per il bello e il brutto. Sono come un giardiniere che taglia i rami morti. L'albero protesta: "Sono innocente Perché mi distruggi !?" e io rispondo ". Non perché sei tortuoso, ma perché sei secco e senza linfa. La tua natura, l'essenza del tuo seme è malata. Non sono mai stati incrociati con una buona essenza. Senza dubbio, la tua natura ne avrebbe guadagnato se ti avessero innestato un pollone con una buona essenza."
“Zitto! esclamò Muaviya, è inutile cercare di convincermi! "
Si rivolse a Dio e disse: "Mio Signore! Le sue parole sono come la nebbia! Aiutami! Lui è molto forte nell’argomentare e temo la sua astuzia."
Satana disse: "Colui che è preso da un dubbio maligno diventa sordo di fronte a migliaia di testimoni. Non lamentarti davanti a Dio per causa mia. Piangi piuttosto per la tua iniquità. Mi maledici senza ragione, ma è meglio che guardi te stesso!"
Muaviya rispose: "È la menzogna quella che fa nascere il dubbio nel cuore!"
“E hai tu un metodo per distinguere il vero dal falso? “
“La Verità dà la pace del cuore, ma la menzogna non lo commuove. È come un olio che è stato mescolato con l’acqua: non può più bruciare.
Dimmi: Tu, il nemico di tutti quelli che vegliano, perché mi hai svegliato? Rispondimi e saprò se dici la verità!”
Satana cercò di eludere la risposta, ma Muaviya lo esortò a spiegarsi e finì per confessare: "Ti dirò la verità. Ti ho svegliato per farti andare puntuale alla moschea. Beh, se tu fossi arrivato in ritardo il tuo pentimento avrebbe inondato l’universo. Le lacrime versate dai tuoi occhi e il pentimento di qualcuno per il quale la preghiera è un piacere è ancora più forte della preghiera. Ti ho svegliato, quindi, affinchè il tuo pentimento non ti permettesse di avvicinarti di più a Dio!"
Muaviya esclamò: "Ora dici la verità! Eri soltanto un ragno in cerca di mosche. E mi hai scambiato per una mosca! "

IL DUBBIO tratto dal Matnawi Di Yalal Al Din Rumi *
Traduzione di Rita Napoli e Mario Fabi

Galaxy Express 999


Galaxy, Galaxy
Galaxy, Galaxy...

corre il treno corre nella notte va
e volera' nel blu fra luna e stelle
un ragazzo coraggioso partira'
e trovera' la Verita'
e vincera'
e vincera'


Galaxy, solo Galaxy
ti fara' vedere l'universo Galaxy
solo Galaxy, sempre Galaxy
come un sogno questo treno viaggera'
e solo Galaxy, sempre Galaxy
nella notte vola e va

Galaxy, Galaxy
Galaxy, Galaxy...

il futuro e' la' che aspetta solo te
l'eternita' sara' per tutti noi
quel ragazzo coraggioso e' gia' un eroe
e vincera', si' vincera'
adesso va
adesso va


Galaxy, solo Galaxy
ti fara' vedere l'universo Galaxy
solo Galaxy, sempre Galaxy
come un sogno questo treno viaggera'
e solo Galaxy, sempre Galaxy
nella notte vola e va

Galaxy, solo Galaxy
ti fara' vedere l'universo Galaxy
solo Galaxy, sempre Galaxy
come un sogno questo treno viaggera'
e solo Galaxy, sempre Galaxy
nella notte vola e va

Galaxy, solo Galaxy
ti fara' vedere l'universo Galaxy
solo Galaxy, sempre Galaxy
come un sogno questo treno viaggera'
e solo Galaxy, sempre Galaxy
nella notte vola e va

Galaxy, solo Galaxy
ti fara' vedere l'universo ....


Le nuove avventure di Pinocchio

Naso di legno, cuore di stagno, burattino
Quando diventerai un bimbo come noi?
Pan di mollica, scansa fatica, dove vai?
“Sono un burattino e non mi fermo mai”
Con le mie scarpe di zuppa e pan bagnato
Il vestitino di carta colorato
Farò i dispetti a chi sarà cattivo
E sarò buono con chi mi dice bravo
Faccio festa per 30 giorni al mese
E il calendario per me lo sai non ha sorprese
Natale, pasqua, befana e ferragosto
Sempre domenica è per me
E se domenica non è
È festa uguale lo so
“Ma perché per noi no?”
Che ne so!
Pinocchio ma dove vai
Pinocchio che cosa fai
Pinocchio la fantasia
È solo una bugia

Son piccolino, lo so, ma mi intrufolo dappertutto
Non ho paura però un po’ me la faccio sotto
Sono una peste dei grandi me ne infischio
E un terremoto farò se no non provo gusto

Che confusione laggiù spostatevi che mi impiccio
Io mi diverto di più se termina in un pasticcio
A lavorare, a scrivere e a studiare
Ci mando gli altri senza me
Io sto in vacanza e sai perché
Un burattino non può
“Ma perché lui non può?”
Perché no!

Pinocchio ma dove vai
Pinocchio che cosa fai
Pinocchio la fantasia
È solo una bugia
Natale, pasqua, befana e ferragosto
Sempre domenica è per me
E se domenica non è
È festa uguale lo so
“Ma perché per noi no?”
Che ne so!
Naso di legno cuore di stagno burattino
Quando diventerai un bimbo come noi?
Pan di mollica scansa fatica dove vai?
“Sono trottolino…sono piccolino…
Sono un burattino e non mi fermo mai!”

Conoscenza e Silenzio

Chi se ne accorge e parla è sciocco, chi ne racconta un frammento è un Maestro, chi rimane in silenzio è Saggio.

martedì 10 ottobre 2017

Energia sessuale - Castaneda

[..] La castità è uno dei requisiti di base per un guerriero. Accumulare energia sessuale è il primo passo verso il corpo etereo, il viaggio nella consapevolezza e la libertà totale. Gli atti sessuali ci indeboliscono. Tutto il sesso, inclusa la masturbazione - tranne quando l'atto non è legato all'ordine sociale -, è un prosciugamento energetico. Il corteggiamento è la parte più prosciugante della procreazione, può impegnare l80% e più della nostra energia.

[..] Per i guerrieri l'unica energia che possediamo è l'energia sessuale, creatrice di vita. L'energia sessuale è qualcosa di estrema importanza che deve essere controllata e usata con molta cautela. Controllo vuol dire risparmio e ricanalizzazione di energia. Il sesso è un problema di energia. Le persone che sono il risultato di un coito noioso e che dunque nascono stanche e annoiate è bene che non abbiano rapporti sessuali, in modo da poter accumulare la poca energia a disposizione.
Se i guerrieri vogliono avere la forza sufficiente a vedere, devono diventare avari con la propria energia sessuale.

 L'interesse per il sesso indebolisce, rende difficile radunare la conoscenza.


[..]
 Gli stregoni non hanno nessuna ideologia sul sesso, tuttavia raccomandano il celibato e la castità; non per ragioni morali, ma perché non abbiamo sufficiente energia.

Gli sciamani sostengono che siamo tutti "scopate noiose" nel senso che siamo stati concepiti in uno stato di noia parziale o totale. Quindi la nostra energia è ad un livello mediocre e per questo è meglio che non la spendiamo sprecandola.


 La maggior parte di noi è stata concepita nel pieno della noia coniugale. Gli stregoni credono che l'ammontare di energia che i genitori espellono quando concepiscono è essenziale nel determinare se si può fare o no del sesso. Il concepimento è qualcosa di molto importante: se la madre non è stata in grado di avere un orgasmo al momento del concepimento, il risultato è "una scopata noiosa". In tali condizioni non c'è energia. Per coloro che sono stati concepiti in tali circostanze è dunque raccomandato il celibato. Se una persona, invece, è sufficientemente equipaggiata per fare sesso senza prosciugare la sua energia, allora può fare sesso.

 L'energia sessuale è l'energia più potente. Il 90% della nostra energia è impiegata nella presentazione di se stessi, di cui l'88% per essere attraenti verso il sesso opposto. Se allontaniamo la nostra energia da questo comportamento, essa va a vantaggio della nostra percezione. Tuttavia, se siamo ossessionati dal sesso, è meglio farlo. Il celibato deve essere una scelta personale, non può essere imposto. La nostra fissazione sul sesso è imposta, principalmente, dai media. L'energia sessuale sta diminuendo - gli uomini e le donne stanno iniziano a diventare sempre più sterili.


