lunedì 30 gennaio 2017

Angeli - Igor Sibaldi




Preghiera come Resistenza in un circuito (min 32.25)

D'altra parte il concetto di preghiera è quello, il concetto di pila, di lampadina è lo stesso concetto.
[...]
Volta fa la pila, Edison ci infila una resistenza: un pezzo di tungsteno. E' un pezzo che, mentre il filo di rame non fa tanta resistenza perchè è un bravo conduttore, qui invece l'energia elettrica che passa dal tungsteno fa tanta luce.
Nei vangeli sta scritto che si fa più festa in cielo per un peccatore che si accorge che per 99 giusti che non si accorgono, questo è lo schema del circuito con la lampadina. Questo qui è il cielo (+), questa la terra (-), ed è la pila, il filo di rame sono i 99 giusti, la lampadina/resistenza è il peccatore. Nella preghiera cosa avviene? Nella preghiera tu sei qui (terra, -), Dio è qua (cielo, +), fai un filo di rame normale e dici la preghiera, la prima parte della preghiera, "ave Maria piena di grazia, il Signore è con Te...", dei complimenti spinti alla Madonna: piena di grazia, Signore teco.. il seno tuo. Questo qui è col filo, dopo di che, si passa alle richieste, cioè alle resistenze: "prega per noi peccatori", ho un problema, Signora, nel tempo libero ci metta una parola buona perchè c'ho una resistenza che non va bene, un pezzo di tungsteno, è qui che viene l'energia.
[...]
Questa è la preghiera (resistenza) che può illuminarsi solo se c'è un cielo (+) ed una terra (-) connessi. La preghiera è una domanda, qui (pila senza resistenza) sono complimenti, meditazione, qua (resistenza) è una domanda. La domanda è qualcosa che non sai, qualcosa che ti manca, tutte le volte che Gesù dice "chiedete e vi sarà dato", dice, mettete la lampadina nel circuito.
Questo è un circuito (percorso che va da un punto (+) ad un altro (+) del cerchio passando per il centro (-) del cerchio), qui (centro) c'è la lampadina. Tu sei la lampadina. Questa (cerchio con centro) è una pila , questo (percorso) è un circuito. L'angelo è un circuito, a quei tempi non c'era l'elettricità, ma avevano già capito certe cose. Allora questo è un circuito... ha un polo d'entrata (+) e un polo negativo, qui si forma una corrente di energia (differenza di potenziale), nella corrente di energia ci sei tu con tutte le tue domande, con tutti i tuoi bisogni. Se sei bene innestato ti illumini. Questo è il motivo per cui l'angelo viene raffigurato appunto con le ali (percorso-circuito) e questa qui (centro-lampadina-resistenza) è la testona bionda dell'angelo che non è bionda perchè loro prediligevano i tedeschi, è bionda perchè rappresenta l'oro in cui il tungsteno della lampadina si trasforma quando è inserito in un circuito. Gli antichi dicevano piombo e oro, adesso diciamo tungsteno e luce, però è la stessa roba.
[...]
Se sei qui (centro), hai un rapporto privilegiato col sistema pila, col tuo mondo. Il sistema pila ha dentro un circuito in cui tu entri solo se sei una persona libera, se sei libero di accorgerti  e di cui senti solo parlare in termini vaghi e per lo più incomprensibili quando sei qua (punto lontano dal percorso-circuito), qui invece lo sperimenti, nel fare, nell'avere, nell'essere. Di cosa è fatto questo circuito? Non di un vento, non di una cascata, non di una misteriosa energia sottile, è fatta di avvenimenti, di miliardi di avvenimenti che ci sono qui (percorso), avvenimenti che hanno una certa valenza tra di loro, questa qui (percorso) è una strisciata di avvenimenti, di possibili scelte della tua vita.



Damascio e gli angeli (min 42.00)

I cristiani di questa roba non sapevano niente, sapevano che c'erano questi angeli, nel sesto-settimo secolo. Gli arabi sapevano che c'erano questi angeli, che avevano tutti il nome ebraico, i cristiani odiavano gli ebrei in quel periodo, per cui gli angeli non piacevano più di tanto.
[..]
Poi, ad un certo punto, non si sa da dove e da chi, tira fuori un libro che si chiama "le gerarchie celesti", pubblicato adesso dalla Bompiani. Questo libro si presenta e dice: "Io sono un autore del primo secolo dopo Cristo. Io ho conosciuto San Paolo ad Atene e so un sacco di cose che San Paolo mi ha detto, e te le racconto anche a te." E racconta tutto sugli angeli intesi in questo modo, spiegando tutti i vari tipi di angeli, ossia tutti i possibili tipi di circuito che ci possono essere all'interno di un Adam (mondo). Perchè non c'è mica un circuito solo?  Questo qui (indicando il disegno) è il tuo, ma ce ne sono tantissimi altri, tanti fili all'interno di una pila. E questo, in gerarchie, vi spiega che cosa sono i cherubini che cosa sono i serafini, troni, principati, eccetera. Tutti se lo bevono questo libro, piace tantissimo, l'originale esce in Siria, in greco, poi lo traducono in latino. Dante e quasi tutto il suo paradiso l'ha costruito su questo libro.
[...]
L'autore di questo libro, non è quello che c'è sul titolo, Dionigi l'Areopagita, ma un certo Damascio. Un filosofo ebreo del quinto-sesto secolo che stava a Costantinopoli. Ad un certo punto, c'erano questi nervosismi verso gli ebrei, si stufa di stare a Costantinopoli, dove lo trattano da stupido, e attraversa il confine con la Persia. I persiani, a tutti i filosofi che scappavano dalla zona latina, li prendevano con grande gioia e non solo ma i filosofi latini, era greco però dell'impero latino, che andavano in Persia erano contentissimi, perchè in Persia c'era tutta la letteratura greca; cioè noi Aristotele l'abbiamo perso di vista da un bel pezzo, i persiani lo traducevano, erano molto colti. Stando lì scrive il suo libro, perchè ha un progetto. Ha capito che per gli ebrei è finita, poi però si sbagliava, e aveva capito che i cristiani prima o poi sarebbero riusciti a farli fuori tutti, però lui ci teneva moltissimo. Allora come fare a conservare una scienza tipo questa, ebraica, in un mondo cristiano? Si inventa questo contrabbando, per cui adesso è famosissimo Damascio, dice: io faccio finta di essere cristiano e faccio finta di essere tra i fondatori del cristianesimo, amico di San Paolo. E dico: "San Paolo ha detto a me delle cose che sono cristianissime e che in realtà sono totalmente ebraiche, se ci cascano nella trappola, io tutta una scienza che con queste bestie di occidentali me la distruggeranno sicuramente nei prossimi anni, viene conservata da loro, pensando che sia una roba cristiana, mentre invece è nostra. A me non importa il marchio di fabbrica, m'importa che si continui a sapere questa roba." E gli è riuscita. Quindi da un momento di caos, i cui degli angeli non si sapeva niente, arriva questa teoria che comincia ad interessare sia San Tommaso, sia Dante, sugli angeli come fasci di energia che attraversano l'adam.
[...]
Adesso guardate un po' come cambia la nostra psicologia e la nostra esistenza con l'idea di questo circuito. Da subito un senso speciale a tutto una serie di cose che ti capitano e che ti possono capitare. Quando tu sei libero sei al centro del tuo adam e ti capitano delle cose eccezionali, quando non sei libero sei fuori (lontano dal percorso-circuito) portata dalle cose eccezionali e senti che ci sono nel mondo delle meraviglie, però tu non ne sai niente. Credi agli angeli con le ali e i capelli biondi, ma non sai perchè hanno le ali e i capelli biondi, qui (centro) non ci credi agli angeli con le ali e i capelli biondi, ma li esperimenti proprio. E sai che quel biondo sei tu e quelle ali sono la connessione tra qualsiasi istante di alcuni avvenimenti della tua vita della fascia centrale dell'adam e il sistema energetico del tuo mondo. Naturalmente è bello stare qua, uno che sapesse che si può stare qui, la cosa migliore da fare sarebbe spiegare la cosa al suocero, al dirigente, al sergente che si occupa di te, chi ti pare, e trasferirti qui.



Origine egiziana (min 48.50)

Questa è una tipica scienza ebraica, e come tutte le tipiche scienze ebraiche, non è di origine ebraica, è di origine egiziana, in parte egiziana.
[...]
Quanti circuiti ci saranno? Gli egiziani dicevano, ciascuno per ogni grado: 360 circuiti. Li indicavano, con i loro geroglifici, dopo averli studiati a lungo, praticamente avevano suddiviso l'adam di tutti in fasce, in circuiti. Alcuni si sovrapponevano, naturalmente, e ognuno aveva una serie di avvenimenti, stando dentro ai quali si era dentro quella forza lì, quindi non è questione di meditazione, per stare dentro a questo circuito, bisogna che tu sei su questo avvenimento qui e devi scegliere, scegli questo e passi su questo, poi passi su questo qua, poi.. e devi stare attento a non uscire qua fuori, fuori dal tuo circuito.



