venerdì 31 marzo 2017

L'agricoltore deve conquistare il mondo - Francesco Saba Sardi

É assai probabile che l'idea del paradiso perduto, reperibile in molte religioni, debba esser fatta risalire al passaggio dal Paleolitico, dalla vita del cacciatore, all'esistenza molto meno libera, più faticosa, più organizzata e costruttiva dei coltivatori. Come si è visto, poi, le società agricole si fondando sulla divisione del lavoro, e dunque sulla costituzione di classi, e un po' alla volta sulla nascita del potere, del dominio, dello stato. E, mentre i gruppi di cacciatori possono basarsi sul tabù, gli agricoltori devono avere proibizioni e leggi. La complessità sociale a mano a mano cresce, le attività dell'organismo sociale si moltiplicano, si formano gruppi di specialisti (guerrieri, fabbri, gestori della cosa pubblica, amministratori, custodi dei granai eccetera). L'esistenza si basa sull'artificio anziché sulla "naturalità". L'agricoltore deve conquistare il mondo, anziché accontentarsi di ciò che gli vien "dato", ed è ovvio che la concezione che si farà dei rapporti con i suoi simili, e soprattutto con l'aldilà dipenderà da questa necessità.

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Se in un primo momento si crede che la terra si ingravidi da sola, per partenogenesi, con l'invenzione dell'aratro il lavoro agricolo viene assimilato all'atto sessuale.

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In pari tempo, trionfa la concezione del diritto del più forte. Cessa l'uguaglianza delle società "selvagge", in cui uomini e donne hanno uguali diritti; la società diviene maschilista, fallocratica.


Francesco Saba Sardi, Il grande libro delle religioni, pp 38-40

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