mercoledì 21 giugno 2017

Ricordo di se stessi e risveglio - Ouspensky

Per me personalmente, da principio, l’idea più interessante era quella del ricordare se stessi. Proprio non potevo capire come alla gente po tesse sfuggire una cosa del genere. A tutta la filosofia e psicologia europea era sfuggito questo punto. Ne esistono tracce in vecchi insegnamenti, ma sono così ben occultate e poste tra cose meno importanti che non potete afferrare l’importanza dell’idea.
Quando cerchiamo di tenere a mente queste cose e di osservare noi stessi, arriviamo alla ben definita conclusione che nello stato di coscienza in cui ci troviamo, con tutta questa identificazione, considerare, emozioni negative e assenza di ricordare se stessi, siamo veramente addormentati. Immaginiamo di essere svegli. Perciò, quando cerchiamo di ricordare noi stessi, ciò significa una sola cosa: cerchiamo di svegliarci. E ci svegliamo per un secondo ma poi ricadiamo nel sonno. Questo è il nostro stato di essere, quindi in realtà siamo addormentati. Ci possiamo svegliare soltanto se correggiamo parecchie cose nella macchina e se lavoriamo tenacemente e per molto tempo sull’idea del risveglio.

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Esistono parecchie cose interessanti in relazione a ciò. Il gruppo da me incontrato a Mosca usava metafore e parabole orientali, e una del le cose di cui essi amavano parlare era la prigione: quell’uomo sta in prigione, cosa gli può quindi piacere, cosa può desiderare? Se è un uomo più o meno sensibile, egli può volere soltanto una cosa: evadere.
Ma ancor prima che egli possa formulare questo desiderio, che desidera evadere, deve divenir conscio di essere in prigione. Poi, quando formula questo desiderio, egli comincia a rendersi conto delle possibilità di fuga, e comprende che, da solo, non può evadere perché è necessario scavare sotto i muri e cose del genere. Egli si rende conto che, prima di tutto, deve avere qualche persona che desideri fuggire con lui:un piccolo gruppo di persone. Egli si rende quindi conto che un certo numero di persone può forse fuggire. Ma non tutti possono evadere.

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Ripeto, non tutti possono fuggire. Esistono parecchie leggi contro ciò. Per dirla in parole povere, ciò sarebbe troppo osservabile e produrrebbe immediatamente una reazione da par te delle forze meccaniche.

D. Il desiderio di evadere è istintivo, non è vero?

R. No, Soltanto il lavoro interiore dell’organismo è istintivo. Deve essere intellettuale o emotivo, perché la funzione istintiva appartiene in realtà alle funzioni inferiori, quelle fisiche. Tuttavia, in qualche occasione, ci può essere un desiderio fisico di evasione. Supponiamo che faccia troppo caldo nella stanza e che sappiamo che fuori fa fresco; indubbia mente possiamo desiderare di uscirne. Ma il rendersi conto di essere in prigione, e che esiste la possibilità di evadere, richiede ragione e senti mento.


P. D. Ouspensky, La Quarta Via, pp 21-22

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