"Ah!, disse G., se la gente ragionasse così! Ma, in realtà ragionano esattamente in modo opposto. Senza la minima necessità, affronteranno ogni difficoltà, ma per qualche cosa d'importante da cui potrebbero trarre un vero profitto, non muoveranno un dito. Così è la natura umana. L'uomo non vuole mai pagare, ma soprattutto, non vuole pagare per ciò che è veramente essenziale. Voi sapete ora che niente può essere ottenuto per niente, che bisogna pagare per ogni cosa, e pagare in proporzione a ciò che si è ricevuto. Ma l'uomo generalmente pensa la cosa opposta. Per delle sciocchezze, del tutto insignificanti, pagherà qualunque prezzo. Ma per qualche cosa di importante, mai. Questo deve arrivargli spontaneamente.
"E per ritornare alla lettura che voi non avete ascoltato Pietroburgo, in essa vi era la risposta esatta alla domanda che ponete ora. Se allora aveste fatto attenzione, comprendereste oggi che non vi è alcuna contraddizione tra i diagrammi e che non ve ne può essere alcuna".
Ma ritorniamo a Pietroburgo.
Ora che rivedo il passato, non posso impedirmi d'essere stupito della rapidità con la quale G. ci trasmetteva i principi fondamentali del suo insegnamento. Naturalmente, ciò derivava in gran parte dalla sua maniera di esporre le cose, la sua stupefacente capacità di far emergere tutti i punti importanti senza mai entrare in particolari inutili, fino a che l'essenziale non fosse stato compreso.
Dopo gli 'idrogeni', G. aveva così proseguito:
"Noi vogliamo 'fare', diceva, ma in tutto ciò che facciamo siamo legati e limitati dalla quantità di energia prodotta dal nostro organismo. Ogni funzione, stato, azione, pensiero, emozione necessita di una certa energia, di una certa sostanza determinata.
"Arriviamo alla conclusione che dobbiamo 'ricordarci di noi'. Ma non possiamo farlo se non abbiamo in noi l'energia indispensabile al 'ricordo di sé'. Non possiamo studiare, comprendere o sentire qualcosa se non abbiamo l'energia richiesta per questa comprensione, questo sentimento o questo studio.
" Cosa deve fare dunque un uomo quando incomincia a rendersi conto che non ha abbastanza energia per raggiungere lo scopo che si è fissato?
"La risposta a questo interrogativo è che ogni uomo normale ha abbastanza energia per cominciare il lavoro su di sé. È’ necessario soltanto che egli impari ad economizzare, in vista di un lavoro utile, l'energia di cui dispone, e che, la maggior parte del tempo, dissipa in pura perdita.
"L'energia viene sopratutto spesa in emozioni inutili e sgradevoli, nell'ansiosa attesa di cose spiacevoli possibili ed impossibili, consumata dai cattivi umori, dalla fretta inutile, dal nervosismo, dall'irritabilità, dall'immaginazione, dal sognare ad occhi aperti e cosi via. L'energia viene sprecata da un cattivo lavoro dei centri; dalla tensione inutile dei muscoli, sproporzionata rispetto al lavoro compiuto; dal perpetuo chiacchierare, che ne assorbe una quantità enorme, dall’ 'interesse' accordato ininterrottamente alle cose che accadono intorno a noi o alle persone con le quali non abbiamo nulla a che fare e che non meritano nemmeno uno sguardo; dallo sciupio senza fine della forza di 'attenzione'; e via di seguito.
"Dal momento in cui l'uomo comincia a lottare contro tutte queste abitudini, risparmia una quantità enorme di energia, e con l'aiuto di questa energia può facilmente intraprendere il lavoro dello studio di sé e del perfezionamento di sé.
"In seguito, tuttavia, il problema diviene più difficile. Un uomo che, fino ad un certo punto, ha equilibrato la sua macchina e che ha provato a se stesso che essa produce molta più energia di quanto egli si aspettasse, arriva tuttavia alla conclusione che essa non è sufficiente e che deve accrescerne la produzione se vuole continuare il suo lavoro.
"Lo studio del funzionamento dell'organismo umano dimostra che ciò è possibile.