Cattolico (min 1.04.50)

L'occidente sapete che è cattolico, in tutte le sue manifestazioni. Che vuol dire cattolico? Cattolicos, universale. Caratteristica e grande novità dell'occidente, poi copiata dagli arabi è: tu hai torto, ho ragione io. Prima dell'impero romano col culto dell'imperatore, ogni religione stava bene al posto suo. Cioè, era come il mangiare, a Milano si mangia 'el risott', a Napoli si mangia la pizza, ma non è che il napoletano va a litigare con il milanesi perchè si mangia il risotto e non la pizza o viceversa. Quindi ognuno c'aveva il suo Dio, la sua religione, cambiavi zona, c'era un altro Dio e andava tutto bene, e guai a convertirsi, non era neanche pensabile convertirsi.
Poi, invece, salta fuori il momento cattolicos: se tu non onori il Dio che onoro io, ti ammazzo. Cominciano i romani con il culto dell'imperatore, i cristiani continuano. Dicono, di Dio ce n'è uno solo e tutti gli altri son cattivi. Non c'era nella Bibbia questo, c'è: Israele, il tuo Dio è uno, quello degli altri è degli altri. Invece nel cattolicos c'è uno solo giusto per tutti. Per cui l'indios sudamericano se non crede nel tuo Dio, tu lo devi ammazzare, perchè è una bestia non è neanche un uomo. Questa è l'idea dell'occidente, terribile.



Peccato e trauma (min 1.25.29)

Secondo questa teoria, chi è dentro la sua strada ha successo, chi non è dentro no. Qui continui a non sprecare energia e ad avere tutto a favore, quando sei fuori hai tutto contro e sprechi tanta energia. Fuori fai quello che vogliono gli altri, dentro fai quello che vuoi tu, chiaro che hai successo.
Perchè allora non succede questo? C'è l'aggiunta psicologica, ad un certo punto capita qualcosa al bambino, gli si fa un muro qui, e il bambino deve uscire. Esce e non sa dove andare, gira e rigira, e magari finisce qui (punto fuori dal centro del suo circuito ) da grande. Su una zona, un angelo che non è suo, senza sapere niente degli angeli, lontano da quello che è il suo, in una vita brutta, noiosa. E questo muro qui si chiama trauma. Ed è quello che nei vangeli si chiama peccato.
Voi sapete che Gesù cura i peccatori, "non sono venuto per i giusti ma per i peccatori". Uno si immagina che questo frequentava della gentaglia.. poi quando arriva il malato, il paralitico, dice "i tuoi peccati ti sono perdonati", allora lui si tira su e torna a casa contento. Pensate le implicazioni di questa traduzione. L'implicazione qual'è? Lui ha commesso dei peccati e Dio l'ha punito con la paralisi. [...] Uno pensa, chissà cosa ne ha fatte quello la, per essere paralitico. Gesù però è bravo perchè glielo perdona.
Questa idea qui è basata su un errore di traduzione. La parola che Gesù usava probabilmente era khedìe che in realtà vuol dire letteralmente energia bloccata, non vuol dire colpa. In latino peccatum vuol dire colpa contro le regole della società. [..] La parola che più si avvicina al concetto di energia bloccata, da noi è trauma, non è peccato.
[..] Ora cambia un po' tutto. Allora non è che Dio punisce per il peccato, Dio non fa niente, ma se tu blocchi la tua energia, è chiaro che questa energia bloccata dal trauma produce dei guai da qualche altra parte. Se fluisce va bene, se viene bloccata dall'khedìe, è bloccata.
Il blocco dell'energia nella tradizione di Gesù può essere due cose: prima cosa, una trasgressione alla legge. Però la legge ebraica è una cosa molto precisa è una legge naturale, tutti i 600 comandamenti non sono un accordo sociale è che se tu fai queste cose stai bene se non le fai stai male. [..] Ce n'è uno che dice: "non dimorare a lungo in Egitto". Non stare tanto tempo in Egitto, che non vuol dire Sharm el Sheik, Meifi, Il Cairo. Egitto per loro sono le multinazionali del tempo, le aziende, cioè lavora nelle aziende ma non starci tanto tempo sennò ti mangia l'azienda. Quindi il trauma per loro è andare contro queste leggi qua.
Le prime le conoscete, per esempio, quella tradotta "non commettere atti impuri". Non commettere atti impuri è una proibizione che non capisci il senso, perchè, cosa c'è di impuro? Impuro è l'idea che non lo devi commettere, forse. [..] Nell'originale è "non prostituirti", ossia, non pensare che il tuo impulso sessuale sia una cosa che puoi vendere e comprare perchè altrimenti ti ammali, di testa, ti fai un trauma.
"Non desiderare la roba d'altri" nell'originale praticamente significa non desiderare quello che desiderano gli altri, altrimenti non ti conoscerai mai, non saprai mai chi sei. Quindi vai in giro per il mondo e non rispetti questo comandamento, è chiaro che hai un sacco di traumi, perchè vai contro una cosa che fa bene.
Prima cosa, non rispetto della legge in quel senso, seconda cosa, violenze subite. Quindi tutte le volte che hanno scritto peccatore nei vangeli è uno che è stato violentato? Probabile. Gesù dice, trovo il paralitico, che evidentemente ha energia bloccata, io voglio sapere che trauma ha avuto, glielo trovo, lo libero, e gli si sblocca l'energia e ritorna sano. E' un'idea bellissima.
[..] Gesù era uno di quelli che curava i traumi, togliendo i traumi si ripristina il corso. I traumi non sono tutti i guai che ti sono capitati, perchè per esempio puoi avere tanti guai ma sei perfettamente qui dentro (angelo). Il trauma è un guaio di tipo particolare, è qualcosa che ti è capitato e ti ha fatto male, ma ti è capitato in un momento in cui non potevi far fronte a questa faccenda e così l'hai nascosto, l'hai dimenticato, dandoti l'ordine di non ricordartelo più. Quindi se uno dice, "io mi ricordo un mio trauma, è stato questo e.." non è un trauma. Il trauma è un qualcosa che per definizione non ti puoi ricordare.

martedì 24 gennaio 2017

Lo sbadiglio e il riso - Gurdjieff

In aggiunta a tutto quello che aveva detto sugli accumulatori, G. fece un'osservazione molto importante a proposito dello sbadiglio e del riso.

"Due funzioni del nostro organismo restano incomprensibili e inesplicabili dal punto di vista scientifico, disse, benché la scienza, naturalmente, non ammetta la propria incapacità di dare una spiegazione: lo sbadiglio ed il riso. Né l'uno né l'altro possono essere compresi e spiegati correttamente, se si ignora tutto degli accumulatori e del loro ruolo nell'organismo.

"Avete osservato che sbadigliate quando siete stanchi. Questo è particolarmente evidente in montagna, quando un uomo che non ne ha l'abitudine fa una ascensione: egli sbadiglia pressoché di continuo. Sbadigliare significa caricare d'energia i piccoli accumulatori. Quando essi si svuotano troppo rapidamente, in altri termini quando uno di essi non ha tempo di riempirsi mentre l'altro si svuota, lo sbadiglio diviene pressoché continuo. Esistono condizioni che possono condurre all'arresto del cuore, allorché un uomo vuole sbadigliare, ma non lo può; ve ne sono altre in cui la funzione dello sbadiglio non è normale, e allora un uomo può sbadigliare senza interruzione, in pura perdita, cioè senza poterne trarre alcuna energia.

"Lo studio e l'osservazione dello sbadiglio fatti da questo punto di vista possono rivelare molte cose nuove ed interessanti.

"Anche il riso è in rapporto diretto con gli accumulatori, ma il riso è la funzione opposta allo sbadiglio.. Il riso non può introdurre energia in noi, al contrario ne espelle, liberandoci così dall'energia superflua che si trova immagazzinata negli accumulatori. Il riso non esiste in tutti i centri, ma soltanto per quelli divisi in due metà: positiva e negativa. Non ho ancora parlato di questo aspetto nei particolari; lo farò quando giungeremo ad uno studio più approfondito dei centri. Per il momento prenderemo in considerazione solamente il centro intellettuale. Certe impressioni possono cadere contemporaneamente sulle due metà del centro, e suscitare nello stesso istante un 'sì' e un 'no' ben definiti. Questa simultaneità del 'sì' e del 'no' provoca nel centro intellettuale una specie di convulsione, e poiché esso e incapace di armonizzare e di digerire queste due impressioni opposte di uno stesso fatto, il centro comincia a espellere, sotto forma di riso, l'energia che affluisce in lui dall'accumulatore sul quale si trova innestato. In altri casi capita che nell'accumulatore si sia immagazzinata molta più energia di quanta il centro ne possa spendere. Allora ogni impressione, anche la più ordinaria, può essere percepita come duplice; essa può cadere simultaneamente sulle due metà del centro e provocare il riso, cioè liberare energia.

"Io vi do qui, comprendetelo, solamente una traccia. Dovete ricordare che lo sbadiglio e il riso sono entrambi molto contagiosi. Ciò dimostra che sono essenzialmente funzioni dei centri istintivo e motore".

"Perché il riso è così piacevole?", domandò qualcuno.

"Perché il riso ci libera di un'energia superflua che, se rimanesse inutilizzata, potrebbe diventare negativa, cioè tossica. Abbiamo in noi una forte dose di questa sostanza tossica. Il riso ne è l'antidoto. Ma questo antidoto è necessario solo finché saremo incapaci di impiegare tutta la nostra energia ad un lavoro utile. È stato detto del Cristo che non rideva mai. Ed effettivamente non troverete nei Vangeli una sola allusione al fatto che il Cristo abbia mai riso. Ma vi sono differenti modi di non ridere. Taluni non ridono mai perché sono completamente sommersi dalle loro emozioni negative, dalla loro malvagità, paura, odio, diffidenza. Altri non ridono perché non possono avere emozioni negative. Comprendete bene questo: nei centri superiori il riso non può esistere, perché nei centri superiori non vi è divisione, non vi è 'sì' e 'no'.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 262-263



Super sforzi e accumulatori - Gurdjieff

"Dovete comprendere, disse, che gli sforzi ordinari non contano. Solo i super sforzi contano. E così sempre e per tutto. Per coloro che non vogliono fare 'super sforzi', la cosa migliore è che abbandonino tutto e prendano cura della loro salute".