 Il Fuoco dal Profondo di Carlos Castaneda

http://fuoridimatrix.blogspot.it/2016/05/sciamanismo-tolteco-ed-energia-sessuale.html

Pensiero magico e Pensiero Simbolico - Carpeoro

[..] Tutti quanti scegliamo le vie magiche: il Superenalotto che ci cambia la vita, la grande vincita, la fortuna, la sfortuna. Tutti quanti preferiamo disegnare itinerari che ci mettono in condizione di essere all’interno di cerchi magici, dove poi siamo manipolati: chi pone le regole di quel cerchio ci fa fare quello che vuole lui, senza che neanche ce ne accorgiamo. Il tonno Rio Mare, “così tenero che si taglia con un grissino”, ha dietro un’operazione magica: trasformare un difetto in una qualità. E’ magia. Un tonno non può essere tenero; se è tenero, è perché lo fanno con le frattaglie pressate. Ma è “così tenero che si taglia con un grissino”, e voi infatti lo comprate. Sono le manipolazioni della pubblicità, e sono operazioni magiche: io vi costringo ad accettare non le regole della natura, che imporrebbero di capire cos’è un tonno, ma le mie regole.

[..]  Il dogma non è credere in qualcosa, è non poter discutere di qualcosa, e non accettare che ne discutano nemmeno gli altri. Nel momento in cui le Chiese sono diventate potere, hanno imposto un meccanismo dogmatico anche a chi non lo voleva. C’è gente che è finita sul rogo, per questo. In Europa, sono morte bruciate 600.000 streghe in trecento anni. Quando l’uomo possiede una fede, trattasi di religione; quando una fede possiede l’uomo, trattasi di setta. Una persona che ha una fede è libera, una persona che ha un dogma no, non è libera. Non è la religione a operare la manipolazione, ma la struttura. Non c’è scritto da nessuna parte che una Chiesa debba essere una struttura, che debba avere un tesoro, degli amministratori, dei beni, debba essere uno Stato, debba avere le Guardie Svizzere. Maometto aveva vietato all’Islam di diventare una Chiesa, aveva vietato di avere gli Imam. Gesù Cristo da nessuna parte ha detto che doveva nascere una Chiesa strutturata. Le strutture, se nascono, nascono per il potere, non per la fede. Alla fede non servono le strutture. Le cose buone le fanno gli fanno gli uomini, gli esseri umani, non le strutture. Le strutture – si chiamino massoneria, Chiesa, Stato – possono fare solo cose negative.

 Sono le strutture a manipolare, e voi trovate mille manipolazioni di questo tipo. Il Credo è una preghiera che nasce da un’operazione politica. Concilio di Nicea, 300 e rotti dopo Cristo, grande scontro tra eresia ariana e versione ortodossa: l’eresia ariana diceva che Gesù Cristo era un uomo, la Chiesa regolare diceva che Cristo era figlio di Dio, quindi era Dio. Siccome i due vescovi che dovevano mettere a posto questo complicato problema erano compagni di merende – si chiamavano Eusebio di Nicomedia e Eusebio di Cesarea – fanno un compromesso: voi oggi recitate una preghiera che è frutto di un compromesso. “Credo in Gesù Cristo, generato, non creato”. Gli uomini generano, Dio crea. Quindi, uomo: generato, non creato. E poi aggiungono: “Della stessa sostanza del padre”, ma non specificano il padre. Cioè fanno un’operazione in base alla quale ognuno può scegliere l’interpretazione più favorevole a sé. Nessuno ve la spiega così, quella preghiera. Ve la fanno dire automaticamente

[..]  Al pensiero magico si contrappone il pensiero simbolico, quello che ti spinge a chiederti “perché”. Il pensiero magico, che è funzionale a una società consumistica, ti spinge a chiederti solo “come”, non perché. Il perché è superato, non te lo devi chiedere. Tutti devono solo chiedersi come. Nessuno si deve chiedere perché comprare qualcosa, ma solo come comprarlo, come sbattersi per mettere insieme i soldi per comprare il modello nuovo sei mesi dopo, e così via. Nei meccanismi di manipolazione, il primo obiettivo è impedire alla gente di chiedersi perché. La manipolazione avviene perché quel gradino ve lo fanno saltare. Voi vi chiedete solo come, non perché. Ed è fondamentale, nel pensiero magico: non ti devi chiedere perché diventare ricco, ma come diventarlo. Non ti devi chiedere perché una donna si dovrebbe innamorare di te: al mago, tu chiedi come una donna si possa innamorare di te. Quel perché lo dovresti chiedere a te stesso, non al mago.


[..] Sulla libertà, abbiamo costruito un dogma del piffero. La libertà non è poter fare tutto quello che vuoi. La libertà è sapere quello che veramente vuoi. Potete pensare una donna meno libera di una che voglia diventare madre? Sicuramente, dopo che fa dei figli, una donna può sembrare meno libera. Ma non è vero che sia meno libera, se l’ha scelto lei. In una democrazia si può essere meno liberi che in una monarchia. Il problema è a monte, ma non si risolve col dogma. Va risolto a livello individuale: sta nel chiedere il perché a stessi, e non il come al mago. Noi concepiamo una società dove calpestare i nostri diritti è normale, è fisiologico, perché siamo permeati di pensiero magico. Prima di combattere gli effetti, esaminiamo le cause. La manipolazione non nasce come un fungo in un prato, è il frutto di una costruzione di società: qualcuno decide che può stare meglio se gli altri stanno peggio. Ma nemmeno nel potere c’è libertà. La libertà è nell’essere, nella realizzazione di se stessi, nei modi e coi tempi di ciascuno.
Abbiamo costruito una società del pensiero magico, basata sulla velocità: se una cosa la capisci dopo, sei ritardato. Ma siamo sicuri che capire subito sia un valore? Siamo certi che chi capisce dopo non capisca meglio? Il nostro concetto di tempo non è legato a cose che abbiamo deciso noi, sono altri che hanno deciso che dobbiamo fare in fretta. E questo, perché noi non dobbiamo avere tempo per pensare, per scegliere. Sono meccanismi assolutamente magici. La prima cosa che ci dev’essere sottratta è il tempo. La seconda è la linearità del desiderio. Nei supermercati, a mezzogiorno diffondono profumo di pane per stimolarci a comprare di più. Fa tutto parte del pensiero magico: stabilisco il cerchio, che è la mia area commerciale, decido che tu devi comprare più roba e quindi utilizzo il meccanismo di manipolazione, che è l’odore del pane. Dobbiamo conoscere, non esistono scorciatoie: più cose uno conosce, più è in grado di capire all’interno di quali cerchi magici si trova, come ne può uscire e come può evitare di entrarne in altri. Ma la conoscenza ha bisogno di tempo. E noi quanto tempo dedichiamo a conoscere?

Internet può essere una fonte di conoscenza, ma richiede tempo (e ce ne sottrae) perché ormai è diventato talmente vasto da essere dispersivo. In più, Internet elimina la conoscenza casuale. Se da Napoli vai a Milano in auto, Bologna la vedi. Se ci vai in aereo, te la perdi. Voglio il passo del Paradiso dove si parla dell’aquila? Digito, e mi compare direttamente quel passo. Senza Internet, no: te la devi leggere, la Divina Commedia. E intanto che leggi, conosci. Non bisogna fare di niente un valore assoluto. Via i paraocchi: tutto, interpretato in chiave assoluta, ci preclude delle possibilità. Se Internet ci preclude la possibilità di leggere la Divina Commedia, allora non va bene. Ognuno di noi, tanti anni fa, teneva un diario, che conservava per anni. Avete mai provato a scoprire su Facebook cos’avete scritto un anno fa? In pratica, il sistema vi si blocca: pensate a cosa vi toglie, tutto questo. Poi, per conoscere, la seconda cosa che conta, oltre al tempo, qual è? La memoria. Senza memoria non si conosce nulla. Per conoscere, archiviamo dati che poi colleghiamo. Se non archiviamo, non possiamo collegare.


 http://www.libreidee.org/2015/04/carpeoro-pensiero-magico-cosi-il-potere-ci-tiene-prigionieri/

lunedì 9 ottobre 2017

Vedere - Castaneda

Gli occhi di un uomo possono svolgere due funzioni: la prima è vedere l'energia così come fluisce nell'universo e la seconda è "guardare le cose di questo mondo". L'una non è migliore dell'altra, ma addestrare i propri occhi solamente a guardare è una rinuncia inutile e disonorevole.


