domenica 12 novembre 2017

Da maledizione a benedizione - Tiziano Terzani

Fu una splendida decisione e l‘anno 1993 è finito per essere uno dei più straordinari che io abbia passato: avrei dovuto morirci e son rinato. Quella che pareva una maledizione s’è dimostrata una vera benedizione.
Muovendomi fra l‘Asia e l’Europa in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il ritmo delle mie giornate è completamente cambiato, le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura.
D’un tratto, senza più la possibilità di correre a un aeroporto, pagare con una carta di credito, schizzar via ed essere, in un baleno, letteralmente dovunque, sono stato costretto a riguardare al mondo come a un intreccio complicato di paesi divisi da bracci di mare che vanno attraversati, da fiumi che vanno superati, da frontiere per ognuna delle quali occorre un visto; e un visto speciale che dica «via terra», come se questa via, specie in Asia, fosse nel frattempo diventata così insolita da rendere automaticamente sospetto chiunque si ostini a usarla.
Spostarsi non è stato più questione di ore, ma di giorni, di settimane. Per non fare errori, prima di mettermi in viaggio, ho dovuto guardare bene le carte, rimettermi a studiare la geografia. Le montagne sono tornate a essere possibili ostacoli sul mio cammino e non più delle belle, irrilevanti rifiniture in un paesaggio visto da un oblò.
Il viaggiare in treno o in nave, su grandi distanze, m‘ha ridato il senso della vastità del mondo e soprattutto m’ha fatto riscoprire un’umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l’esistenza: l’umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa.
Impormi di non volare è diventato un gioco pieno di sorprese. A far finta, per un po‘, d’esser ciechi si scopre che, per compensare la mancanza della vista, tutti gli altri sensi si affinano. Il rifiuto degli aerei ha un effetto simile: il treno, con i suoi agi di tempo e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l’attenzione per quel che si ha attorno, per quel che scorre fuori del finestrino. Sugli aerei presto si impara a non guardare, a non ascoltare: la gente che si incontra è sempre la stessa; le conversazioni che si hanno sono scontate. In trent’anni di voli mi pare di non ricordarmi di nessuno. Sul treni, almeno quelli dell’Asia, no! L’umanità con cui si spartiscono i giorni, i pasti e la noia non la si incontrerebbe altrimenti e certi personaggi restano indimenticabili.


Tiziano Terzani - Un indovino mi disse, pp 10-12

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