"I super sforzi non rischiano di essere dannosi?", domandò uno degli uditori, abitualmente preoccupato della propria salute.

"Naturalmente possono esserlo, disse G., ma è preferibile morire facendo degli sforzi per svegliarsi che vivere nel sonno. Ecco una ragione. D'altronde, non è poi così facile morire per degli sforzi eccessivi. Abbiamo molta più forza di quanto non pensiamo. Ma non ne facciamo mai uso. Occorre comprendere, a questo riguardo, un aspetto della organizzazione della macchina umana.

"Un certo tipo di accumulatore ha una parte molto importante nella macchina umana. Vi sono due piccoli accumulatori a fianco di ogni centro, e ognuno di essi contiene la sostanza particolare necessaria al lavoro di quel centro.

"Nell'organismo vi è inoltre un grande accumulatore, che alimenta i piccoli. I piccoli accumulatori sono collegati fra di loro, e ognuno di essi è collegato al centro più vicino, come pure al grande accumulatore". G. disegnò il diagramma generale della macchina umana, indicò la posizione dei grandi e dei piccoli accumulatori, e i loro collegamenti.

"Gli accumulatori lavorano nel modo seguente, disse. Immaginiamo un uomo che sta lavorando: egli legge, per esempio, un libro difficile e si sforza di comprenderlo; in questo caso, numerosi 'rulli discografici' girano nell'apparecchio intellettuale localizzato nella testa. Oppure supponiamo che stia scalando una montagna, e venga a poco a poco pervaso dalla fatica; in questo caso, sono i 'rulli' del centro motore che girano.

"Il centro intellettuale, nel nostro primo esempio, e il centro motore nel secondo, attingono dai piccoli accumulatori l'energia necessaria al lavoro. Quando un accumulatore è quasi vuoto, l'uomo si sente affaticato. Egli vorrebbe fermarsi, sedersi se sta camminando, pensare a qualche cosa d'altro se sta risolvendo un problema difficile. Ma, inaspettatamente, sente un afflusso di energia, ed è nuovamente in grado di camminare o di lavorare. Ciò significa che il centro affaticato si è collegato al secondo accumulatore, dal quale trae nuova energia. Nel frattempo, il primo accumulatore si ricarica, assorbendo energia dal grande accumulatore. II lavoro del centro riprende e l'uomo continua a camminare o a lavorare. Talvolta, per far sì che avvenga questo collegamento, è necessario un breve riposo. Talvolta occorre uno choc o uno sforzo. In entrambi i casi, il lavoro riprende. Ma, dopo un certo tempo, La riserva di energia del secondo accumulatore si esaurisce anch'essa. Allora l'uomo si sente nuovamente affaticato.

"Ancora uno choc esteriore, o un istante di riposo, o una sigaretta, o uno sforzo, e il contatto con il primo accumulatore è stabilito.

"Può facilmente accadere però che il centro abbia esaurito l'energia del secondo accumulatore così rapidamente che il primo non ha avuto il tempo di riempirsi a spese del grande accumulatore, e che abbia preso solamente la metà dell'energia che poteva contenere; esso è pieno soltanto a metà.

"Essendosi messo in collegamento con il primo accumulatore, il centro comincia ad attingere energia, mentre il secondo si collega con il grande accumulatore, per ricaricarsi a sua volta di energia. Ma questa volta, il primo accumulatore non essendo pieno che a metà, il centro esaurisce molto presto la sua energia e durante questo tempo il secondo non è riuscito a riempirsi che di un quarto. Il centro si mette in collegamento con esso, lo svuota rapidamente di tutta l'energia e nuovamente si ricollega con il primo accumulatore, e così di seguito. Dopo un certo tempo, l'organismo è messo in tale stato, che né l'uno né l'altro dei piccoli accumulatori hanno una goccia di energia di riserva. Questa volta, l'uomo si sente realmente affaticato. Non si regge più sulle gambe, casca dal sonno, oppure l'organismo reagisce più morbosamente, con mali di capo, palpitazioni, ecc. ecc. L'uomo si sente male.

"Poi, improvvisamente, dopo essersi riposato un po', oppure in seguito ad uno choc o ad uno sforzo, ecco un nuovo flusso di energia, e l'uomo è ancora una volta in grado di pensare, di camminare e di lavorare.

"Questo significa che il centro è ora in collegamento diretto con il grande accumulatore. L'energia in esso contenuta è enorme. Un uomo messo in collegamento con il grande accumulatore è capace di compiere veri e propri miracoli. Ma, naturalmente, se i rulli continuano a girare e se l'energia tratta dagli alimenti, dall'aria e dalle impressioni continua ad essere consumata più in fretta di quanto non sia ricostituita, allora viene un momento in cui lo stesso grande accumulatore è vuotato di tutta la sua energia, e l'organismo muore. Ciò accade però molto raramente. Di solito, l'organismo reagisce molto prima, cessando automaticamente di funzionare. Perché l'organismo muoia di spossatezza occorrono condizioni speciali. Nelle condizioni ordinarie, l'uomo cadrà addormentato, sverrà, oppure si svilupperà in lui qualche complicazione interna che impedirà al suo organismo di continuare a svuotarsi, molto tempo prima del pericolo reale.

"Non vi è perciò ragione di aver paura degli sforzi; il pericolo di morire in conseguenza di essi, praticamente non esiste. È molto più facile morire di inazione, di pigrizia o per paura di fare degli sforzi.

"Il nostro scopo consisterà dunque nell'imparare a stabilire dei collegamenti tra questo o quel centro col grande accumulatore. Fino a quando non ne saremo capaci, falliremo in ogni nostra impresa, perché cadremo addormentati prima che i nostri sforzi possano produrre il minimo risultato.

"I piccoli accumulatori sono sufficienti per il lavoro ordinario, quotidiano, della vita. Ma per il lavoro su di sé, per la crescita interiore, e per gli sforzi che si esigono da ogni uomo che si impegna nella via, l'energia di questi piccoli accumulatori non è sufficiente.

"Dobbiamo imparare ad attingere l'energia direttamente dal grande accumulatore.

"Tuttavia, questo non è possibile senza l'aiuto del centro emozionale. È essenziale comprenderlo. Il contatto con il grande accumulatore può solo stabilirsi per mezzo del centro emozionale. Di per sé stessi, i centri istintivo, motore ed intellettuale non possono trarre alimento che dai piccoli accumulatori.

"Questo è precisamente ciò che le persone non comprendono. Eppure, il loro scopo dovrebbe essere lo sviluppo dell'attività del centro emozionale. Il centro emozionale è un apparecchio molto più sottile del centro intellettuale, particolarmente se prendiamo in considerazione che, di tutte le parti del centro intellettuale, la sola che lavora è l'apparecchio formatore, e che molte cose restano per lui assolutamente impossibili. Se un uomo vuoi sapere e comprendere più di quello che sa e comprende oggi, deve ricordarsi che questo nuovo sapere e questa nuova comprensione gli verranno per mezzo del centro emozionale, e non per mezzo del centro intellettuale".


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 258-262

 

 

Lotta contro le paure - Gurdjieff

"Sovente, la seconda barriera è la conquista della paura. L'uomo ordinario ha numerose paure inutili, immaginarie. Menzogne e paure, questa è l'atmosfera in cui vive. E la conquista della paura non è meno individuale della conquista della menzogna. Ogni uomo ha le sue particolari paure, paure che non appartengono che a lui. Occorre che le scopra e che poi le distrugga. Le paure delle quali parlo sono abitualmente legate alle menzogne nelle quali l'uomo vive. Dovete comprendere che queste paure non hanno niente in comune con la paura dei ragni, dei topi, del buio, o con le paure nervose inesplicabili.

"La lotta contro la menzogna in se stessa e la lotta contro le paure, costituiscono il primo lavoro positivo che un uomo deve fare.

"Occorre convincersi in generale che gli sforzi positivi e persino i sacrifici che si fanno nel lavoro non giustificano e non scusano gli errori che possono seguire. Al contrario, ciò che è perdonabile in un uomo che non ha mai fatto sforzi e che non ha mai sacrificato nulla, è imperdonabile per un altro che ha già fatto grandi sacrifici.

"Ciò sembra ingiusto, ma occorre comprendere questa legge. Esiste un conto aperto, in un certo modo, per ogni uomo. I suoi sforzi e i suoi sacrifici sono registrati su di una pagina del Gran Libro e i suoi errori e le sue malefatte sull'altra. Ciò che è scritto sul lato positivo non può mai riscattare ciò che è scritto sul lato negativo. Ciò che è registrato sul lato negativo può essere solamente cancellato dalla verità, cioè da una confessione fervida e totale a se stesso e agli altri, e soprattutto al maestro. Se un uomo vede il suo errore, ma continua a cercarsi delle giustificazioni, questo errore, anche se piccolo, può distruggere il risultato di interi anni di lavoro e di sforzi. Nel lavoro, di conseguenza è sovente preferibile ammettere la propria colpevolezza anche quando non si è colpevoli. Ma anche questa è una questione delicata e bisogna guardarsi da ogni esagerazione; altrimenti il risultato sarà ancora la menzogna, una menzogna ispirata dalla paura".