Carlos Castaneda, Una Realtà Separata

sabato 7 ottobre 2017

Obbedienza

Se non siete capaci di obbedire non potete imparare nulla. L'obbedienza fa parte dell'attenzione.
Dovete essere obbedienti con il vostro maestro. Dall'esercizio di tale obbedienza trarrete la capacità di capire come sia disonesta la vostra mente.
Lamentarsi e apparentemente pentirsi della disobbedienza può anche venir considerato atto meritorio. Lo è soltanto per gli immeritevoli: per chi non riesce a mirare più in alto.
Se vi è stato dato un orario e arrivate al posto dov'è il vostro maestro in anticipo siete avidi.
Se arrivate in ritardo siete disobbedienti.
Se il maestro prescrive che per un certo tempo non dovete studiare, ed anche se in apparenza vi trascura, vi sarà un motivo.
Questo lo si é fatto spesso quando lo studio diventa vizio per una persona. Tentate di indurre il maestro ad agire diversamente nel vostri riguardi costituisce un atto di disobbedienza. 


Sholavi racconta:
Incontrai per la prima volta la mia Guida quando avevo sedici anni. Egli acconsentì a farmi da maestro e mi diede tre lezioni. Non lo vidi più e nemmeno ebbi sue notizie fino a quando non ebbi quarantun anni.
In quell'occasione le prime parole che mi rivolse furono: "Ora puoi incominciare il tuo lavoro".


OBBEDIENZA di Umm el•Hasan * da la Strada dei sufi

Inno al coraggio

Io sono un ragazzo che il pensiero comune considera abitualmente un “vegetale”, perchè apparentemente incapace di movimenti e azioni volontarie che è stato salvato dal silenzio dall’amore di una madre e di una famiglia che hanno saputo andare oltre le apparenze, hanno saputo vedere il vero nascosto dietro al pensiero comune.

La mia famiglia è un esempio del coraggio di andare oltre al velo dell’apparenza e di guardare al cuore delle persone.

Credo che ciascuno di noi nasca con il coraggio, se non altro per lo sforzo chiesto per venire alla luce, a volte però gli eventi della vita ci fanno credere di non averne o di essere deboli e inutili, cosa avrei dovuto pensare io, secondo voi, per come sono messo fisicamente? Ma io credo, e lo dimostro ogni giorno lottando per vivere, che ciascuno di noi sia un prodigio di bellezza, di vitalità e di coraggio.

Credo che se ciascuno si amasse e si accettasse per ciò che è ci sarebbe molta più serenità nel mondo e più amore vero. La verità è che il coraggio più grande che ci viene chiesto è di saper amare e apprezzare le cose semplici, di guardare a tutto come ad una meraviglia, come fanno i bambini. Guardare dal basso dell’umiltà e della semplicità sempre verso l’alto, sapete come cambia la prospettiva delle cose vista dal basso di una carrozzina? Sono fortunato perchè in metropolitana non sono ad altezza “ascella assassina”, fa niente se non posso sempre scegliere a che fermata scendere perchè non sono tutte accessibili, fa niente se ci metto un tempo lungo per scendere le scale con il montascale, il percorso alternativo mi permetterà di godere di altre cose belle che altrimenti avrei ignorato, il tempo lento mi permetterà di cogliere dettagli che sfuggono nella frenesia, questo è il punto di vista di chi coglie ogni attimo come un dono di cui godere.
Questo è il punto di vista di chi vive ogni giorno con il coraggio di scegliere di guardare il mondo con gli occhi del cuore, perchè “l’essenziale è invisibile agli occhi”.


 https://matteonassigh.com/2017/10/03/inno-al-coraggio/

Ho fatto l’esame di maturità parlando col pensiero

Il 26 settembre ho concluso gli studi al Liceo delle Scienze Umane «Cardano» di Milano, sostenendo l’esame di maturità che non avevo fatto a giugno perché malato. Dinanzi alla commissione ho discusso la mia tesina, «L’uomo di fronte al dolore». È stato un momento bello, decisamente #lamiabuonanotizia, perché ho potuto spiegare cosa ho imparato in questi anni di liceo. Ho imparato tantissimo.
 La scuola non è dove impari le cose a memoria, ma dove impari a conoscerle in profondità. E io sono stato davvero fortunato a incontrare professori che me l’hanno insegnato. Non sempre è stato facile per me studiare, perché la mia salute è molto fragile e non posso fare niente senza l’aiuto degli altri. Posso solo pensare. E il liceo mi ha dato la possibilità di pensare molto. Con l’aiuto di tante persone che ringrazio perché la mia diversità non è stata vista come un limite. Io sono la testimonianza che la vita può essere sempre bella, anche quando il corpo è molto limitato, perché l’amore supera il limite dei limiti.
 Spesso dico questa frase, perché questa è l’essenza della mia presenza e sono contento di essere riuscito a dimostrarlo con l’aiuto della mia meravigliosa famiglia. Non è stato facile. Ma insieme abbiamo fatto un capolavoro di vita: ciò che sembrava sfortuna è diventato forza e coraggio. Siamo noi che costruiamo la nostra felicità. La vita - anche la vita a scuola - è una grande occasione per imparare, conoscere, capire, amare, sentire: tutti, adulti e ragazzi, dovrebbero vederla così, senza pensare solo alle verifiche che fanno paura, o sostenere di continuo che la scuola sia noiosa. La scuola mi ha fatto conoscere persone stupende, compagni di classe che non mi hanno mai visto come un «poverino» e che anzi mi hanno capito moltissimo, anche se non riuscivano sempre a parlarmi perché io comunico solo scrivendo. 
 Ho notato il cambiamento del loro sguardo ed è questo che vorrei che avvenisse in tutti, un cambiamento di sguardo che permetta a noi persone disabili di essere noi stessi, unici, senza dover per forza adeguarci ai canoni imposti dalla società. Se la scuola riuscisse a modificare lo sguardo sulla disabilità tutta la società evolverebbe e molti problemi dovuti all’intolleranza, ai pregiudizi, alla paura del diverso, diminuirebbero. Per questo con i miei genitori, le educatrici e tanti amici abbiamo ora costituito l’Associazione «Nassigh CxC» di cui sono presidente, che si propone di «prendersi cura di chi cura» le persone disabili. Questo sarà il mio lavoro e il mio impegno per il futuro.
 *(Matteo Nassigh, 19 anni, di Milano, dalla nascita soffre di una disabilità gravissima che gli permette di comunicare solo con un linguaggio apposito. Al suo esame orale di maturità, pochi giorni fa, hanno assistito docenti, amici, e anche il dirigente scolastico provinciale Marco Bussetti. Tutti commossi quando al termine della sua tesina ha citato Ungaretti: «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita». Alla fine ha detto: «Se non ci sono altre domande posso parlarvi della mia risposta al dolore? Lo so, lo colgo dagli sguardi di chi mi vede per la prima volta: guardandomi si è portati a pensare che io sia un “povero disabile”. È la reazione istintiva di tutti. Poi però quando inizio a comunicare i volti cambiano. Capiscono che non ho un deficit intellettivo. E che la mia condizione fisica obbedisce al cosiddetto “principio della conservazione dell’energia”, come dice la mia prof. di fisica. Io sono pensiero: il mio corpo è immobile e io... penso sempre». Matteo si è diplomato con il massimo dei voti: 100/100. Il blog di Matteo si chiama Pensieri di luce. Vita a rotelle di uno con le rotelle pensanti
 http://www.corriere.it/buone-notizie/17_ottobre_02/nassigh-ho-fatto-l-esame-maturita-parlando-col-pensiero-66eb3aa4-a76b-11e7-8b29-3c19760df94c.shtml?refresh_ce-cp

Sognare un mondo migliore

Dobbiamo sognare e lavorare insieme per un mondo migliore, dove le persone non sono giudicate per quello che fanno ma per quello che sono.

Perchè ora tutti guardano a quello che le persone sanno fare o a quello che possiedono, ma l’importante non è quello che si fa o si ha, ma ciò che siamo, perciò non possiamo continuare a vedere le persone disabili come inutili perchè non possono fare delle cose, sono molto utili perchè ci fanno capire le cose veramente importanti della vita e la più importante di tutte è l’amore.

