"La preghiera non potrebbe aiutare un uomo a vivere come un Cristiano?", chiese qualcuno.
"La preghiera di chi?, replicò G. La preghiera degli uomini soggettivi, ossia degli uomini 1, 2, 3 non può dare che risultati soggettivi. Con le loro preghiere tali uomini si consolano, si suggestionano e si addormentano da sé. Conseguenza di auto-ipnosi, questa preghiera non può dare risultati oggettivi".
"Ma la preghiera in generale non può dare risultati oggettivi?", domandò un altro.
"L'ho già detto: dipende da chi prega, rispose G. Si deve imparare a pregare esattamente come si deve imparare il resto. Per chi sappia pregare e sia capace di concentrarsi nel giusto modo, la preghiera può dare dei risultati. Dobbiamo tuttavia comprendere che vi è preghiera e preghiera e che i risultati sono differenti. Questo è conosciuto anche dalla liturgia corrente. Ma quando parliamo della preghiera o dei suoi possibili risultati, non consideriamo che un tipo di preghiera — la domanda; o meglio noi pensiamo che la domanda possa collegarsi a tutte le altre specie di preghiera. Evidentemente non è vero. La maggior parte delle preghiere non hanno niente in comune con la domanda. Mi riferisco alle antiche preghiere, di cui molte risalgono a molto prima del cristianesimo. Queste preghiere sono, in un certo modo ricapitolazioni; ripetendole ad alta voce o mentalmente l'uomo si sforza di provare tutto il loro contenuto col pensiero e col sentimento. D'altronde un uomo può sempre comporre nuove preghiere a sua intenzione. Dirà, per esempio: 'Voglio essere serio'. Tutto dipenderà da come lo dice. Se lo ripeterà diecimila volte al giorno, chiedendosi quando finirà e che cosa ci sarà da cena, questo non è pregare, ma mentire a sé stesso. Tuttavia, queste stesse parole possono diventare una preghiera se l'uomo le recita così: 'Io' — e nello stesso tempo pensa a tutto quello che sa su 'Io'. Questo 'Io' non esiste, non c'è un solo 'Io' ma una moltitudine di piccoli 'io' rivendicatori e attaccabrighe. Eppure egli vuole essere un vero 'Io', vuole essere il signore; si ricorda della vettura, del cavallo e del padrone. 'Io' è il padrone, VOGLIO — egli pensa al significato di 'Io voglio'. È forse capace di volere? In lui continuamente 'si vuole' e 'non si vuole'; ma egli farà lo sforzo di opporre al 'si vuole' e al 'non si vuole' il proprio 'io voglio', connesso alla scopo del lavoro su di sé. In altri termini cercherà di introdurre la terza forza nella combinazione abituale delle due forze: 'si vuole' e 'non si vuole', ' ESSERE ' — egli penserà a ciò che significa l'essere'. L'essere di un uomo automatico a cui tutto accade. E l'essere di un uomo che può fare. È possibile 'essere' in modi differenti. Egli vuole 'essere' non soltanto nel senso di esistere, ma nel senso di grandezza, di potere. Allora la parola 'essere' prende un peso, un senso nuovo per lui. ' SERIO ' — egli pensa a ciò che significa 'essere serio'. Il modo in cui egli risponde a sé stesso è molto importante. Se comprende ciò che dice, se è capace di definire a sé stesso correttamente ciò che significa 'essere serio', se sente di desiderarlo veramente, allora la sua preghiera può dare un risultato: può riceverne una forza, poi potrà notare più spesso in quali momenti non è serio, infine egli avrà meno difficoltà a vincere sé stesso. Dunque, questa sua preghiera l'avrà aiutato a divenire serio.
"Allo stesso modo un uomo può pregare così: 'io voglio ricordarmi di me stesso', ' RICORDARMI ' — che cosa significa 'ricordarsi'? L'uomo deve pensare alla memoria — quanto poco egli ricorda! Come si dimentica sovente quello che ha deciso, quello che ha visto, quello che sa! Tutta la sua vita cambierebbe se potesse ricordarsi. Tutto il male viene dal suo dimenticare, ' ME STESSO ' — di nuovo ritorna a sé stesso. Di quale 'me' desidera ricordarsi? Vale la pena ricordarsi di sé stesso interamente? Come può riconoscere ciò che vuole ricordare? L'idea del lavoro: come potrebbe legarsi più strettamente al lavoro? e così di seguito.
"Nel culto cristiano, vi sono parecchie preghiere del tutto simili a queste, in cui è necessario riflettere su ogni parola. Ma esse tuttavia perdono ogni portata, ogni significato, quando sono recitate o cantate meccanicamente.
"Consideriamo la conosciutissima preghiera: 'Signore abbi pietà di mé' Cosa vuoi dire? Un uomo rivolge una invocazione. Non dovrebbe pensarci un po', non dovrebbe fare un confronto, domandarsi cosa è Dio e cosa è lui stesso? Poi, sta domandando a Dio di avere pietà di lui. Ma bisognerebbe che Dio pensasse a lui, che lo prendesse in considerazione. Ora, merita proprio che le si prenda in considerazione?
Cosa c'è in lui che sia degno di essere oggetto di pensiero? Chi deve pensare a lui? Dio stesso. È chiaro che tutti questi pensieri, e molti altri ancora, dovrebbero passare per la mente come egli pronuncia questa semplice preghiera. E sono precisamente questi pensieri che potrebbero fare per lui ciò che egli chiede a Dio di fare. Ma a cosa pensa e quali risultati può dare la sua preghiera, se ripete come un pappagallo: Signore abbi pietà! Signore abbi pietà! Signore abbi pietà! Lo sapete bene che questo non può dare alcun risultato.
P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 333-335
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