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 256-257

 

 

Magia nera e gruppi occulti - Gurdjieff

"Tutto ciò che è stato detto finora si riferisce a gruppi reali collegati ad un lavoro reale, il quale, a sua volta, si ricollega a ciò che abbiamo chiamato la 'quarta via'. Ma vi sono numerose pseudo vie, pseudo gruppi, pseudo lavoro, che non sono altro che imitazione esteriore.

"Non si tratta nemmeno di 'magia nera'.

"Mi è stato spesso chiesto che cosa sia la 'magia nera', ed ho risposto che non vi è nessuna magia rossa, né verde, né gialla. Vi è meccanicità, cioè 'ciò che capita', e vi è il 'fare'. 'Fare' è magico, e non vi è che un modo di 'fare'. Non possono esservene due. Ma può esservi una falsificazione, una imitazione delle apparenze esteriori del 'fare', che non può dare alcun risultato oggettivo, ma che può ingannare le persone ingenue e suscitare in esse la fede, l'infatuazione, l'entusiasmo e persino il fanatismo.

"Questo è il motivo per cui, nel vero lavoro, cioè nel vero 'fare', non è più possibile alcuna infatuazione. Ciò che definite magia nera è fondato sull'infatuazione e sulla possibilità di giocare sulle debolezze umane. La magia nera non significa, in nessun modo, una magia del male. Vi ho già detto che nessuno fa mai del male per amore del male o nell'interesse del male. Ognuno fa sempre tutto nell'interesse del bene così come egli lo comprende. Nello stesso modo, è del tutto erroneo affermare che la magia nera è necessariamente egoista, che nella magia nera l'uomo mira obbligatoriamente ad ottenere dei risultati per se stesso. Niente è più falso. La magia nera può essere molto altruista, può perseguire il bene dell'umanità, può proporsi di salvare l'umanità da mali reali o immaginari. Ma ciò che può essere chiamato magia nera ha sempre un carattere definito. Questo carattere è la tendenza a servirsi delle persone per qualche scopo, anche il migliore, senza che essi lo sappiano o senza che comprendano, sia suscitando in essi la fede e l'infatuazione, sia agendo su di essi con la paura.

"Ma a questo riguardo occorre tener presente che un 'mago nero', buono o cattivo che sia, ha dovuto passare attraverso una scuola. Egli ha imparato qualche cosa, ha inteso parlare di qualche cosa, sa qualche cosa; egli è semplicemente un 'uomo educato a metà' che è stato allontanato da una scuola, oppure che l'ha lasciata avendo deciso che ne sapeva ormai abbastanza, che si rifiutava di restare più a lungo sotto la tutela di qualcuno, e che poteva lavorare indipendentemente e anche dirigere il lavoro degli altri. Ogni lavoro di questo genere può produrre solamente risultati soggettivi, cioè non può che deludere sempre di più e aumentare il sonno invece di diminuirlo. Si possono nondimeno apprendere certe cose da un mago nero, sebbene in modo sbagliato. Può persino capitargli, per caso, di dire la verità. È per questo motivo che io vi dico che vi è ben peggio della 'magia nera'. Per esempio, tutte le specie di società 'spiritistiche', 'teosofiche' e altri gruppi 'occultistici'. Non soltanto i loro maestri non sono mai stati in una scuola, ma non hanno nemmeno mai incontrato qualcuno che sia stato in contatto con una scuola. Il loro lavoro non è che scimmiottatura. Ma un lavoro imitativo di questo genere procura una grande soddisfazione. Qualcuno si prende per un 'maestro', gli altri si prendono per 'discepoli' e tutti sono contenti. Nessuna realizzazione della propria nullità può essere ottenuta in questo modo; e se qualcuno afferma di aver raggiunto questo risultato, non fa che illudere e ingannare sé stesso, quando non si tratti di pura menzogna. Al contrario, anziché realizzare la propria nullità i membri di queste società realizzano la loro propria importanza e accrescono la loro falsa personalità.

"All'inizio, non vi è nulla di più difficile che il verificare se il lavoro è giusto o falso, se le direttive ricevute sono corrette o sbagliate. La parte teorica del lavoro può essere in questo caso utile, perché permette ad un uomo di giudicare più facilmente questo aspetto del lavoro. Egli sa ciò che conosce e ciò che ignora. Egli sa ciò che può essere o non essere imparato con mezzi ordinari. E se impara qualcosa di nuovo, qualcosa che non può essere imparato in modo ordinario, a partire dai libri o seguendo dei corsi, tutto ciò è fino a un certo punto una garanzia che l'altro aspetto, quello pratico, può anche essere giusto. Ma ciò è naturalmente ben lontano dall'essere una garanzia sufficiente, perché anche in tal caso sono possibili degli errori. Tutte le società, tutti i circoli occultistici o spiritualistici affermano di possedere un insegnamento nuovo. E vi è gente disposta a crederlo.

"In gruppi correttamente organizzati non si richiede alcun atto di fede, si domanda solo un po' di fiducia e per di più per poco tempo; poiché più presto un uomo comincerà a percepire in sé stesso la verità di ciò che viene detto, tanto meglio sarà per lui.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 251-253

 

 

Non vi possono essere regole generali di lavoro - Gurdjieff

"Il carattere di ogni uomo presenta un aspetto che gli è centrale, paragonabile ad un asse attorno al quale ruota tutta la sua 'falsa personalità'. Il lavoro personale di ogni uomo deve essenzialmente consistere in una lotta contro questo difetto principale. Ciò spiega perché non vi possono essere regole generali di lavoro, e perché tutti i sistemi che cercano di sviluppare tali regole, o non conducono a niente o fanno del male. Come potrebbero esserci delle regole generali? Ciò che è necessario ad uno è nocivo all'altro. Un uomo parla troppo; deve imparare a tacere. Un altro tace quando dovrebbe parlare e deve imparare a parlare. E così è per tutto. Le regole generali per il lavoro dei gruppi riguardano tutti. Le direttive personali non possono che essere individuali. Nessun uomo può scoprire da sé stesso il suo tratto o il suo difetto più caratteristico. Questa è praticamente una legge. Il maestro deve indicargli il suo difetto principale, e mostrargli come combatterlo. Solo il maestro può farlo.

"Lo studio del 'difetto principale' e la lotta contro questo difetto costituiscono, in un certo modo, il sentiero individuale di ogni uomo, ma lo scopo deve essere il medesimo per tutti. Questo scopo è di realizzare la propria nullità. L'uomo deve arrivare a convincersi, in tutta verità e sincerità, della propria impotenza, della propria nullità; ma solo quando riuscirà a sentirla costantemente sarà pronto per gli stadi successivi, molto più difficili, del lavoro.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pag 251

 

 

Svegliarsi, morire, nascere - Gurdjieff

"Mi vengono sovente rivolte domande, ci disse un giorno G., che si riferiscono a testi e parabole del Vangelo. Sono dell'avviso che non sia ancora venuto per noi il tempo di parlare del Vangelo. Ciò richiederebbe una conoscenza molto maggiore. Però, di tanto in tanto, prenderemo certi passi del Vangelo come punto di partenza per le nostre conversazioni. Imparerete così ad intenderli in modo giusto, e soprattutto vi renderete conto che nei testi da noi conosciuti mancano abitualmente i punti più essenziali.

"Per cominciare, prendiamo il testo ben noto sul seme che deve morire per nascere. 'Se il grano non muore dopo che è stato gettato nella terra, dimora solo; ma se muore, porta molti frutti'. 

"Questo passo ha molteplici significati, e vi ritorneremo sovente; ma, prima di tutto, è indispensabile conoscere il principio in esso contenuto, il quale, nella sua piena estensione, si applica all'uomo.

"Vi è un libro di aforismi che non è mai state pubblicato e che probabilmente non lo sarà mai. Ne avevo già parlato in relazione al significato della conoscenza e avevo tratto da questo libro un aforismo.
In riferimento a ciò di cui ora parliamo il libro dice:

'L'uomo può nascere, ma per nascere deve prima morire, e per morire deve prima svegliarsi'.

"Altrove questo stesso libro dice:

'Quando un uomo si sveglia, egli può morire; quando muore, può nascere'.

"Vediamo che cosa questo significa.

"Svegliarsi, morire, nascere, sono tre stadi successivi; e se studiate attentamente i Vangeli, vedrete che sovente vi sono riferimenti sulla possibilità di 'nascere', ancora più sovente sulla necessità di 'morire' e più spesso ancora sulla necessità di 'svegliarsi': 'Vegliate, poiché non sapete né il giorno né l'ora...'. Ma queste tre possibilità, svegliarsi o non dormire, morire, e nascere, non sono messe in rapporto l'una con l'altra. Tuttavia, qui sta tutto il problema. Se un uomo muore senza essersi svegliato, non può nascere. Se un uomo nasce senza essere morto, può diventare una 'cosa immortale'. Così, il fatto di non essere 'morto' impedisce ad un uomo di 'nascere' e il fatto di non essersi svegliato gli impedisce di 'morire', e se è nato prima di essere 'morto', questo fatto gli impedisce di 'essere'.

[...]
"Ma per diventare un giorno capace di vedere una cosa sempre, occorre dapprima averla vista una volta, anche per un solo istante. Tutti i poteri nuovi, tutte le capacità di realizzazione, appaiono sempre in uno stesso modo. All'inizio non si tratta che di rari lampi, che non durano più di un istante; in seguito, appaiono con maggiore frequenza e durano sempre più a lungo, fino a quando, dopo un lunghissimo lavoro, diventano finalmente permanenti. La stessa legge si applica al risveglio. È impossibile svegliarsi completamente, in un solo colpo. Occorre dapprima svegliarsi per degli istanti molto corti. Ma bisogna morire del tutto, subito e per sempre, dopo aver fatto un certo sforzo, dopo aver superato un certo ostacolo, dopo aver presa una certa decisione sulla quale non si può ritornare. Ciò sarebbe difficile, persino impossibile, se non fosse preceduto da un lento e graduale risveglio.