Senza l’amore non siamo niente, solo corpi che fanno cose, perciò non si può pensare che l’umanità stia meglio senza di noi,  l’umanità per evolvere ha bisogno di noi.



 https://matteonassigh.com/2017/05/26/sognare-un-mondo-migliore/

Vedere oltre il visibile

Molti pensano che la vita sia faticosa, ma non capiscono che non è così. La vita non è faticosa se comprendiamo che noi siamo qui per una missione che ci porta a capire delle cose che prima non capivamo e a vedere oltre il visibile. Perciò noi dobbiamo veramente comprendere che la vita è solo possibilità, non fatica e le prove che ci vengono messe davanti sono solo opportunità di imparare cose nuove e di evolvere, perchè l’evoluzione dell’anima è la nostra missione qui sulla terra. Perchè molti non vedono che l’anima è la nostra vera libera possibilità di essere, senza il corpo che confonde e che ci fa vedere cose che non sono importanti. Il corpo è solo apparenza, l’anima è l’essenza della persona e l’anima non muore mai, vive oltre la vita del corpo e ci dice cosa dobbiamo ancora imparare sul nostro vivere come uomini.

Io vorrei che molte persone capissero questo perchè io possa dire che la mia vita è stata utile.


https://matteonassigh.com/2017/05/07/vedere-oltre-il-visibile/

venerdì 6 ottobre 2017

Padre, Figlio e Spirito Santo

La mia speranza è il Padre.
Il mio rifugio è il Figlio.
La mia protezione è lo Spirito Santo.
Gloria a te santa Trinità.
Amen






  “My hope is the Father, my refuge is the Son, my protection is
 the Holy Spirit.    Holy Trinity Glory to Thee.   Amen”


http://www.orthodox-christian-comment.co.uk/sign_of_the_cross_and_its_meaning.htm

mercoledì 4 ottobre 2017

Il Maestro e Margherita - Michail Bulgakov







"Un miracolo che ognuno deve salutare con commozione". Così Eugenio Montale accoglieva nel 1967 il romanzo postumo che consacrava di colpo Bulgakov, fino ad allora sconosciuto, tra i grandi scrittori russi del Novecento, e forniva un quadro indimenticabile della Russia di Stalin. Nella Mosca degli anni '30 arriva Satana in persona e sotto le spoglie di un esperto di magia nera, accende una girandola di eventi tragicomici.




Con la testa non si può sentire - Gurdjieff

S.: Non riesco ad avere alcuna emozione quando mi concentro. Posso liberare la testa, ma non riesco a sentire una forte emozione. Ho l’impressione di correre contro una barriera e non essere in grado di andare oltre.

Gurdjieff: Lei inciampa proprio all’inizio per una cosa da niente. Con la testa non si può avere alcuna emozione. La testa è una cosa, l’emozione è un’altra. L’emozione è una funzione del corpo. Con la testa si possono solo fare constatazioni, non si può sentire. Sono seduto. Ho un dolore. Qui ho caldo, ho freddo. Sono cose che constato con la testa, se mi concentro in modo particolare. Ma se penso di poter fare più di questo vuol dire che mi sto identificando. Allora mi accorgo che qui sono in questo modo, là in quello, come un intero in qualcos’altro. Non si nota mai niente con la testa, la testa è in grado di constatare qualcosa solo attraverso l’attenzione, un’attenzione speciale. La testa è un apparato, svolge il ruolo di polizia. Ma il centro di gravità della presenza è nel plesso solare, che è il centro del sentire, è li che le cose accadono. La testa è come una macchina da scrivere, capisce? La sua domanda prova che lei non lavora come sto dicendo, deve trovare il modo di lavorare così. Non con la testa, la testa non può lavorare in alcun modo. Deve lavorare con la sensazione e con il sentire. La testa può accorgersi se questi sono insieme o separati, ma essa non è parte dell’organismo, è separata. Il corpo può morire, e anche la testa, ma la testa può morire e il corpo può continuare a vivere. La testa non è niente, è una funzione, un apparato, una macchina da scrivere. Quando lei si concentra sulla testa, può constatare quello che succede in lei, ma di per sé la testa non è nulla, è estranea all’organismo. Lei vuole sentire con la testa e non sarà mai in grado di farlo, la testa è aliena. rispetto al corpo. La testa è la polizia, un guardiano, che guarda come va tutto quanto. Osserva che le funzioni della sua presenza stiano lavorando. Mi capisce?


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 97-98

non può amare, non può fare niente - Gurdjieff

Kahn: Diversi mesi fa le ho fatto questa domanda: «Quando ho un impulso di vero amore verso qualcuno, mi sembra che non solo questo stabilisca una relazione fra me e questa persona, ma che offra testimonianza di una forza superiore in me». In quel momento mi rispose che non dovevo pensare a quelle cose allora, che quella era psicopatia, che dovevo fare il mio lavoro come un servizio. L’ho ascoltata e ho cominciato a essere capace di distaccarmi dal corpo; specialmente ora che ho visto la profondità della mia passività e che capisco che devo concentrare tutta la mia forza, mettere in gioco tutto il mio sforzo nell’opporre alla mia abituale nullità qualcosa che “è”, ora ho la spinta a diventare indipendente. Per esempio, ho per così dire la spinta a recitare il mio vero ruolo nei confronti di mio figlio o di mio padre; ho, come prima, l’impulso ad aver successo nel diventare un uomo in rapporto al gruppo, ma mi sembra che ciascuna di queste spinte non sia ancora abbastanza potente perché il distacco sia completo. In uno dei miei migliori momenti di lavoro, ho visto di recente tutto il mio corpo, tutte le mie emozioni, tutto il mio sentimento e i miei soliti desideri come la cosa che devo riuscire a uccidere in me stesso per conseguire la nascita, e ho capito che sarei riuscito a essere quello che voglio essere se fossi riuscito a fare in modo di fare morire quello che sono. Così ora le chiedo, chiedo a me stesso e chiedo anche a lei, se non potrei forse essere aiutato nei miei sforzi da una relazione tra quanto in me somiglia a un “Io” con una forma superiore. Se fosse questa la spinta che mi manca?

Gurdjieff: No. Deve continuare. Perché usa la parola “vero”? Non può ancora avere un “vero amore”. Un aspetto del vero amore è quello di odiare nel modo giusto, in modo obiettivo, non l’oggetto che ha di fronte ma le sue manifestazioni. Non può ancora usare la parola “vero”. Mentre aspetta continui ad accumulare materiale, ma smetta di dire “vero”. Non si deve attribuire questo valore alle cose, non può amare, non può fare niente. Non ha ancora la sensazione e io ho bisogno che invece ce l’abbia. Quando sarà capace di avere un impulso io allora la soddisferò, le dirò come usarlo, come incanalarlo, come realizzarlo. Il lavoro che le ho dato le è stato di aiuto, dunque non è necessario cambiarlo.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 93-94

Ha acquisito un’individualità - Gurdjieff

Gurdjieff: Basta così. Lei è nato, la sua individualità è nata. Prima era come un animale senza “Io”. Ora ha un “Io” e le caratteristiche di un uomo. È stato l’esercizio a darglieli. Prima, senza individualità, era solo il risultato del suo corpo, come un cane o un gatto, o un cammello.
Ora, se ha le corna, riesce a vederle e a stupirsene. Prima non riusciva a vedere niente. Ora ha un’individualità che prima non aveva. [Rivolgendosi agli altri] Ha acquisito un’individualità. Prima non ne aveva nessuna. Era un pezzo di carne. Avrebbe potuto lavorare mille anni, non avrebbe mai ottenuto alcun risultato. È un compagno di Madame Franc, entrambi potete essere iniziati alla prima iniziazione. Sembra una piccola cosa ma è una cosa grande, una garanzia per il futuro. Mi congratulo anche con lei. Per la prima volta in tre anni sono interiormente felice, felice per i miei sforzi. Perché non è un caso che ce ne siano già due. Ora lei non è più un promesso sposo, non è più Mechin, è il mio fratello minore. [A Madame Franc] Lei è mia sorella. Ne parleremo separatamente in seguito.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, p 90

Dare come mezzo - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

[..] Hill, però, iniziò presto a parlare di Regola d’Oro (the Golden Rule), affermando che il successo si poteva ottenere solo grazie alla comprensione dello spirito del dare. Si trattava di qualcosa di simile alla regola aurea enunciata da Cristo nei Vangeli, e del resto Hill era un devoto cristiano che non vedeva alcuna distanza tra il desiderio di successo e di denaro e la fede religiosa.
Secondo la Regola d Oro, ciascuno di noi dovrebbe dare e fare agli altri ciò che vorrebbe ricevere. Il dubbio è che in questo modo, la rivelazione cristiana e il prossimo vengano usati come mezzi, e non come fini, gratuitamente. Il dubbio è che il dare rappresenti un modo molto efficace per ottenere di più.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, p 64