"L'organismo umano è paragonabile ad una fabbrica di prodotti chimici dove tutto è stato previsto per un altissimo rendimento. Ma nelle condizioni ordinarie della vita, essa non raggiunge mai il massimo rendimento, perché solo una piccola parte del suo macchinario viene utilizzata e produce soltanto ciò che è indispensabile alla sua propria esistenza. Far lavorare una fabbrica in questo modo è evidentemente antieconomico al massimo grado. Infatti, la fabbrica, con tutto il suo macchinario, con tutte le sue installazioni perfezionate, non produce niente, poiché essa non arriva che a mantenere, e persino con difficoltà, la propria esistenza.
"Il lavoro della fabbrica consiste nel trasformare una quantità di materia in un'altra, vale a dire dal punto di vista cosmico le sostanze più grezze in sostanze più fini. La fabbrica riceve dal mondo esteriore, come materia prima, una quantità di 'idrogeni' grezzi, e il suo lavoro consiste nel trasformarli in 'idrogeni' più fini, mediante tutta una serie di processi alchimistici complicati. Ma, nelle ordinarie condizioni di vita, la produzione da parte della fabbrica umana di idrogeni più fini, che è quella che a noi interessa in modo particolare dal punto di vista della possibilità di stati superiori di coscienza e del lavoro dei centri superiori, risulta insufficiente. Questi idrogeni più fini sono tutti consumati, senza profitto, per mantenere l'esistenza della fabbrica stessa.
Se noi potessimo elevare la produzione della fabbrica al suo massimo rendimento possibile, noi potremmo cominciare a risparmiare gli idrogeni fini. Allora la totalità del corpo, tutti i tessuti, tutte le cellule si saturerebbero di questi idrogeni fini, che si fisserebbero gradualmente, cristallizzando in un certo modo. Questa cristallizzazione degli idrogeni fini porterebbe poco a poco l'organismo intero ad un livello più elevato, a un più alto piano dell'essere.
"Ma questo non può mai accadere nelle condizioni ordinarie della vita, perché la fabbrica consuma tutto quanto produce.
" 'Impara a separare il sottile dallo spesso' — questo principio della ‘Tavola Smeraldina’ di Ermete Trismegisto si riferisce al lavoro della fabbrica umana; se un uomo impara a 'separare il sottile dallo spesso', vale a dire a portare la produzione degli idrogeni fini al più alto livello possibile, egli per questo solo fatto, creerà per se stesso, la possibilità di una crescita interiore, che non potrebbe essere assicurata da nessun altro mezzo. La crescita interiore, la crescita dei corpi interiori dell’uomo (l'astrale, il mentale) è un processo materiale assolutamente analogo a quello della crescita del corpo fisico. Per crescere, un bambino deve essere ben nutrito, il suo organismo deve godere di condizioni sane al fine di poter preparare, a partire da questo nutrimento, i materiali richiesti per la crescita dei suoi tessuti. La stessa cosa è necessaria al 'corpo astrale' che richiede, per la propria crescita, sostanze che l'organismo deve produrre a partire dalle diverse qualità di nutrimento che penetrano in lui. Oltre a ciò, le sostanze di cui il corpo astrale ha bisogno per la sua crescita, sono identiche a quelle che sono indispensabili al mantenimento del corpo fisico, con la sola differenza che gliene occorre una quantità molto maggiore.
"Se l'organismo fisico comincia a produrre una quantità sufficiente di queste sostanze fini, e se il corpo astrale è ormai costituito in lui, questo organismo astrale avrà bisogno, per mantenersi, di una minore quantità di queste sostanze, che non durante la sua crescita. Il sovrappiù di queste sostanze potrà allora essere impiegato per la formazione e la crescita del 'corpo mentale', che crescerà con l'aiuto delle stesse sostanze che .nutrono il 'corpo astrale', ma naturalmente la crescita del 'corpo mentale' richiederà maggior quantità di queste sostanze che non la crescita e il nutrimento del 'corpo astrale'. Il sovrappiù delle sostanze non consumate dal corpo mentale servirà a far crescere il 'quarto corpo'. Ma questo sovrappiù dovrà essere molto grande. Tutte le sostanze fini necessarie al mantenimento e al nutrimento dei corpi superiori devono essere prodotte dall'organismo fisico, e l'organismo fisico è capace di produrle, a condizione che la fabbrica umana lavori convenientemente ed economicamente.
P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la
testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff,
pp 198-201
Nessun commento:
Posta un commento