"Vi sono però migliaia di cose che impediscono all'uomo di svegliarsi e lo mantengono in potere dei suoi sogni. Per agire coscientemente, nell’intenzione di svegliarsi, bisogna conoscere la natura delle forze che tengono l'uomo nel sonno.

"Prima di tutto bisogna comprendere che il sonno nel quale vive l'uomo non è un sonno normale, ma ipnotico. L'uomo è ipnotizzato e questo stato ipnotico è continuamente mantenuto e rinforzato in lui. Si potrebbe pensare che esistano delle 'forze' per le quali sia utile e vantaggioso mantenere l'uomo in uno stato ipnotico, impedendogli di vedere la verità e di comprendere la sua situazione.


"Una certa leggenda orientale narra di un mago ricchissimo che possedeva numerosi greggi. Quel mago era molto avaro. Egli non voleva servirsi di pastori, e neppure voleva recingere i luoghi dove le sue pecore pascolavano. Naturalmente esse si smarrivano nella foresta, cadevano nei burroni, si perdevano, ma soprattutto fuggivano, perché sapevano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle. E a loro questo non piaceva.

"Infine il mago trovò un rimedio: ipnotizzò le sue pecore e cominciò a suggerire loro che erano immortali e che l'essere scuoiate non poteva fare loro alcun male, che tale trattamento, al contrario, era per esse buono e persino piacevole; poi aggiunse che egli era un buon pastore, che amava talmente il suo gregge da essere disposto a qualsiasi sacrificio nei loro riguardi; infine suggerì loro che se doveva capitare qualcosa, non poteva in ogni caso capitare in quel momento e nemmeno in quel giorno, e per conseguenza non avevano di che preoccuparsi. Dopo di che il mago introdusse nella testa delle pecore l'idea che esse non erano affatto pecore; ad alcune disse che erano leoni, ad altre che erano aquile, ad altre ancora che erano uomini o che erano maghi.

"Ciò fatto, le pecore non gli procurarono più né noie né fastidi. Esse non lo fuggivano più, ma attendevano serenamente l'istante il cui il mago avrebbe preso la loro carne e la loro pelle.


"Questo racconto illustra perfettamente la situazione dell'uomo.

"Nella letteratura cosiddetta 'occulta', avrete probabilmente incontrato l'espressione 'Kundalini', 'il fuoco di Kundalini' o 'il serpente di Kundalini'. Queste espressioni sono sovente usate per indicare una forza sconosciuta, che è latente nell'uomo e che può essere risvegliata. Ma nessuna delle teorie conosciute da la vera spiegazione della forza di 'Kundalini'. Talvolta la si collega al sesso, all'energia sessuale, cioè all'idea della possibilità di utilizzare l'energia del sesso per altri fini. Tale interpretazione è completamente sbagliata, perché Kundalini può essere in ogni cosa. E sopratutto Kundalini non è in nessun caso qualcosa di desiderabile o di utile per lo sviluppo dell'uomo; È molto curioso constatare come gli occultisti si siano impadroniti di una parola della quale hanno completamente alterato il significato, riuscendo a fare di questa forza molto pericolosa, un oggetto di speranza e una promessa di benedizione.

"In realtà, Kundalini è la potenza dell'immaginazione, la potenza della fantasia, che usurpa il posto di una funzione reale. Allorché un uomo sogna in luogo di agire, allorché i suoi sogni prendono il posto della realtà, allorché un uomo si immagina di essere un leone, un'aquila o un mago, è la forza di Kundalini che agisce in lui. Kundalini può agire in tutti i centri, e col suo aiuto tutti i centri possono essere soddisfatti dall'immaginario, anziché dal reale. Una pecora che si considera un leone o un mago, vive sotto il potere di Kundalini.

"Kundalini è una forza che è stata introdotta negli uomini per mantenerli nel loro stato attuale. Se gli uomini potessero veramente rendersi conto della loro reale situazione, se potessero comprenderne tutto l'orrore, sarebbero incapaci di rimanere tali quali sono, anche per un solo secondo. Comincerebbero subito a cercare una via d'uscita, e la troverebbero molto rapidamente, perchè vi è una via d'uscita; ma gli uomini non riescono a vederla, per la semplice ragione che sono ipnotizzati. Kundalini è questa forza che li mantiene in uno stato di ipnosi. 'Svegliarsi' per l'uomo, significa essere 'disipnotizzato'. Ciò costituisce la principale difficoltà, ma anche la garanzia della sua possibilità di risveglio, perché non esiste una legittimazione organica d'un sonno di tal genere: l'uomo può svegliarsi.

"Teoricamente lo può, ma praticamente è quasi impossibile, perché non appena un uomo si sveglia per un momento ed apre gli occhi, tutte le forze che lo trattenevano nel sonno iniziano ad agire su di lui con energia decuplicata ed immediatamente si riaddormenta, sognando molto sovente che è sveglio o che sta svegliandosi.

"Esistono momenti, nel sonno ordinario, in cui l'uomo vorrebbe svegliarsi, ma non lo può: egli dice a sé stesso che è sveglio ma, in realtà, continua a dormire, e questo può accadere numerose volte prima che realmente si svegli. Nel caso del sonno ordinario, quando un uomo si è svegliato, si trova in uno stato differente; ben diversamente accade nel sonno ipnotico: non vi sono caratteristiche oggettive, o quanto meno non esistono all'inizio del risveglio; l'uomo non può pizzicarsi per assicurarsi di non essere più addormentato. E se un uomo, Dio lo preservi, ha inteso parlare qualche volta di segni oggettivi, Kundalini li trasforma immediatamente in immaginazioni e in sogni.

"Soltanto un uomo che realizza pienamente le difficoltà dello svegliarsi può comprendere la necessità di compiere un lungo e duro lavoro per svegliarsi.


"In generale, che cosa occorre per svegliare un uomo addormentato?
Occorre un buon choc. Ma quando un uomo è profondamente addormentato, un solo choc non basta; è necessario un lungo periodo di chocs incessanti; di conseguenza occorre qualcuno per somministrare questi chocs. Ho già detto che se un uomo desidera svegliarsi, deve assicurarsi un aiuto che si incaricherà di scuoterlo durante un lungo tempo. Ma chi può ingaggiare, se tutti dormono? Egli incarica qualcuno di svegliarlo, ma pure costui cade addormentato. Un tale aiuto non serve. L'uomo, poi, realmente capace di tenersi sveglio, rifiuterà probabilmente di perdere il suo tempo a risvegliare gli altri: può avere da fare un lavoro molto più importante per sé stesso.

"Vi è anche la possibilità di essere svegliato con dei mezzi meccanici. Si può fare uso di una sveglia. Il guaio è che l'uomo si abitua troppo presto a qualsiasi sveglia: semplicemente, non la sente più. Sono dunque necessarie molte sveglie e con suonerie sempre diverse. L'uomo deve letteralmente circondarsi di sveglie che gli impediscano di dormire. E anche in questo caso sorgono ancora delle difficoltà. Le sveglie devono essere caricate; per caricarle è indispensabile ricordarsene; per ricordarsene occorre svegliarsi sovente. Ma peggio ancora, un uomo si abitua a tutte le sveglie e dopo un certo tempo dorme ancora meglio.

Di conseguenza le sveglie devono essere costantemente cambiate, e bisogna sempre inventarne di nuove. Col tempo, ciò può aiutare un uomo a svegliarsi. Ora, vi sono poche probabilità che un uomo possa fare tutto questo lavoro di inventare, di ricaricare e di cambiare mezzi per svegliarsi, senza un aiuto esteriore. È molto più probabile che dopo aver incominciato questo lavoro si riaddormenti e che nel sonno sogni di inventare delle sveglie, di ricaricarle e di cambiarle, mentre invece dorme sempre più profondamente.

Perciò occorre, per svegliarsi, un insieme di sforzi coordinati. È necessario qualcuno che risvegli l'uomo; è necessario qualcuno che svegli colui che ha l'incarico di svegliare; è necessario avere delle sveglie ed è pure necessario inventarne costantemente delle nuove.

"Ma per condurre a termine tutto questo ed ottenere dei risultati, un certo numero di persone devono lavorare assieme.

"Un uomo solo non può fare niente.

"Innanzitutto, egli ha bisogno di aiuto. Ma un solo uomo non potrebbe contare su un aiuto. Quelli che sono capaci di aiutare valutano il loro tempo ad un prezzo molto alto. E naturalmente preferiscono aiutare venti o trenta persone che desiderano svegliarsi, piuttosto che una sola. Inoltre, come ho già detto, un uomo può illudere se stesso riguardo al suo risveglio, prendendo per risveglio ciò che è semplicemente un nuovo sonno. Se diverse persone decidono di lottare insieme contro il sonno, esse si sveglieranno l'un l'altra. Potrà accadere sovente che venti di loro dormano, ma la ventunesima si sveglierà e sveglierà tutti gli altri. La stessa cosa accadrà con le sveglie. Un uomo ne inventerà una, un secondo un'altra, dopo di che potranno scambiarsele. Tutti insieme potranno essere gli uni per gli altri di grande aiuto, e senza questo aiuto scambievole nessuno di essi potrà arrivare a qualcosa.