Autosuggesione - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

[..]  Emile Coué, farmacista francese vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo trentennio del Novecento, noto come l’ideatore del pensiero positivo e della visualizzazione e ispiratore del training autogeno di Johannes Heinrich Schult, della sofrologia, dell’analisi transazionale e della programmazione neurolinguistica. Coué fu l’iniziatore di un modo di pensare riassumibile con la frase: «Noi siamo ciò che facciamo di noi stessi, e non ciò che la sorte ci fa». Un’idea di miglioramento fatta di desideri contingenti, di benessere e di successo, quasi mai di trascendenza; Coué parlava di padronanza di se stessi tramite l’autosuggestione cosciente, e non di un modo per congiungersi al divino. Come possa essere considerato un esponente di spicco del New Thought, è davvero curioso.
Ad ogni modo, lo scopritore dell’effetto placebo basò il proprio metodo di autosuggestione cosciente (metodo Coue') sull’idea che se credi che qualcosa sia positivo, lo sarà. Pare che l’intuizione gli fosse arrivata dopo aver osservato che quando dava ai propri clienti i medicinali dicendo con convinzione «Vedrà, le farà certamente bene», gli efletti dei farmaci risultavano più immediati ed evidenti. L’impostazione di pensiero di Coué non metteva al centro la verità, ma gli effetti della tecnica.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, pp 60-61

New Thought - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

Anche per Quimby la malattia nasceva da credenze errate, ma una mente aperta a Dio avrebbe superato qualunque disturbo. La teologia cristiana e le credenze tradizionali si univano quindi alla medicina alternativa, alle facoltà paranormali e all’ipnosi, e la potenza derivante dalla commistione di questi ingredienti permise agli esponenti del New Thought di dare vita a delle vere e proprie chiese (la Chiesa di Scienza Divina, la Unity Church e la Scienza Religiosa) che raggiunsero una crescente popolarità nei primi trent’anni del Novecento.
Si trattata di una visione rivisitata della dottrina cristiana, con un fondamento teologico debole, che puntava più sulle sensazioni che sulla metafisica. Una visione dello Spirito come essenza del tutto, di Dio come Infinita Intelligenza, dell’uomo come essenza divina, del pensiero come punto di contatto con Dio, del pensiero positivo come autostrada verso la guarigione. In alcuni casi veniva conservata la figura di Gesù, mentre in altri veniva mantenuta sullo sfondo solo l’idea di Dio o dello Spirito.
L'idea dell’uomo come Dio e della preghiera come strumento affermativo per ottenere la guarigione — cioè non come esperienza che si conclude in se stessa, ma come azione finalizzata a un guadagno — nasce qui, come anche la diffusione di massa dell’idea di un risveglio spirituale.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, pp 59-60

su Gurdjieff - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

Gurdjieff apparve per la prima volta in Russia alla vigilia della Rivoluzione. Inizialmente si presentò come un bizzarro personaggio, mistico e dotato di poteri paranormali, regista di balletti particolarissimi, ma ben presto si dedicò alla trasmissione -- rapsodica, molto pratica e difficile da sistematizzare -- delle proprie idee sull’essere umano, in particolare ad aristocratici e intellettuali. Gurdjieff mostrò, prima ai russi, poi ai francesi, agli inglesi e agli statunitensi, un modo di pensare totalmente diverso, in grado di mandare in tilt il centro formatorio, cioè un sistema meccanico di pensiero, frutto dell’apparato sociale e culturale occidentale.
Raccontava ai propri seguaci il modo disfunzionale in cui pensavano e si comportavano, e mise in atto una serie di giochi, scherzi e tecniche per fare in modo che potessero recuperare la libertà.

[..] G. non aveva attinto il suo insegnamento dai libri, o fabbricato il suo sistema partendo da elementi raccolti nel corso dei suoi viaggi; né era un pensatore o un filosofo ispirato come Rudolf Steiner; si tratta dunque di un insegnamento fino ad allora ignoto in Occidente.
Secondo un’autorità in materia, René Alleau, «in quella guerra occulta che precedette il primo conflitto mondiale, in cui i servizi segreti e la polizia politica ebbero un ruolo capitale, Tifiis e Mosca costituirono dei punti nevralgici ove la rivalità delle sette aveva libero corso. Fu in quegli ambienti martinisti e pitagorici, e non in Tibet né nei monasteri orientali che G. ricevette una formazione iniziatica. [..] A causa del carattere iniziatico del suo insegnamento, fino al 1924 G. vietava assolutamente ai suoi discepoli di prendere appunti scritti sulle sue chiacchierate e sulle sue lezioni, cosicché oggi è difficile giudicarne il vero contenuto leggendo le opere tardive e postume del maestro o le sole opere di Ouspensky.

[..] Sebbene Gurdjieff sia stato un personaggio controverso, ciò che fa davvero impressione è quel che è accaduto dopo la sua morte, provocato da chi ha lavorato nel suo nome senza possedere le sue conoscenze.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, pp 53-56

martedì 3 ottobre 2017

Oroscopi - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

Sempre all’inizio del Novecento i giornali iniziarono a parlare di queste influenze e a pubblicare oroscopi, cioè previsioni astrologiche sull’amore, il denaro e il lavoro, classificate in base al segno zodiacale di appartenenza. In realtà, fino ad allora gli astrologi non avevano mai considerato la posizione del Sole al momento della nascita (cioè il segno zodiacale) come tratto dominante: il soggetto era un insieme di molti valori, dunque andava vista la relazione tra il tema di nascita e i transiti correnti. Tutto ciò era però complesso, e richiedeva un confronto diretto tra l’individuo e l’astrologo. Per rendere la previsione funzionale alla pubblicazione sui giornali e per suscitare l’interesse di un maggior numero di lettori venne invece posto l’accento sul segno zodiacale. Un’incredibile semplificazione, come ancora oggi tanti astrologi tengono a sottolineare.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, pp 52-53

Un corso in miracoli - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

[..] Il culmine si raggiunse molto dopo, nel 1976, con la pubblicazione del testo Un corso in miracoli, canalizzato dalla psicologa statunitense Helen Schucman e redatto insieme a William Thetford, di formazione cristiano-scientista. Il libro contiene gli appunti raccolti da Schucman, che avrebbe scritto sotto la dettatura di una voce interiore che le si sarebbe presentata come Gesù. Secondo queste rivelazioni non ci sarebbe alcun mondo il di fuori di noi, ma ciò che viviamo sarebbe solo una proiezione di ciò che è presente nella nostra mente. I problemi fisici, finanziari e sociali dipenderebbero da noi, dalla nostra mente, che sarebbe anche il luogo in cui possiamo trovare la risposta, cioè il “miracolo”, idee che si inseriscono perfettamente nella didattica New, Age. Il testo è stato tradotto in ventitré lingue e ha venduto milioni di copie.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, p 51

Teosofia ed esotismo - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

Caratteristica della Società Teosofica era l’esotismo, cioè il fascino nei confronti dell’Oriente, in particolare India e Tibet. In contrasto con questa posizione, nel 1907 il filosofo Rudolf Steiner abbandonò la Società. Annie Besant, infatti, aveva estremizzato questa passione e aveva deciso di presentare al mondo la figura del bambino Jiddu Krishnamurti, che secondo lei rappresentava il Cristo reincarnato. Steiner pensava che un tale accostamento non avesse alcun fondamento e che fosse importante recuperare le pietre miliari della cultura occidentale anziché rivolgersi all’Oriente.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, p 45

Forse le persone come noi non possono amare - Hermann Hesse


«Sei il migliore amante ch'io abbia mai visto» disse pensierosa. «Sei più forte degli altri, più flessibile, più tenace. Hai bene appreso l'arte mia, Siddharta. Un giorno o l'altro, quando sarò più vecchia, voglio avere un figlio da te. Ma con tutto questo, amore, tu sei rimasto un Samana, con tutto questo tu non mi ami, non ami nessuna creatura umana. Non è così?».
«Può ben darsi che sia così » disse Siddharta con stanchezza. «Io sono come te. Anche tu non ami,altrimenti come potresti far dell'amore un'arte?
Forse le persone come noi non possono amare. Lo possono gli uomini-bambini: questo è il loro segreto ». 

