domenica 25 dicembre 2016

4 gradini: pensiero ordinario, contemplazione, concentrazione, meditazione - Osho

La seconda domanda: “Per favore spiegaci che cosa sono la contemplazione, la concentrazione e la meditazione”. 

Contemplazione significa pensiero indirizzato. Noi tutti pensiamo, ma questo non equivale a contemplare. Questo pensare non è indirizzato, è vago, non porta da nessuna parte. In realtà il nostro pensare non è contemplazione, ma quello che i freudiani chiamano “associazione”. Un pensiero porta a un altro senza che venga diretto da te. E’ il pensiero stesso ad agire a causa dell’associazione. Vedi un cane attraversare la strada e, non appena lo vedi, cominci a pensare ai cani. Il cane ti ha portato a questo pensiero, e subito la mente opera molte associazioni. Da bambino avevi paura di un certo cane: ti viene in mente quel cane e anche l’infanzia. Poi i cani vengono dimenticati, quindi inizi a sognare a occhi aperti della tua infanzia, solo per associazione.
Poi l’infanzia continua a essere collegata con altre cose, e tu ti muovi in tondo. Quando sei a tuo agio, cerca di ritornare da ciò che stai pensando all’origine dei pensieri. Torna indietro, ritorna sui tuoi passi e vedrai che c’era un altro pensiero che ti aveva portato a questo. E non sono connessi logicamente, perché in cosa un cane sulla strada si correla con la tua infanzia? Nella tua mente non c’è connessione logica, ma solo associazione. Se fossi stato io ad attraversare la strada, lo stesso cane non mi avrebbe portato alla mia infanzia. Mi avrebbe condotto da qualche altra parte. Una terza persona sarebbe stata condotta verso qualcos’altro ancora. Ognuno ha catene di associazioni nella propria mente e ogni avvenimento, ogni incidente conduce alla propria catena. Di conseguenza la mente comincia a funzionare come un computer: una cosa conduce a un’altra e a un’altra ancora, e tu continui e durante tutto il giorno non fai che quello. Scrivi su un foglio tutto ciò che ti passa per la mente, onestamente; rimarrai stupito di ciò che avviene nella tua mente. Non c’è alcuna relazione tra due pensieri, e tu continui a pensare in questo modo.
Questo lo chiami pensare? Questo è solo associazione di un pensiero con un altro, e uno porta all’altro... tu sei condotto. Il pensiero diventa contemplazione non quando si muove tramite le associazioni, ma quando è diretto. Stai lavorando su un problema ed escludi tutte le associazioni. Ti muovi solo nell’ambito di quel problema: focalizzi la tua mente. La mente cercherà di fuggire da un sentiero laterale, da una via laterale a una qualche associazione: tu escludi tutte le vie laterali e indirizza la tua mente su una sola strada. Uno scienziato che sta lavorando su un problema è in contemplazione. Un logico, un matematico che sta lavorando su un problema è in contemplazione. Un poeta contempla un fiore: l’intero mondo viene tagliato fuori, e rimangono solo il fiore e il poeta, e lui si muove con il fiore. Molte cose l’attraggono dalle vie laterali, ma lui non permette alla sua mente di muoversi minimamente. La mente si muove su di una sola linea, indirizzata.
Questa è la contemplazione. La scienza è basata sulla contemplazione. Ogni pensiero logico è contemplazione: il pensiero è indirizzato, il pensiero è guidato. Il pensiero ordinario è assurdo. La contemplazione è logica razionale.
Poi viene la concentrazione: concentrazione è restare su un punto solo. Non è pensiero; non è contemplazione. E’, in realtà, essere su un punto solo senza permettere affatto alla mente di muoversi. Nel pensiero ordinario la mente si muove come una pazza. Nella contemplazione questa pazza viene condotta, indirizzata; non può fuggire da nessuna parte. Nella concentrazione non si permette alla mente di muoversi; nel pensiero ordinario, le è permesso di muoversi ovunque; nella contemplazione le viene permesso di muoversi solo in alcuni posti; nella concentrazione non le viene affatto permesso di muoversi. Le si permette di essere solo in un unico punto. Tutta l’energia, tutto il movimento, si ferma, si fissa su un unico punto. La concentrazione riguarda lo yoga, il pensiero non indirizzato l’uomo comune, il pensiero indirizzato la mente scientifica. La mente yogica ha il suo pensiero focalizzato, fissato in un punto solo: non le viene permesso alcun movimento. Poi c’è la meditazione. Nel pensiero ordinario si permette alla mente di muoversi ovunque, nella contemplazione ciò le è permesso in una sola direzione: tutte le altre sono escluse. Nella concentrazione non le viene permesso di muoversi neppure in una sola direzione. Le viene permesso solamente di concentrarsi su un unico punto. E nella meditazione non si permette alla mente neppure di esistere. La meditazione è nonmente. Questi sono i quattro stadi:
pensiero ordinario, contemplazione, concentrazione, meditazione. La meditazione significa nonmente: neppure la concentrazione è permessa. Alla mente non viene permesso neppure di esistere! Questa è la ragione per la quale la meditazione non può essere afferrata dalla mente. La concentrazione è ancora alla portata della mente, vi può ancora accedere. La mente può comprendere la concentrazione, ma non la meditazione. In verità, in essa non si permette alla mente neppure di esistere. Nella concentrazione si permette alla mente di essere in un punto solo: nella meditazione le viene sottratto persino quel punto. Nel pensiero ordinario tutte le direzioni sono aperte. Nella contemplazione è aperta una direzione sola. Nella concentrazione è aperto solo un punto – nessuna direzione.
Nella meditazione non è aperto neppure quel punto: non si permette alla mente neppure di esistere. Il pensiero ordinario è lo stato ordinario dalla mente, e la meditazione è la sua più alta possibilità. La più bassa è il pensare ordinario, l’associazione e la più alta, il culmine, è la meditazione, la nonmente.