"Un uomo, dunque, che voglia svegliarsi, deve cercare altre persone che vogliano esse pure svegliarsi, al fine di lavorare con esse. Ciò, tuttavia, è più facile a dirsi che a farsi, perché l'avvio di un lavoro di tal genere e la sua organizzazione richiede una conoscenza che l'uomo ordinario non possiede. Il lavoro deve essere organizzato e deve avere un responsabile. Senza queste due condizioni non può dare i risultati attesi e tutti gli sforzi sono vani. Le persone potrebbero torturarsi, ma queste torture non le farebbero svegliare. Per certe persone nulla sembra essere più difficile da comprendere. Di per se stesse e di propria iniziativa possono essere capaci di grandi sforzi e di grandi sacrifici. Ma nulla al mondo le persuaderà che i loro primi sforzi, i loro primi sacrifici devono consistere nell'obbedire ad un altro. E non vogliono ammettere che i loro sforzi e tutti i loro sacrifici saranno perciò inutili.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 241-246

 

 

Cosmi e miracolo - Gurdjieff

"L'idea dei cosmi ci aiuta a comprendere il nostro posto nel mondo e risolve numerosi problemi, per esempio quelli relativi allo spazio, al tempo, ecc.

"Oltretutto questa idea ci permette di stabilire con esattezza il principio di relatività. Questo principio è particolarmente importante perché senza di esso è assolutamente impossibile avere una esatta concezione del mondo.

"L'idea dei cosmi ci permette di collocare lo studio della relatività su una base solida. A prima vista, il sistema dei cosmi può sembrare paradossale. Cionondimeno, questo paradosso apparente è un'espressione della relatività.

"L'idea della possibilità di un allargamento della coscienza dell'uomo e di un accrescimento delle sue capacità di conoscenza è in relazione diretta con la dottrina dei cosmi. Nel suo stato ordinario, un uomo è cosciente di sé stesso in un solo cosmo ed egli guarda tutti gli altri cosmi dal punto di vista di un solo cosmo. L'allargamento della sua coscienza e l'intensificazione delle sue funzioni psichiche lo conducono sino alla sfera dell'attività e della vita di due altri cosmi simultaneamente, l'uno più grande e l'altro più piccolo, l'uno di sopra e l'altro al di sotto. L'allargamento della coscienza non procede in una sola direzione, quella dei cosmi superiori; ascendendo, nello stesso tempo discende.

"Quest'ultima idea forse vi spiegherà certe espressioni che potete avere trovato nella letteratura occulta; per esempio, il detto secondo cui 'la via che sale è allo stesso tempo la via che discende'. Generalmente questa espressione è interpretata in modo errato.

"In realtà, vuoi dire che se, per esempio, un uomo comincia a sentire la vita dei pianeti, cioè se la sua coscienza passa al livello del mondo planetario, comincia simultaneamente a sentire la vita degli atomi, cioè la sua coscienza passa al livello corrispondente. In questo modo, l'allargamento della coscienza si opera contemporaneamente nelle due direzioni, verso il più grande e verso il più piccolo. L'uno e l'altro, il più grande e il più piccolo, per essere conosciuti esigono egualmente dall'uomo un cambiamento interiore. Se si cercano dei paralleli o delle analogie fra i cosmi, possiamo considerare ognuno di essi secondo tre relazioni:

1. in relazione a sé stesso;
2. in relazione ad un cosmo superiore o più vasto;
3. in relazione ad un cosmo inferiore o più piccolo.

"La manifestazione delle leggi di un cosmo in un altro cosmo, costituisce ciò che chiamiamo un miracolo. Non ci può essere nessun'altra specie di miracolo. Un miracolo non è una violazione delle leggi, né un fenomeno al di fuori delle leggi. È un fenomeno che ha luogo in un cosmo secondo le leggi di un altro cosmo. Queste leggi ci sono sconosciute e incomprensibili e sono perciò miracolose.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 229-230

 

 

Il primo gradino e la scala - Gurdjieff

"Il momento in cui un uomo che cerca la via, incontra un uomo che la conosce è chiamato la prima soglia o il primo gradino. A partire da questa prima soglia, comincia la scala. Tra la 'vita' e la ‘Via', vi è la ‘ scala'. Ed è soltanto per mezzo della 'scala' che l'uomo può incamminarsi sulla ‘Via'. Inoltre, l'uomo sale questa scala con l'aiuto della sua guida; egli non può salirla da solo. La via comincia soltanto alla sommità della scala, cioè dopo l’ultimo gradino o l’ultima soglia, ad un livello molto al di sopra della vita ordinaria.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pag 223

 

 

Le influenze - Gurdjieff

"L'uomo vive nella vita sottomesso alla legge dell'accidente e sotto due tipi di influenze che dipendono ancora dall'accidente.

"Le influenze della prima specie sono create nella vita stessa o dalla vita stessa. Sono le influenze della razza, della famiglia, dell'educazione, della società, della professione, delle maniere, dei costumi, dell'agiatezza, della povertà, delle idee correnti e così via. Le influenze della seconda specie sono create invece al di fuori di questa vita, sono le influenze che ci giungono dal centro interiore o esoterico dell'umanità; in altre parole, esse sono state create sotto altre leggi, benché su questa terra. Queste influenze differiscono dalle prime, soprattutto in quanto esse sono coscienti alla loro origine. Ciò significa che esse sono state create coscientemente da uomini coscienti, per scopi determinati. Le influenze di questa specie prendono abitualmente corpo sotto forma di dottrine o di insegnamenti religiosi, di sistemi filosofici, di opere d'arte e così via.

"Queste influenze sono lanciate nella vita per uno scopo definito, ed esse si mescolano alle influenze della prima specie. Ma occorre ricordare che queste influenze sono coscienti soltanto alla loro origine. Allorché esse arrivano nel vortice generale della vita, cadono sotto la legge comune dell'accidente e cominciano ad agire meccanicamente; in altri termini, esse possono agire o non agire su un dato uomo; esse possono raggiungerlo o non raggiungerlo. Subendo nella vita, a causa della trasmissione e della interpretazione, ogni sorta di cambiamenti e di alterazioni, le influenze della seconda specie si riducono a influenze della prima specie, vale a dire si confondono in un certo senso con esse.


P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 221-222

 

 

Gurdjieff con il derviscio sul pranayama - Osho

Un grande mistico russo, George Gurdjieff, in Incontri con uomini straordinari, le memorie delle sue avventure spirituali, dice che è rimasto molto impressionato da una discussione con un derviscio Sufi sul pranayama yogico e sulle asana. Il derviscio lo aveva avvertito di non fare esercizi di respirazione, perché ogni cambiamento nel sistema di respirazione naturale comporta disordini nella vita, con risultati disastrosi. Puoi commentare questa affermazione soprattutto per ciò che concerne il metodo di respirazione da te proposto nella Meditazione Dinamica?