Hermann Hesse, Siddharta, pp 109-110



Foglie secche e stelle fisse - Hermann Hesse


Tanto gli riusciva facile chiacchierare con tutti, vivere con tutti, imparare da tutti, altrettanto rimaneva consapevole, tuttavia, che qualcosa lo separava da loro; e questo qualcosa era la sua qualità di Samana. Vedeva gli uomini vivere alla maniera di bimbi o di bestie, sì che a un tempo era costretto ad amarli e a disprezzarli. Li vedeva affannarsi, soffrire e farsi i capelli grigi, per cose che a lui parevano di nessun conto: denaro, piccoli piaceri, piccoli onori, e li vedeva litigarsi e accapigliarsi, li vedeva lamentarsi di dolori sui quali il Samana sorride, e soffrire per privazioni di cui il Samana nemmeno s'accorge.

[..]

«Non tutti gli uomini sono intelligenti» disse Kamala.
«No,» disse Siddharta «non si tratta di questo. Kamaswami è tanto intelligente quanto lo son io, eppure non ha alcun rifugio in se stesso. Altri lo posseggono, eppure in quanto a ragione sono bambini. La maggior parte degli uomini, Kamala, sono come una foglia secca, che si libra e si rigira nell'aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c'è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino. Fra i tanti sapienti e i Samana che ho conosciuto ce n'era uno di questa specie, un uomo perfettissimo, che non potrò mai dimenticare. È quel Gotama, il Sublime, il predicatore della nuova scienza. Migliaia di giovani ascoltano ogni giorno la sua dottrina, seguono a tutte le ore le sue prescrizioni, eppure sono tutti foglie secche, non hanno in se stessi la dottrina e la legge.

Hermann Hesse, Siddharta, pp 106,108-109

A che serve il digiuno? - Hermann Hesse


«Ma permetti: se tu non possiedi nulla cosa vuoi dare?».
«Ognuno dà di quel che ha. Il guerriero dà la forza, il mercante la merce, il saggio la saggezza, il contadino riso, il pescatore pesci».
«Benissimo. E che cos'è dunque che tu hai da dare? Che cosa hai appreso, che sai fare?».
«Io so pensare. So aspettare. So digiunare».
«E questo è tutto?»
«Credo che sia tutto».
«E a che serve? Per esempio il digiunare: a che serve?».
«È un'ottima cosa, signore. Quando un uomo non ha niente da mangiare, digiunare è la più bella cosa che possa fare. Se, per esempio, Siddharta non avesse imparato a digiunare, oggi stesso dovrebbe assumere qualche impiego, da te o in qualunque altro posto, perché la fame ve lo costringerebbe. Ma invece Siddharta può aspettare tranquillo, non conosce impazienza, non conosce miseria,può lasciarsi a lungo assediare dalla fame e ridersene. A questo, signore, serve il digiuno».


Hermann Hesse, Siddharta, pp 100-101

Ognuno può compier opera di magia - Hermann Hesse


« Tu hai voluto. Vedi, Kamala, se tu getti una pietra nell'acqua, essa si affretta per la via più breve fino al fondo. E così è di Siddharta, quando ha una meta, un proposito. Siddharta non fa nulla. Siddharta pensa, aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come la pietra attraverso l'acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene scagliato, ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poiché egli non conserva nulla nell'anima propria, che potrebbe contrastare a questa meta. Questo è ciò che Siddharta ha imparato dai Samana. Questo è ciò che gli stolti chiamano magia, credendo che sia opera dei demoni.
Ognuno può compier opera di magia, ognuno può raggiungere i propri fini, se sa pensare, se sa aspettare, se sa digiunare. 


 Hermann Hesse, Siddharta, p 97

così bambino, così risvegliato - Hermann Hesse


A ogni passo del suo cammino Siddharta imparava qualcosa di nuovo, poiché il mondo era trasformato e il suo cuore ammaliato. Vedeva il sole sorgere sopra i monti boscosi e tramontare oltre le lontane spiagge popolate di palme. Di notte vedeva ordinarsi in cielo le stelle, e la falce della luna galleggiare come una nave nell'azzurro. Vedeva alberi, stelle, animali, nuvole, arcobaleni, rocce, erbe, fiori, ruscelli e fiumi; vedeva la rugiada luccicare nei cespugli al mattino, alti monti azzurri e diafani nella lontananza; gli uccelli cantavano e le api ronzavano, il vento vibrava argentino nelle risaie. Tutto questo era sempre esistito nei suoi mille aspetti variopinti, sempre erano sorti il sole e la luna, sempre avevano scrosciato i torrenti e ronzato le api, ma nel passato tutto ciò non era stato per Siddharta che un velo effimero e menzognero calato davanti ai suoi occhi, considerato con diffidenza e destinato a essere trapassato e dissolto dal pensiero, poiché non era realtà: la realtà era al di là delle cose visibili. Ma ora il suo occhio liberato s'indugiava al di qua, vedeva e riconosceva le cose visibili, cercava la sua patria in questo mondo, non cercava la « Realtà », né aspirava ad alcun al di là. Bello era il mondo a considerarlo così: senza indagine, così semplicemente, in una disposizione di spirito infantile. Belli la luna e gli astri, belli il ruscello e le sue sponde, il bosco e la roccia, la capra e il maggiolino, fiori e farfalle. Bello e piacevole andare così per il mondo e sentirsi così bambino, così risvegliato, così aperto all'immediatezza delle cose, così fiducioso.


Hermann Hesse, Siddharta, pp 81-82

Il vampirismo è una scienza - Gurdjieff

Gurdjieff": Non deve mai essere sicuro di niente. Questo prova che lei non sa cosa sia un vampiro. Il vampirismo è una scienza, può essere praticato inconsciamente. La scienza medica non ne è a conoscenza. Per esempio, voi siete marito e moglie. La moglie è magra e lui è grasso. Tre mesi dopo, il contrario. O fratello e sorella, o due amici. Sei mesi dopo, tutto è cambiato. Inconsciamente. Il vampirismo esiste consciamente e inconsciamente, qui accade un certo tipo di vampirismo. È molto facile da spiegare, siamo tutti intorno a un tavolo e c’è una catena che connette tutti. Se prendo la mano del mio vicino e ci teniamo tutti per mano, posso prosciugare il Dottore finché non muore. Forse è lei il vampiro, anche se non ne ha l’aspetto. Non lo so. Mi limito a osservare quello che succede, ne prendo nota. Se succede due volte allora lo faccio notare. La prima volta può essere un incidente. Anche se io lo percepisco la prima volta, non dico niente. Lo noto una seconda volta? Allora ci faccio attenzione, cerco una ragione e se succede una terza volta mi metto a studiarlo.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, p 83

Non deve mai credere - Gurdjieff

Gurdjieff: Le dirò un’altra cosa. Lei ha una debolezza che chi lavora con me deve distruggere. Lei crede. Non deve mai credere. Deve criticare tutto, non accettare niente che non possa provare, anche che due più due faccia quattro. Credere non conta, non vale niente. Lei crede, si identifica in quello che crede e poi vuole trasmettere quello che crede con le sue emanazioni. Se si identifica dà via tutta l’energia che ha. Se non crede, se riesce a rimanere imparziale, quando desidera trasmettere qualcosa a qualcuno allora lo farà come se stesse rendendogli un servizio. [Rivolto a qualcun altro] A lei è mai capitato?


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, p 73

Non deve saperlo nessuno - Gurdjieff

Domanda: Quando incontro persone che sono anche solo vagamente interessate a questi argomenti, o preoccupate da questo tema, appena trasmetto quel poco di esperienza che ho, tutto ciò che ho imparato qui si svaluta e io mi sento più piccolo.

Gurdjieff: Qui c’è una regola: qui la nostra vita è eccezionale. Quello che diciamo qui, quello che facciamo, non deve saperlo nessuno.

Domanda: Ma non dico niente di ciò che facciamo.

Gurdjieff: Questa regola… riguarda anche le idee. Ciò che le interessa perde valore se lo dà a qualcun altro, e lei si sente svuotato. Tenga le nuove idee per sé. Nella vita si possono usare come strumenti, ma senza identificarvisi. Tutto quello che dice con le parole esce da lei.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 72-73

Sul distacco - Gurdjieff

Domanda: Non è più facile distaccarsi dalle cose materiali che dai sentimenti?

