venerdì 31 marzo 2017

Il signor Belzebù come eroe - Gurdjieff

Per le mie opere ho intenzione di scegliere come eroi alcuni tipi che, o di riffa o di raffa, siano percepiti come reali, per cui dovrà cristallizzarsi nel lettore la nozione che ognuno di essi è "qualcuno" e non "uno qualsiasi".
Durante queste ultime settimane, mentre ero ancora a letto fisicamente stremato e abbozzavo mentalmente il programma delle mie opere, meditando sulla forma e sull'ordine di esposizione, decisi che l'eroe principale della prima parte sarebbe stato... sapete chi?... il grande Belzebù in persona.
E ciò, naturalmente, malgrado il fatto che sin dall'inizio la mia scelta potrebbe provocare nel pensiero della maggioranza dei miei lettori tali associazioni di idee da suscitare in loro ogni sorta di impulsi automatici contraddittori, prodotti da un insieme di dati formatisi necessariamente nel loro psichismo per le anormali condizioni di vita esteriore degli uomini, e cristallizzatisi in essi grazie alla loro famosa "morale religiosa". E tutto ciò non mancherebbe di tradursi in una inesplicabile ostilità nei miei confronti.

Sapete una cosa, miei cari lettori?
Se nonostante il mio avvertimento volete rischiare di conoscere il resto di quest'opera, sforzarvi di assimilarla con uno spirito di imparzialità e comprendere la vera essenza delle questioni che intendo chiarire, allora – per tener conto della particolarità psichica innata nell'uomo, secondo cui questi non si oppone a percepire il bene solo se stabilisce un legame di mutua sincerità e fiducia – desidero confessarvi sin d'ora in tutta franchezza quali associazioni sono scattate in me, costituendo poco a poco nella sfera appropriata del mio stato conscio i fattori che hanno suggerito alla mia individualità di scegliere come eroe di quest'opera un Individuo come il Signor Belzebù, con tutto quel che rappresenta per voi.
La mia decisione non è priva di astuzia, e la mia astuzia consiste semplicemente nel calcolare che, se gli concedo un'attenzione simile, egli si degnerà certamente di testimoniarmi la sua riconoscenza – non vedo motivo di dubitarne – e mi assisterà con tutti i mezzi a sua disposizione nei lavori che mi appresto a scrivere.
Il Signor Belzebù è fatto, si dice, di un'altra pasta. Eppure possiede – come mi è stato concesso di apprendere parecchio tempo fa dai trattati d'un celebre monaco cattolico, frate Fullon – una coda ricciuta; e l'esperienza mi ha convinto in modo formalmente esaustivo che i ricci non sono mai naturali, ma si producono solo a seguito di varie manipolazioni intenzionali; e secondo la "sana logica" formatasi nel mio stato conscio attraverso la lettura di vari libri di chiromanzia, ne ho concluso che il Signor Belzebù deve avere anche lui la sua piccola dose di vanità... Dunque, come potrebbe non aiutare chi fa pubblicità al suo nome?
Non per nulla il nostro famoso e insuperabile maestro Mullah Nassr Eddin dice spesso:
«Se non si liscia il pelo della bestia non si può viver bene in nessun posto, anzi nemmeno ci si può respirare».
E un altro saggio terrestre detto Till Eulenspiegel, che si trovò egli pure a edificare la sua saggezza sulla scempiaggine umana, esprime la stessa idea con le parole:
«Chi non unge il mozzo della ruota non può pretendere di partire».
Conoscendo queste massime di saggezza popolare, queste e molte altre simili, elaborate in secoli di vita comune, ho deciso di "lisciare il pelo per il verso giusto" al Signor Belzebù – il quale, come ben sapete, dispone di potenti mezzi e di una vasta scienza.


G. I. Gurdjieff - I racconti di Belzebù a suo nipote, pp 41-42

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