Chi è Siddhartha? È uno che cerca, e cerca soprattutto di
vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal
misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli
affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva
nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il
misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel
tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di
Siddhartha, che ripete il «costante, tranquillo, fine, impenetrabile,
forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama,
il Buddha, quale egli stesso l’aveva visto centinaia di volte con
venerazione».
Siddhartha è senz’altro l’opera di Hesse
più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano,
pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi
ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte
del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo,
dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e
delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca,
un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non
incontravano altrove.
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