Gurdjieff: Hanno lo stesso valore. Lei si attacca con un centro o con un altro. Deve vederla in questo modo, senza filosofeggiare. Non ha né un ideale né uno scopo, è un meccanismo. Dovrebbe avere contatto con qualcosa ma non ha contatto con niente, così ogni cosa ha un contatto con lei e lei ne è schiavo. Deve abituarsi a prepararsi per il lavoro. Un determinato momento del giorno deve essere consacrato al lavoro, non faccia nient’altro. Sacrifichi questo e se ancora non può lavorare allora non faccia niente. Pensi al lavoro. Legga qualcosa di collegato al lavoro e lasci che le associazioni collegate al lavoro finiscano. Non è ancora lavoro questo. Ma almeno così cerca di stabilire un momento che in futuro sarà riservato per lavorare. Sta preparando il terreno, consacri questo tempo al lavoro. Accetti l’idea che un certo tempo deve essere stabilito per il lavoro e se le viene dato un compito, o se ne stabilisce uno per sé, lo farà durante questo tempo. Il posto sarà già pronto. È solo facendo che l‘uomo comprende. Vedrà i risultati che verranno. Lei dice che sta lavorando, lo pensa davvero. Ma qui nessuno ancora lavora. È un gioco da bambini, poco più che un solletico. Nel vero lavoro il sudore cola lungo la fronte, fino ai talloni.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 71-72

Sul sonno - Gurdjieff

Prima di riuscire a dormire coscientemente bisogna esperire una diversa qualità di sonno. Ci sono delle gradazioni, quattro tipi di sonno. Può dormire per un sesto, per un quarto, per metà o completamente. Dipende da com’è il suo stato di veglia. Se mentre dorme lei sogna, allora dorme solo per metà, e le servono sette ore e mezza di sonno. Se non sogna, quattro ore e mezza sono sufficienti. È la qualità del sonno che conta. Lei dorme sette ore e mezza. Ci mette due ore per rilassarsi di notte e due ore per svegliarsi la mattina. Questo le lascia tre ore e mezza di sonno, perché lei non si rilassa coscientemente ma meccanicamente, e questo richiede tempo. Può rilassarsi coscientemente fino a dormire mentre cerca di stabilire la necessaria relazione tra coscienza e corpo. La mattina, quando si sveglia, faccia la stessa cosa. Faccia subito un programma, rifletta, suggerisca a sé stesso il modo in cui è determinato a spendere il suo tempo. Compia il lavoro a cui ha pensato. La sua attività raddoppierà, ma deve fare un vero programma, non fantasticarci sopra. Deve creare un’abitudine e può farlo solo un po’ per volta, perché niente accade tutto insieme. Cambi la qualità del suo sonno, prima di dormire si frizioni il corpo con acqua fredda. Quando sta per addormentarsi preghi per le persone a lei care che sono morte. Queste cose sono una buona preparazione al sonno, altrimenti continuerà i sogni e le fantasie della sera.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 70-71

Su stanchezza e Lavoro - Gurdjieff

Domanda: A proposito del lavoro e della fatica, mi sembra che ci sia una differenza tra gli sforzi per il lavoro e gli sforzi meccanici. Il lavoro esteriore consuma la nostra energia; l’altro lavoro, al contrario, dovrebbe farci accumulare energia. Ma è il contrario. Ci si stanca molto, si perde energia.

Gurdjieff: Nel frattempo lei la mantenga. Lei si nutre consapevolmente dell’elettricità che ha nel corpo e la trasforma. Ciò costituisce la sua forza. Non è lo stesso tipo di stanchezza. La fatica derivata dal vero lavoro ha un futuro; lei è stanco e questo le dà un risultato sostanziale, ricarica il suo accumulatore. Se continua, si accumulerà in lei una sostanza consistente che ricaricherà la sua batteria. Più si stanca più il suo organismo potrà elaborare questa sostanza.

Domanda: La fatica è favorevole o no agli sforzi di concentrazione?

Gurdjieff: Se è fatica ordinaria non ne vale la pena. Dipende dall’altro accumulatore. Non sarà in grado di fare nemmeno le cose quotidiane e perderà le forze che le rimangono. Ma per un altro genere di fatica c’è un’altra legge: più dà e più riceverà.

Domanda: Ho notato che la mattina, quando sono riposato, non riesco a lavorare. La sera, viceversa, dopo tutte le fatiche del giorno, ho più successo.

Gurdjieff: Perché una parte di lei è stanca e perché lei lavora senza quella parte. Lavora con uno o due centri. Deve lavorare con tutti e tre. Se un centro è stanco non prende parte al lavoro e lei non ottiene risultati. Pensa di poter lavorare meglio di notte, ma è soggettivo, dunque non conta niente. è di poco valore.


G.I.Gurdjieff - Incontri con Gurdjieff - 1941-1943, pp 69-70

lunedì 2 ottobre 2017

Mistici e scienza - Florenskij

Migliaia di mistici di tutti i tempi hanno bussato con forze decuplicate alle finestre e alle porte del palazzo della scienza, e se non li lasceranno entrare con le buone, essi entreranno con le cattive, sfondando porte preziose sul loro cammino.

Pavel Aleksandrovič Florenskij, Sul misticismo di M.M. Speranskij, 1906

domenica 1 ottobre 2017

L'arte regia - Andrea Colamedici, Maura Gancitano

Nella Prefazione a Il Libro del Dio Vivente di Bò Yin Rà, scritta nel 1919, lo scrittore ed esoterista austriaco Gustav Meyrink sottolineava alcuni punti straordinariamente in linea con ciò che intendiamo analizzare in questo libro. È probabile che avesse intravisto in alcuni movimenti esoterici e spirituali del proprio tempo qualcosa che noi riconosciamo oggi, preconizzando un tatto che -- a nostro parere — è poi tristemente accaduto.
Scriveva Meyrink:
Più l’ umanità attuale si interessa di argomenti occulti, più i giusti concetti sembrano farsi confusi.
La colpa è della superficialità, dell'assenza di principi metafisici e dell’ indifferenza verso tutti i campi che non abbiano a che vedere col denaro, ma anche del deprecabile fatto che chiunque può, senza la minima qualificazione, pubblicare un libro dopo l’altro, seminandoli nel mondo come un’erba cattiva che sommergerà le rare piante pregiate del giardino incantato della segreta conoscenza.
[..]
«cui interessa di argomenti occulti»

Cosa sono gli argomenti occulti? Sono l’insieme di testi e tecniche che rispondono all’esigenza di fare esperienza di uno strato più profondo della realtà, celato (dal latino occultus, “nascosto”) dietro le apparenze del mondo ordinario. Gli argomenti occulti non rientrano nei bisogni primari dell’essere umano, ossia non sono necessari alla sopravvivenza dell’individuo. Ma — seguendo l’incitazione di Pompeo navigare necesse est, vivere non necesse (“navigare è necessario, vivere non è necessario”) -- per loro portata si pongono al di sopra dei bisogni primari. In altre parole, per chi percepisce dentro di sé la “chiamata spirituale” gli argomenti occulti rappresentano quel navigare tanto più importante del mero vivere.

«più i giusti concetti sembrano farsi confusi»
La spiritualità contemporanea ha reso quasi incomprensibile l’idea che esistano giusti concetti. È presente piuttosto un’unica grande didattica, semplicistica e consolatoria, che attraverso numerose sotto-didattiche appiattisce ogni tentativo di osservare se stessi e i misteri dell’Universo in una serie limitata e limitante di affermazioni (quasi sempre auto-assolutorie) e frasi fatte.
Il giusto concetto — una rappresentazione del reale che raccoglie e aggrega sapientemente i particolari — è invece l’applicazione coerente dell’intelletto, facoltà umana che nel corso dei secoli è via via uscita di scena; per la spiritualità consolatoria non esistono giusti concetti perché non esistono sbagliati concetti.
Semmai, esistono concetti troppo complessi, troppo "mentali”, che non lasciano spazio alla sensazione e al sentimento. Tutto è Bene, Tutto è Uno e Tutto, quindi, è Perfetto, in un’escalation di banalizzazione del reale che ha l’arroganza di prendere in esame qualunque cosa, a partire dai testi sacri di ogni epoca, che vengono tritati e macellati, pre-cotti e pre-masticati, in modo da essere comprensibili a tutti e applicabili nella vita quotidiana.
È un approccio che non tiene conto delle differenze ma mette qualunque ingrediente nel grande calderone della divulgazione e in questo modo confonde l‘interlocutore, che utilizza il linguaggio senza attenzione e consapevolezza, mescolando gli ingredienti culturali nella convinzione che, in fondo, ogni tradizione intenda dire pressoché la stessa cosa e che quindi sia più che lecito giocare al piccolo alchimista.