E con la seconda domanda si chiede inoltre: “La contemplazione e la concentrazione sono processi mentali. Come possono dei processi mentali essere utili per raggiungere uno stato di non-mente?”.

La domanda è significativa. La mente si chiede come la mente possa andare al di là della mente. Come può qualunque processo mentale essere utile per raggiungere qualcosa che non appartiene alla mente? Sembra contraddittorio. Come può la tua mente cercare, fare degli sforzi per creare uno stato che non le appartiene? Cerca di capire. Quando c’è la mente, cos’è che esiste? Un processo di pensiero. Quando c’è la nonmente, cos’è che esiste? Nessuno processo dei pensiero. Se continui a ridurre il tuo processo mentale se continui a dissolvere il tuo pensiero, gradatamente, lentamente, raggiungi la nonmente.
Mentre significa pensare, nonmente significa non pensare. E la mente ti può essere d’aiuto, può rendersi utile suicidandosi. Puoi suicidarti, ma non ti chiedi mai come un uomo vivo possa aiutare se stesso a essere morto. Tu puoi aiutarti a essere morto: tutti tentano di farlo! Tu puoi aiutare te stesso a essere morto, e sei vivo. La mente può aiutare a essere nonmente. Come può farlo? Se il processo di pensiero diventa sempre più denso, significa che stai procedendo dalla mente a una mente maggiore. Se il processo di pensiero diventa meno denso, se viene ridotto, rallentato, stai aiutando te stesso a raggiungere la nonmente. Dipende da te. E la mente può essere un aiuto perché, in realtà, essa è ciò che in questo stesso istante stai facendo con la tua consapevolezza. Se lasci la tua consapevolezza sola, senza farne nulla, diventa meditazione. Perciò ci sono due possibilità: una è ridurre la mente lentamente, gradualmente, piano piano. Se viene diminuita dell’uno per cento, dentro di te hai mente per il novantanove per cento e nonmente per l’uno per cento. E’ come se avessi portato dei mobili fuori dalla stanza: lì si è creato un po’ di spazio. Sposta altri mobili, e si crea uno spazio maggiore. Quando li hai tolti tutti, l’intera stanza diventa uno spazio vuoto. In realtà lo spazio non si è creato spostando i mobili: lo spazio c’era già, ma era occupato dai mobili. Quando li togli, lo spazio non entra dall’esterno: c’era già, ma occupato dai mobili. Tu li hai tolti, e lo spazio viene riacquistato, recuperato. Giù, nel profondo, la mente è uno spazio occupato, riempito di pensieri. Se togli un po’ di pensieri, si crea, viene scoperto o recuperato dello spazio. Se continui a togliere i tuoi pensieri, un po’ alla volta riacquisti il tuo spazio. Questo spazio è meditazione. Può esser fatto lentamente, ma anche improvvisamente. Non c’è alcun bisogno di continuare a togliere i mobili per vite intere, un po’ alla volta, perché si creano problemi. Quando togli i mobili si crea l’un per cento di spazio mentre il novantanove per cento rimane occupato. Quel novantanove per cento di spazio occupato si sentirà a disagio per quello spazio non occupato e cercherà di riempirlo. Perciò una persona continua a ridurre i pensieri gradualmente e poi a creare ancora nuovi pensieri. Al mattino ti siedi a meditare per un po’ di tempo: rallenti il tuo processo di pensiero. Poi vai al mercato e c’è un nuovo afflusso di pensieri: lo spazio viene riempito di nuovo. Il giorno dopo rifai la stessa cosa, e continui a farla, continui a scacciare fuori e a invitare di nuovo dei pensieri. Ma puoi anche buttare fuori all’improvviso tutti i mobili. Sta a te decidere. E’ difficile perché ti sei abituato ai mobili e potresti sentirti a disagio, non sapresti cosa fartene dello spazio. Potresti persino aver paura di muoverti in quello spazio. Non ci siamo mai mossi con tale libertà. La mente è un condizionamento. Ci siamo abituati ai pensieri.
