La mia posizione personale nel lavoro di G. si era a poco a poco modificata. Durante un intero anno avevo visto molte cose che non potevo comprendere; tutto ciò si era accumulato, e io sentivo che dovevo andarmene. Questo cambiamento può apparire strano e inatteso dopo ciò che ho scritto sin qui, ma si era fatto a poco a poco. Da qualche tempo,l'ho scritto più sopra, vedevo la possibilità di separare G. dalle sue idee. Non avevo alcun dubbio sulle idee. Al contrario, più vi riflettevo,più ne penetravo il contenuto, e più le apprezzavo e ne realizzavo la portata. Ma cominciavo a dubitare che fosse possibile per me, come pure per la maggioranza dei nostri compagni, continuare a lavorare sotto la direzione di G.
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Tuttavia ciò non significa affatto che un uomo non abbia scelta oche debba seguire suo malgrado una via non rispondente a ciò che egli cerca. G. stesso diceva che non vi sono scuole 'generali', che ogni guru in una scuola ha la sua propria specialità. L'uno è scultore, l'altro musicista, un terzo insegna qualcosa d'altro, e tutti gli allievi di un tale guru devono studiare la sua specialità. La possibilità di una scelta esiste dunque. Spetta però a ciascuno di trovare il guru del quale egli sia capace di studiare la specialità, quella che si accorda ai suoi gusti, alle sue tendenze e alle sue capacità.
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Per quanto concerne la mia relazione con G., vedevo chiaramente allora che mi ero sbagliato su molte cose e che, se restavo ancora con G., non sarei più andato nella stessa direzione dell'inizio. E pensavo che tutti i membri del nostro piccolo gruppo, salvo rare eccezioni, erano in una situazione analoga, se non identica.
Era una constatazione sorprendente, ma assolutamente giusta. Non avevo niente a ridire sui metodi di G., salvo che non mi convenivano. Un esempio molto chiaro mi venne allora in mente. Non avevo mai avuto un atteggiamento negativo verso la via religiosa e mistica, vale a dire verso 'la via del monaco'; tuttavia non avrei potuto pensare nemmeno per un istante che una tale via fosse possibile o conveniente per me. Ora, dopo tre anni di lavoro, mi ero accorto che G. stava conducendoci in effetti verso il monastero, e che egli ormai esigeva da noi l'osservanza di tutti i riti e di tutte le cerimonie della via religiosa. Questo fatto era per me, naturalmente, un valido motivo per non essere d'accordo con G. e per andarmene, anche a rischio di perdere la sua direzione immediata. E nel contempo ciò non avrebbe voluto certo dire che io consideravo sbagliata la via religiosa in generale. Al contrario, questa via potrebbe persino essere molto più corretta della mia,ma essa non è la mia.
Presi la decisione di lasciare G. e il suo lavoro dopo una grande lotta interiore. Avevo basato troppe cose su questo lavoro per poter facilmente riprendere tutto da capo. Ma non vi era null'altro da fare.
Senza dubbio, non abbandonavo niente di ciò che avevo acquisito durante questi tre anni. Tuttavia impiegai un intero anno prima di passare al di là di tutto ciò e scoprire come mi sarebbe stato possibile continuare a lavorare nella stessa direzione di G., pur mantenendo la mia indipendenza.
P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 411-413
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