«La colpa è della superficialità»
Meyrink individua quattro grandi colpevoli, il primo dei quali è a nostro avviso il più importante. La superficialità, infatti, è la caratteristica della nostra epoca. Non è di per sé una caratteristica negativa: è l’abuso che se ne fa a essere pericoloso. Conoscere la superficie serve a orientarsi. a prendere le misure, a riconoscere i punti in cui è più sicuro appoggiare i piedi, ma il cammino interiore si nutre di complessità, di zone d’ombra, di profondità, di livelli e sfaccettature, di facce nascoste e di dimensioni ulteriori.
La superficialità oggi si manifesta attraverso la condivisione e adesione senza controllo delle fonti, la comparazione forzosa di filosofie, religioni e autori, l’idea che la risposta a una domanda si trovi in un libro, possa essere divulgata alle masse, sia già stata detta.


[..]
La spiritualità contemporanea, invece, esiste principalmente in funzione del denaro, in un meccanismo di iperproduzione editoriale e formativa che approfitta di una riflessione critica sul senso del denaro e della ricchezza per lucrare senza sosta.

[..]
Continuava Meyrink:
Per ritenersi abilitati a parlare della vera magia, dell’Arte Regia, bisogna aver dedicato a essa l’intera esistenza, essere per nascita uno di quegli inviati spirituali le cui tempie portano le favolose corna di un Mosè.
Da quando, nell’ultimo quarto di secolo passato, la russa H. P. Blavatsky fondò la Società Teosofica chiamando a raccolta in favore dell’arte quasi scomparsa della magia, è nato un movimento spirituale che (se non viene diretto all’ultimo momento sulla buona strada) può essere il preludio di un nuovo e tenebroso Medioevo, con le sue superstizioni, i suoi isterismi e le sue follie.
Meyrink non riusciva ad astenersi dal tentativo di rintracciare un’origine temporale dei meccanismi che vedeva in atto: è probabile che l’interesse nei confronti degli argomenti occulti sia nato grazie ai circoli di Madame Blavatsky, che è stata in grado di intercettare un interesse nascete da parte della — anche questa nascente -- società di massa. E forse in ciò risiede qualcosa di totalmente nuovo nella storia della spiritualità: il proselitismo.

[..]
Il pericolo che Meyrink evidenziava era che questo momento potesse portare a una superstizione di massa, alla riemersione di vecchi isterismi, di credenze che — lontane dall’avere radici nell’esoterismo e nella spiritualità antica -- avrebbero avuto qualcosa in comune con la credenza popolare e con la religione. È davvero successo questo?
Peggio ancora.
Si tratta in questo caso di una caricatura della vera magia, di una maschera grottesca che nasconde il volto autentico della spiritualità immortale, di un ripugnante spettro che erra per il mondo, avvolto nel malconcio pastrano di una pseudo-scienza.
[..]
 Tutti gli impostori avvizziti nel rancido balsamo della vanità e dell’auto-immensamente hanno sentito dire ai teosofi che esiste una campana che annuncia l’immortalità e già sanno tutti esattamente dove si trova, e i miserabili che li hanno creduti si precipitano in un deserto di sabbia senza fine, verso una campana che sono persuasi di aver sentito da lontano.
Ciò che il monaco, così come lo yogi, così come il sadhu, così come il sufi, così come le sacerdotesse cercavano per tutta la vita, e che sapevano di non sapere, e che non osavano pronunciare trova oggi spazio nei discorsi da bar, nei seminari del fine settimana, nei post su Facebook. È tutto chiaro, ogni cosa è illuminata.
Non c’è umiltà né estro nel pensiero di aver già trovato tutte le risposte, di aver già dimostrato tutto. E forse questa vanità non è molto diversa dallo scientismo, dal pregiudizio religioso, e in generale dall’atteggiamento di chi pensa di appartenere alla chiesa giusta. «Si accontentano delle domande che danno risposte inutili», chiosava Meyrink.
Il cercatore spirituale, invece, non sente mai di essere arrivato, ma si trova sempre in movimento, in viaggio, in ostante attenzione. Deve possedere un intento impeccabile, ed essere sempre disposto a imparare.
Non interpreterebbe mai la realtà sulla base di una griglia, di una tassonomia.
Non ha il successo come meta, né il mondo ordinario come orizzonte.
L’uomo, dalla nascita alla morte,
passa come un’ombra.
Cosa è esistito prima? Non ne sa niente.
Che cosa ci sarà dopo?
Non ne sa ugualmente nulla.
Al contrario, nel mondo spirituale contemporaneo non si fanno che trovare teorie e cosmogonie che vengono credute immediatamente vere. Non hanno la potenza immaginativa dei racconti tradizionali, e pretendono qualcosa di simile alla dimostrazione scientifica. Non c'è spazio per l’allegoria o per il dubbio, solo per il consenso.
Il cercatore procede a tentoni, non corre a bordo di una Ferrari, non cerca la consolazione, non ha tutte le risposte, ma ha sempre presente il fatto che siamo transeunti. La caducità, il suo posto nel cosmo, la sua possibilità di parteciparvi, ma al contempo la piccolezza che rappresenta. Il fatto che non è Dio, tutt’altro.
E che non sa niente di niente.
Il cammino del cercatore è lento, pericoloso, un percorso nel quale è possibile -- ed è molto frequente — convincersi di essere in viaggio quando si è bloccati in un fosso, nelle sabbie mobili, o si è finiti morti, bruciati.
Qual è lo scopo della spiritualità immortale? Trasformare l’animale, cioè prendere prima di tutto atto del fatto che siamo bestie, che abbiamo pulsioni grossolane, che siamo merda. Che siamo polvere. Che siamo niente. Trasformare l’animale che «si prende tutto, anche il cafiè, e che mi rende schiavo delle mie passioni», come cantava Franco Battiato.
 Per quanto ciò possa apparire incredibile, nient’altro che trasformare a poco a poco l’animale umano “coperto di pelli animali” e cacciato dal Paradiso nell’uomo originario e luminoso che, secondo le leggende, i racconti e i libri sacri, ha superato la morte.
La spiritualità immortale cerca di portare lo Spirito nella materia, di realizzare ciò che, secondo la tradizione - le leggende, i racconti e i libri sacri - può diventare l‘uomo. «Ecce Homo», il Superuomo, l’Uomo Nuovo, colui che ha superato la morte, la carne, la dimensione bestiale. «Certamente, è più difficile che suonare il piano». scriveva Meyrink. E in questo modo si rivolgeva a coloro che iniziano il percorso di lavoro su di sé come si intraprende un corso di cucina o di ricamo, cioè senza l'urgenza di abbandonare tutto, di spogliarsi totalmente, di partire senza mai tornare indietro.
Coloro a cui pare che esistano cose più importanti, o quasi altrettanto importanti nella vita, abbandonino subito: non farebbero che impoverire la loro esistenza, il loro corpo ne perderebbe e il loro spirito non ci guadagnerebbe nulla.
Anche l’atteggiamento attivo nei confronti della vita è molto diverso dalla “semi-passività” con cui il cercatore, secondo Meyrink, deve compiere i primi passi. Niente a che vedere con l’aumento, l’accumulo, il guadagno, niente a che vedere con il pirata che tenta il saccheggio dei reami invisibili; il cercatore è invece più simile al pellegrino, a colui che ha abbandonato tutto e che per procedere nel cammino non ha bisogno di niente. Colui che rifiuta ogni attaccamento, che si allontana da ogni desiderio, che prima di tutto cerca la libertà.

[..]
 E se è vero che oggi l’essere umano è diverso, che il mondo in cui vive è diverso dall’ambiente settecentesco e che, come ha dichiarato Rama Krishna «le antiche vie sono sepolte», rimane fermo, immutabile e atemporale il suo scopo, cioè trasformarsi, andare, come ha scritto Sri Aurobindo solo pochi decenni fa, «oltre l’uomo».
Il lavoro del cercatore è un lavoro di sottrazione. La costante ricerca di una via d’uscita, della pietra filosofale, della chiave per sfuggire alla dissoluzione.
Ciò che oggi si fa chiamare spiritualità non prende neppure in considerazione questa ricerca, ma spinge a conquistare sempre di più, ad aggiungere diplomi, qualità, abilità, a fare curriculum. Se ricordasse che siamo transeunti, che non siamo niente, che polvere siamo e polvere ritorneremo, e che nessuno può dirci davvero cosa accadrà dopo la morte, le sue fondamenta si sbriciolerebbero. Non c’è niente di sbagliato nelle tecniche di coaching, nel training autogeno, nel counseling e in generale in tutto ciò che ha come obiettivo la guarigione da blocchi fisici ed emotivi. Il punto è che ciò non e spiritualità, ma psicologia.


Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Tu non sei Dio, pp 27-40