Hai mai osservato – o se non l’hai osservato, allora osservalo – che continui a ripetere gli stessi pensieri ogni giorno? Sei come un disco, e neppure uno appena uscito, nuovo, sei un disco vecchio. Vai avanti a ripetere le stesse cose. Perché? A che cosa serve? Serve solo a una cosa, è solo una vecchia abitudine: senti che stai facendo qualcosa. Sei sdraiato sul letto e stai aspettando che ti venga sonno e ripeti le stesse azioni ogni giorno.
Perché lo fai? In un certo senso serve. Le vecchie abitudini, i condizionamenti, servono.
Un bambino ha bisogno di un giocattolo. Se gli viene dato, si addormenterà; a quel punto glielo puoi togliere. Ma se il giocattolo non c’è, il bambino non riesce ad addormentarsi. E’ un condizionamento. Non appena gli viene dato il giocattolo, nella sua mente scatta qualcosa. Ora è pronto per addormentarsi. Lo stesso avviene per te. I giocattoli possono essere differenti. C’è chi non riesce ad addormentarsi se non comincia a cantare: “Rama, Rama, Rama...”. Non riesce ad addormentarsi! Questo è un giocattolo. Se canta: “Rama, Rama, Rama...”, gli viene dato il giocattolo, riesce ad addormentarsi. Fai fatica ad addormentarti in un stanza nuova. Se sei abituato a dormire con particolari indumenti, ne avrai bisogno ogni giorno. Gli psicologi dicono che, se dormi in camicia da notte e non ti viene data, farai fatica ad addormentarti. Perché? Se non hai mai dormito nudo e ti viene detto di dormire nudo, non ti sentirai a tuo agio. Perché? Non c’è alcuna relazione tra la nudità e il sonno, ma per te una relazione c’è, una vecchia abitudine. Con le vecchie abitudini ci si sente a proprio agio, comodi. Anche gli schemi mentali sono solo abitudini.
Ti senti comodo – lo stesso pensiero ogni giorno, la stessa routine; senti che tutto va bene. Tu hai investito nei tuoi pensieri: questo è il problema. I tuoi mobili non sono solo spazzatura che va gettata; in essi hai investito moltissimo. Tutti i mobili possono essere gettati via immediatamente: può esser fatto! Esistono metodi immediati dei quali parleremo. Puoi essere liberato di tutto il tuo mobilio mentale immediatamente, in questo stesso istante, ma allora all’improvviso sarai vuoto, svuotato, e non saprai più chi sei. Non saprai più che cosa fare perché, per la prima volta, non ci saranno più i tuoi vecchi modelli.
Lo shock potrebbe essere troppo improvviso. Potresti impazzire o persino morire. Questa è la ragione per la quale i metodi improvvisi non vengono usati, a meno che una persona non sia pronta. Una persona può impazzire all’improvviso perché le vengono a mancare tutti gli ormeggi. Il passato cade immediatamente, e quando accade, non puoi concepire il futuro, perché il futuro era sempre stato concepito nei termini del passato. Rimane solo il presente, e tu non sei mai stato nel presente. Eri nel passato oppure nel futuro. Perciò quando sei proprio nel presente per la prima volta, ti senti come se fossi diventato pazzo, furioso. Questa è la ragione per la quale i metodi improvvisi non vengono usati a meno che tu non stia lavorando all’interno di una scuola, con un Maestro in un gruppo, a meno che non ti sia completamente consacrato, non abbia dedicato l’intera vita alla meditazione.
Perciò i metodi graduali vanno bene. Hanno bisogno di molto tempo, ma un po’ alla volta ti abitui allo spazio. Cominci a sentire lo spazio e la sua bellezza, la sua beatitudine, e allora i tuoi mobili vengono rimossi gradualmente. Quindi è bene diventare contemplativi partendo dal pensiero ordinario: questo è il metodo graduale. Dalla contemplazione è bene concentrarsi: questo è il metodo graduale. E dalla concentrazione è bene fare un salto nella meditazione. Allora ti muovi lentamente, tastando il terreno a ogni passo, e solo quando sei veramente radicato in ogni gradino, solo allora cominci ad andare verso quello successivo. Non è un salto: è una crescita graduale. Dunque queste quattro cose – pensiero ordinario, contemplazione, concentrazione, meditazione – sono quattro gradini.


Osho, Il libro dei segreti

Nessun commento:

Posta un commento