[...]
Il derviscio con cui Gurdjieff ha avuto una discussione sulla respirazione segue un cammino diverso. Non ha mai praticato la respirazione e ha fatto l'esperienza dell'insolito in altri modi. E questo è il problema, ossia il fatto che colui che conosce una via non ci mette nulla a definirne un'altra "sbagliata". Ma una cosa è giusta o sbagliata in base al contesto in cui è inserita. Ciò che è sbagliato in un caso, può essere giusto in un altro.
Prendiamo un perno nella ruota di un carro.
Una persona in possesso di un'automobile può dire che è del tutto inutile. Può essere inutile in relazione a un'auto, ma è utilissimo per il carretto, quanto lo è una qualsiasi parte dell'auto per la macchina stessa. Quindi, niente è giusto o sbagliato in modo assoluto; tutto è relativo.
Ma questo errore viene ripetuto continuamente. Il derviscio Sufi si è realizzato seguendo un'altra via, le cui tecniche sono diverse.
Un Sufi in genere lavora sul suo sonno e non sulla respirazione. Per lui, la veglia notturna ha un grande significato. Rimarrà sveglio per mesi; e una situazione insolita può sorgere dallo stare svegli a lungo e di continuo, così come sorge grazie alla respirazione veloce e intensa. Se riesci a non dormire per un mese, arriverai allo stesso stato di pazzia a cui giungi tramite la respirazione profonda e caotica.
Poiché il sonno è un fenomeno molto naturale - tanto naturale quanto la respirazione - il Sufi attacca direttamente il sonno e di conseguenza fa esperienze molto strane e assurde. Ma la veglia notturna comporta altri pericoli, maggiori rispetto a quelli legati alla respirazione caotica. È un processo lungo ed esteso; si deve rimanere svegli per mesi: una veglia notturna per uno o due giorni è inutile.
E se qualcosa va storto dopo che sei rimasto sveglio per due mesi, non si può rimediare in un secondo o due. Ma se qualcosa va storto dopo dieci minuti di respirazione, si può rimediare in un secondo. Se vai a dormire dopo essere rimasto sveglio per due mesi, non puoi rimediare nel giro di ventiquattr'ore. Forse dopo due mesi di veglia notturna non riuscirai nemmeno a dormire.
La via del Sufi è più pericolosa, nonostante la veglia notturna sia molto utile. Il ricercatore rimane sveglio notte dopo notte e aspetta pazientemente. Il derviscio che Gurdjieff aveva incontrato ha seguito questa via.
I Sufi usano anche la danza come metodo.
La danza può essere un mezzo per separare il corpo dall'anima, ma non deve essere una danza appresa, praticata e preparata. Se balli così, non sarà sufficiente. Come ho detto, la respirazione pranayama non può condurre alla separazione tra corpo e mente - perché il pranayama è metodico. Allo stesso modo, se qualcuno ripete un ballo, presto si identificherà con il corpo. Ma se io dico a qualcuno di voi, che non sa ballare, di ballare, e se questa persona si mette a ballare e a saltellare, allora ce la può fare: è una cosa talmente inconsueta che non vi potrete identificare, non potrete sapere che state ballando.
Questi sono i due metodi che i Sufi usano: la veglia notturna e la danza. Sono stati usati anche altri metodi. I Sufi, per esempio, usano la lana per i loro indumenti. Portano indumenti di lana nel clima tipicamente caldo del deserto: questo è il loro modo per andare contro il corpo. Anche una persona che digiuna va contro il corpo. Qualcuno, poi, è capace di stare seduto con un piede su un chiodo affilato; qualcun altro dorme su un letto di spine.
Tutti questi sono metodi per suscitare quella strana situazione psicologica in cui la separazione possa avvenire.
È comunque naturale che un pellegrino, che segue una sua via di disciplina spirituale, non possa immaginare che la stessa situazione può essere creata anche in altri modi. Il derviscio di Gurdjieff non sa nulla del pranayama. E si farebbe del male se praticasse una tecnica del genere, sarebbe veramente nociva per lui. In questo caso il danno sarebbe davvero grave. Sarebbe come usare la ruota di un carro di buoi per una macchina: sarebbe pericoloso. Se un uomo, che sta facendo una veglia notturna, pratica il pranayama, diventerebbe sicuramente pazzo immediatamente.
Andrebbe fuori di testa in quella stessa notte.
E ci sono dei buoni motivi.
Una persona semplicemente non può reggere all'effetto duplice dei due esercizi: veglia notturna e pranayama. Per questo motivo i giainisti non hanno usato il pranayama, perché creavano l'insolito tramite i l digiuno. Se combinassero il digiuno con il pranayama, sarebbero veramente nei guai - il pericolo sarebbe veramente grande. Il pranayama non è di nessuna utilità per loro; il monaco giainista dirà che è perfettamente inutile. Ma non sa che, negando il pranayama, dice soltanto che non è di nessuna utilità per la disciplina spirituale che pratica lui. Per lui il digiuno ha la funzione che per altri ha il pranayama.
[..]
Ebbene, una persona come Gurdjieff - una persona in un certo senso sradicata - non può saperlo, perché non ha nessuna tradizione dietro di sé, nessuna tradizione che risalga a migliaia di anni. Inoltre Gurdjieff, durante il suo pellegrinaggio, incontrò quasi due dozzine di mistici che appartenevano a scuole diverse. È da queste diverse fonti che ha raccolto il suo materiale. La sua dottrina consiste in innumerevoli strumenti spirituali, ognuno dei quali è alquanto diverso dagli altri.
Ognuno di questi era giusto all'interno del suo sistema spirituale specifico, ma quando sono stati riuniti fra loro, ne è risultato un assemblaggio molto strano. Questo è il motivo per cui una tecnica di Gurdjieff a volte funziona per qualcuno, ma non funziona mai completamente per nessuno. Per questo nessuno di coloro che hanno lavorato con Gurdjieff è riuscito a realizzarsi completamente. Semplicemente non è possibile, perché quando qualcuno inizia a lavorare con il suo metodo, e inizia a succedere qualcosa, quella persona imbocca una via che,
in realtà, è un insieme di vie diverse. Pertanto, inizieranno ad agire su di lei altre tecniche, che operano nella direzione opposta. Questo succede perché Gurdjieff non ha un sistema di disciplina spirituale completo. Si potrebbe dire che è un sistema multiplo e incompleto allo stesso tempo. Mancano molti collegamenti, necessari persino in un sistema multiplo.
La maggior parte delle informazioni di Gurdjieff sono state raccolte dai Sufi. Egli non conosce lo Yoga Tibetano e la sua conoscenza dell'Hathayoga è inadeguata. Inoltre, tutte le sue informazioni sull'Hathayoga provenivano dagli oppositori di quella disciplina, cioè dai dervisci Sufi. Gurdjieff non è un adepto dell'Hathayoga. Tutta la sua conoscenza dello Yoga o della kundalini proveniva da fonti ostili, o da coloro che avevano intrapreso un cammino opposto.

[..]
Inoltre esiste un'altra difficoltà. Persino se una persona sa, come so io, che lo stesso risultato può essere raggiunto grazie ad altre tecniche, non lo dirà. Quando io spiego un particolare sistema, devo presentarlo come il migliore; altrimenti non sarà efficace. Persino se so che lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto usando altri metodi, non lo dirò quando sto parlando di un sistema in particolare. Dirò invece che l'obiettivo può essere raggiunto soltanto usando questo sistema e nessun altro; per un motivo ben preciso: non siete così intelligenti da vederlo dal punto di vista giusto. Se io dico che tutte le scuole possono essere seguite per raggiungere l'obiettivo, rimarrete semplicemente confusi. Concluderete che in realtà non c'è nessuna scuola che può funzionare.
Inoltre, tutte queste scuole sono talmente diverse, opposte una all'altra, per cui inizierete a chiedervi come sia possibile. La vostra confusione aumenterà ancor di più.
Questo è il motivo per cui i saggi, coloro che sanno, devono parlare la lingua degli ignoranti. Devono affermare che «questa è l'unica via, non esiste un altro modo ». Per questo motivo mi trovo in difficoltà; perché so perfettamente che è possibile raggiungere l'obiettivo anche in altri modi. Pertanto mi trovo in grande difficoltà.


Osho, Alleggerire l'anima, pp 37-65

Ora che vi ho presi, piccoli pesci, posso dire quello che penso - Osho

Parlavo di queste persone per un motivo ben preciso, era un semplice stratagemma (device). Io non avevo gente che mi apparteneva. Ho dovuto gettare la mia rete in lungo e in largo. Quando ho parlato su Gesù, i cristiani ne furono felici, alle stelle per la felicità, hanno iniziato a venire da me. Perfino i preti, i vescovi, divennero sannyasin. E per tutto il tempo in cuor mio ridevo; infatti, ciò che dicevo, era roba mia, non aveva nulla a che vedere con Gesù; Gesù era una semplice scusa. Ho usato le sue parole, ma ci ho immesso il mio significato. E quella gente pensava: "Non abbiamo mai compreso Gesù correttamente, pensavamo che dicesse qualcos'altro" E in effetti avevano ragione! Stavo cambiando il vino, conservando la bottiglia. E quando ho avuto abbastanza persone in grado di ascoltarmi direttamente, e non ho più dovuto tralasciare le cose che in Gesù sono orribili, o che sono orribili in Mahavira... infatti, all'inizio non ero nella posizione di poter offendere quella gente. Offendere quelle persone all'inizio sarebbe stato una catastrofe: voi non sareste qui, io non sarei qui. Per cui ho usato quegli stratagemmi, e poi ho smesso di parlare, solo per creare una pausa.
[...]
Adesso posso osare! Posso definire Gesù per ciò che è: un demente (crackpot). Posso definire Mahavira esattamente per ciò che è: un masochista.
Adesso so che voi mi potete comprendere. Si è trattato di una fase di preparazione. Non pensavo di poter prendere all'amo così tanti pesci, ma la verità ha le sue vie misteriose.


lunedì 23 gennaio 2017

Alleggerire l'Anima - Osho

Localizzare la consapevolezza, ci insegna il grande maestro di meditazione Osho, vuoi dire congelarla. Essa ha bisogno di fluire, di essere libera di scorrere per tutto il corpo. Quando si cerca di limitarla, la parte in cui viene localizzata diventa tesa e malata, e il resto del corpo diviene un peso morto.

Grazie alla pratica della meditazione, i cui fondamenti sono spiegati in questo volume, la consapevolezza si espande in tutto il nostro essere fisico, facendolo così diventare vivo e sensibile, quasi senza peso.

E se, come dice Osho, «la meditazione non è altro che un tornare a casa, un semplice riposarsi un po' all'interno del proprio essere», Alleggerire l'anima rappresenta una guida per il più straordinario dei viaggi: quello dentro noi stessi.



giovedì 19 gennaio 2017

Boriska


“Devi divenire gentile. Se ti picchiano, devi abbracciarli. Se ti offendono, non aspettarti le loro scuse, ma inginocchiati e chiedi perdono per loro. Se ti insultano, ringrazia e sorridi. Se ti odiano, amali per come sono. Questa è il rapporto dell'amore, umiltà e perdono, importante per le persone.
“Sai perchè i Lemuriani sono morti? Sono anche io un po' colpevole. Non vollero piu' crescere spiritualmente, deviarono dal percorso e quindi distrussero tutto il pianeta. La via della magia li portò alla morte. La Vera Magia è l' Amore..”

Due tipi di medicina - Platone

Ci sono due tipi di medicina. Quella degli schiavi e quella degli uomini liberi. Quella per gli schiavi (sintomatica) deve rimuovere rapidamente il sintomo, perché possano tornare al più presto al lavoro. Quella per gli uomini liberi (eziopatogenetica) deve capire il sintomo, il suo significato per la salute complessiva del corpo, per l’equilibrio della persona e per la sua famiglia.

“Non dovresti curare gli occhi senza curare la testa o la testa senza curare il corpo. Così anche non dovresti curare il corpo senza curare l’anima. Questo è il motivo per cui la cura di molte malattie è sconosciuta ai medici, perché sono ignoranti nei confronti del Tutto che anch’esso dovrebbe essere studiato, dal momento che una parte specifica del corpo non potrà stare bene a meno che non stia bene il Tutto”.

Platone


http://www.visionealchemica.com/la-malattia-non-fosse-dramma-viviamo/

lunedì 16 gennaio 2017

Ti sono entrato nel sangue - Gurdjieff

"Stasera non volevi venire da me", disse, "così, io, che sono un uomo molto impegnato, ho dovuto trovare il tempo per mandarti a chiamare. Questo perchè adesso hai un conflitto tra il vero sé e la personalità. Non hai appreso il mio insegnamento nelle discussioni e dal libro, l'hai appreso sulla pelle e non puoi sfuggire. Queste persone - è indicò gli altri membri del gruppo - devono sforzarsi, partecipare agli incontri, leggere il libro. Anche se tu non vai mai alle riunioni, non leggi il libro, non puoi comunque dimenticare ciò che ti ho trasmesso quand'eri bambino. Questi altri, se non vanno agli incontri, si dimenticheranno persino dell'esistenza del signor Gurdjieff. Ma non tu. Ti sono entrato nel sangue. Ti ho reso la vita insopportabile per sempre, ma questo tormento può essere una cosa molto positiva per la tua anima, perciò anche quando ti sentirai infelice dovrai ringraziare il tuo Dio per la sofferenza che ti ho procurato".


Fritz Peters, I miei anni con Gurdjieff, pp 30-31

sabato 14 gennaio 2017

I miei Anni con Gurdjieff - Fritz Peters

L'eccezionale esperienza di un uomo che, dopo un'infanzia al fianco di uno dei più straordinari Maestri di questo secolo, lo incontra nuovamente in età adulta, sperimentando su di sé, anno dopo anno, l'immensa portata dell'Insegnamento ricevuto. Gurdjieff lo provoca, lo maltratta, lo istruisce e lo avvolge della sua luminosa presenza, fino a indicarlo a tutti come "vero figlio", perfetto Ricercatore della sua Scuola.
Dello stesso autore de La mia fanciullezza con Gurdjieff (in Italia pubblicato anche con il titolo La rasatura del prato e la costruzione di sé), I miei anni con Gurdjieff offre uno spaccato inedito della sfaccettata personalità di Gurdjieff e del suo Insegnamento, mostrando nel contempo lo sforzo non comune richiesto per un'autentica Ricerca.
"Gli altri si dimenticheranno perfino del
signor Gurdjieff, ma non tu.
Ti sono entrato nel sangue.
Ti ho reso la vita insopportabile per sempre".



giovedì 12 gennaio 2017

Amore come uno stato d'animo - Osho

Questo è accaduto con l’amore. Noi possediamo l’oggetto d’amore e diciamo: “Non amare nessun altro all’infuori di me”. Così l’amore si atrofizza e diventa impossibile amare. Questo non significa che devi amare tutti, ma che devi essere nello stato d’animo dell’amore. È come per il respiro: respiri anche quando è presente un nemico.

Questo è il significato della frase di Gesù: “Ama il tuo nemico”. Per il cristianesimo è un problema comprendere questa affermazione: “Ama il tuo nemico”. Sembra una contraddizione. Però se l’amore non è un’azione, ma solo uno stato d’animo, non si pone il problema dell’amico e del nemico: tu sei in amore!

D’altro canto, alcune persone odiano di continuo e ogni volta che provano a mostrare amore devono fare sforzi enormi. Il loro amore è uno sforzo, perché il loro eterno stato d’animo è l’odio. Per questo è necessario uno sforzo. Ci sono persone che sono sempre tristi; per loro la risata è uno sforzo. Devono lottare contro se stesse, per cui la loro risata è falsa, arrangiata, artefatta, non spontanea, non interiore, ma artificiale. Ci sono persone che sono sempre arrabbiate, non verso qualcuno o qualcosa in particolare, ma semplicemente arrabbiate. Per loro l’amore è uno sforzo. D’altra parte, se l’amore è il tuo stato d’animo, la rabbia sarà uno sforzo. Puoi provare a generarla, ma non sarai arrabbiato. Dovrai crearla artificialmente, sarà falsa.

Se un Buddha provasse ad arrabbiarsi, sarebbe necessario uno sforzo immenso e anche in quel caso la rabbia sarebbe falsa. E solo coloro che non lo conoscono ne rimarrebbero ingannati. Quelli che lo conoscono, saprebbero che quella rabbia è falsa, artefatta. Non sorge in lui, è impossibile.
Un Buddha, un Gesù, non possono odiare, devono fare uno sforzo. Per mostrare odio, lo devono “fare”.

Ma tu non hai bisogno di nessuno sforzo per odiare; hai bisogno di sforzo per amare. Cambia stato d’animo.


Osho, I segreti della trasformazione, pp 72-73

Essere sempre occupati con qualcosa - Osho

Il secondo: la mente è un processo, non una cosa. La parola “mente” è sbagliata, è una nozione falsa. Quando diciamo “mente” sembra che in noi ci sia qualcosa come una mente. Non c’è nulla di simile! La mente non è una cosa, è un processo. Quindi sarebbe meglio chiamarla “mentare” e non mente. In sanscrito abbiamo una parola, chitta, che significa mentare: non mente, ma mentare, indica un processo.

Un processo non può mai essere silenzioso. Un processo sarà sempre teso; processo significa tumulto. E la mente è sempre in movimento dal passato al futuro. Il passato grava su di lei come un peso, quindi si deve muovere nel futuro.Questo movimento costante è fonte di altra tensione al tuo interno. Se ne diventi troppo consapevole, impazzisci.

Ecco perché siamo sempre occupati con qualcosa; non vogliamo restare disoccupati. Se sei disoccupato, diventi consapevole del processo interiore, del “mentare”, e questo origina tensioni strane e del tutto particolari. Per questo tutti vogliono essere occupati, in un modo o nell’altro. Se non c’è null’altro da fare, rileggi lo stesso giornale più volte. Come mai? Non puoi stare seduto in silenzio? È difficile, perché se ti siedi in silenzio diventi consapevole della tensione assoluta di questo processo al tuo interno.

Ecco perché tutti cercano una via di fuga. L’alcool può dartela: ti rende inconsapevole. Il sesso può dartela: per un istante ti dimentichi completamente di te. La televisione, la musica, qualsiasi cosa con cui puoi dimenticarti di te ed essere così occupato da esistere, senza essere presente, è una via di fuga. Questa continua fuga da se stessi di fatto è dovuta a questo processo che chiamo “mentare”: se non sei occupato a fare alcunché (e questa assoluta disoccupazione è meditazione), se sei assolutamente disoccupato, diventerai consapevole dei tuoi processi interiori. E la mente è il processo essenziale, dentro di te.


Osho, I segreti della trasformazione, pp 54-55

Disperazione e Grazia - Osho

Ti senti disperato? Nessuno si sente disperato. Nessuno! Tutti pensano: “Ce la posso fare: se solo lo volessi, ce la farei; non ci riesco perché non voglio”. Tutti pensano che, se lo desiderassero, se lo volessero, ci riuscirebbero. Pensano: “Quando lo vorrò veramente, ce la farò. Il solo motivo per cui ora non ci riesco è che non lo voglio”.

Ma nessuno si sente disperato. Se qualcuno dicesse che può succedere attraverso la grazia del guru, penseresti di essere pronto in questo stesso momento. Se si trattasse solo di fare qualcosa, diresti che la puoi fare in qualsiasi momento lo volessi. Ma se dipendesse dalla grazia, diresti: “Okay! Se è possibile riceverla da qualcuno, io posso riceverla in questo stesso momento”.

Non sei disperato. Sei solo pigro. E c’è una grande differenza. Nella pigrizia non si può ricevere alcuna grazia; solo nella disperazione si può e questo non ha nulla a che vedere con la pigrizia. La disperazione arriva solo a coloro che prima fanno ogni sforzo per raggiungere, per capire, per fare. Quando hai fatto di tutto e non accade nulla, ti senti senza speranza. Solo allora puoi abbandonarti, arrenderti a qualcuno. A quel punto il tuo abbandono diventerà una tecnica.

Questa è l’ultima delle tecniche, ma la gente la prova per prima. È l’ultima, l’estrema. Quando nulla accade tramite l’azione, se esiste solo disperazione, disperazione e disperazione, se hai perso ogni speranza e il tuo ego è scosso alle radici, a quel punto sai che nulla ti può riuscire. Allora la tua mano raggiunge i piedi di un Maestro.

Ora è diverso. Adesso lo cerchi disperatamente, tutto il tuo essere è sospinto verso i suoi piedi. Sei come un ventre pronto a ricevere.


Osho, I segreti della trasformazione, pp 49-50

I segreti della trasformazione - Osho

"Il tantra non è una filosofia. (...) Tutte le filosofie sono buone per filosofare, non per fare esperienza: in questo caso sono del tutto impotenti. Per questo nel tantra si insiste tanto sulla tecnica: perché una scienza non può fare altro che fornire una tecnologia, del mondo interiore o di quello esteriore.
La stessa parola "tantra" vuol dire tecnica. Ecco perché in questo libro, piccolo ma uno dei più grandi e profondi, troviamo solo tecniche e nessuna filosofia: nient'altro che centodieci tecniche per raggiungere l'Assoluto attraverso l'immediato."
Commentando il Vigyana Bhairava, testo chiave dello shivaismo tantrico, Osho svela i segreti di una disciplina antichissima ancora inesplorata.
In questo libro il maestro, che più di ogni altro ha saputo rendere accessibili al grande pubblico le tradizioni orientali, spiega i misteriosi metodi tantrici, una serie di tecniche finalizzate al raggiungimento di una autentica dimensione vitale.
Il tantra supera il dualismo tra anima e corpo e considera il corpo come un tesoro di forze nascoste, di possibilità misteriose in cui è celato l'intero cosmo in miniatura.