Aggressività e depressione pare che siano i demoni che più di tutti stanno letteralmente infestando le grandi città occidentali. Sono di pochi giorni fa le notizie di un giovane che ha soffocato la fidanzata che voleva lasciarlo e una madre che si è suicidata dopo aver avvelenato la figlia di tre anni; ma a parte le tragedie che fanno cronaca nei tg, ciò che più m’interessa è analizzare i malesseri di cui mi parlano le persone che frequentano i miei seminari.
Come sa bene chi mi conosce anche dal vivo e non solo su internet, io mi considero uno scrittore e un artista e non ho mai avuto niente da spartire con il mondo di guru e maestri che ruota intorno alla spiritualità. Mi sento decisamente più vicino a Bill Hicks che a Osho! Mi guadagno da vivere con le mie performance, che sicuramente non sono dei satsang (=incontro con il maestro/verità); tuttavia gli argomenti che tratto in questi miei “spettacoli” fanno sì che molte persone vengano a parlarmi dei loro problemi e questo mi consente di avere il polso della situazione, ossia di essere sempre informato circa i malesseri che affliggono maggiormente la società.
Malesseri che sono in aumento – oramai persino i sociologi se ne sono accorti – e che ruotano intorno a rabbia – più o meno repressa – e, soprattutto, depressione: non trovare più un senso alla propria vita, voglia di mollare tutto, fatica ad alzarsi dal letto la mattina, pensieri orientati alla fuga o al suicidio.
All’inizio del post non ho usato il termine “demoni” a caso. Stiamo parlando di entità che colonizzano il nostro apparato psicofisico, un po’ di più ogni giorno, fino ad acquisirne il dominio. Rendono la nostra vita sempre più insopportabile fino a condurci ad atti estremi e violenti contro gli altri o contro noi stessi.
Dice Ignatij Brjancaninov in Preghiera e lotta spirituale:
Quanto ai pensieri, non vi prestiamo la minima attenzione ed essi si disperdono in tutte le direzioni. La nostra mente si trova così nella disposizione contraria rispetto a quella d’una mente protetta dalla preghiera: è come una stanza con le porte spalancate, senza nessuna sorveglianza, in cui chiunque lo desideri può entrare e uscire introducendovi o asportandovi tutto ciò che gli pare.
Poi Brjancaninov prosegue:
È temibile per i demoni e gradito a Dio e ai suoi angeli quell’uomo che, giorno e notte e con uno zelo ardente, ricerca Dio nel proprio cuore e vi estirpa le suggestioni del nemico.
E qual è la pratica da seguire per trovare Dio nel proprio cuore?
La preghiera deve continuamente risonare sulle nostre labbra; nelle avversità per esserne liberati, nella prosperità per esservi conservati.
La meditazione segreta e la lettura fanno dell’anima una casa ben sprangata e protetta da tutte le parti, una colonna incrollabile, un porto calmo e riparato. Essa salva l’anima proteggendola dall’indecisione. I demoni si agitano molto e diventano estremamente inquieti quando un monaco si arma della meditazione segreta sotto la forma della preghiera di Gesù: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore.
La preghiera breve raccoglie la mente, la quale, se non è assidua alla meditazione non può fare a meno di svolazzare e vagabondare qua e là.
La preghiera, in generale, e la preghiera di Gesù – utilizzata dai Padri del Deserto nel IV secolo – in particolare, rivestono una duplice funzione:
1) Tengono la mente occupata e focalizzata su un unico pensiero, allontanando i demoni della depressione o del giudizio.
2) Con l’assidua e prolungata ripetizione il praticante discende dalla mente al cuore.
Impara a essere attento durante la preghiera orale: la preghiera orale recitata con attenzione si trasformerà da sola in preghiera della mente e poi del cuore. Ci ricorda Brjancaninov.
In conclusione, alle persone che mi avvicinano per parlarmi dei loro demoni io consiglio la preghiera di Gesù. Quando l’accidia, la depressione e la rabbia svolazzano sopra – e dentro – le nostre teste, noi possiamo rispondere con lo scudo della preghiera. Per fare questo dobbiamo però innanzitutto essere fermamente convinti che questi malesseri non sono causati da una condizione di vita oggettiva, ma provengono dall’esterno e quindi possono essere cacciati per la stessa via da cui sono giunti.
In altre parole, quando siamo depressi non è perché stiamo vivendo una particolare situazione nella nostra vita che giustifica quella depressione, ma, al contrario, viviamo certe situazioni solo perché prima abbiamo inconsapevolmente aperto una porta al demone della depressione, il quale ci fa percepire il mondo attraverso un filtro che colora tutto con i colori della depressione.
Le persone non pregano più... e prendono gli psicofarmaci. Ma non è detto che un rimedio sia più valido solo perché è più recente.
Nella Vita di Ignazio Teoforo, vescovo di Antiochia, che ricevette la corona del martirio a Roma nel 107 d.C., leggiamo: “Mentre lo si conduceva per essere consegnato alle bestie feroci, egli aveva incessantemente il nome di Gesù Cristo sulle labbra; allora i pagani gli chiesero per quale motivo pronunciasse continuamente quel nome. Il santo rispose che aveva il nome di Gesù impresso nel cuore e che non faceva altro che confessare con la bocca colui che sempre portava nel cuore. Più tardi, dopo che fu divorato dalle belve nell’arena, avvenne per volontà di Dio che il suo cuore restasse intatto fra le costole. Gli infedeli che lo trovarono tagliarono il cuore in due parti per verificare l’esattezza delle parole del santo. All’interno, sulle due metà, trovarono un’iscrizione a caratteri d’oro: Gesù Cristo.”
Questa è la “preghiera di Gesù” che gli asceti cristiani delle origini avevano sempre sulle labbra: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Il termine “peccatore” non va inteso come comunemente facciamo oggi. Il peccatore non è qualcuno che ha commesso un atto sbagliato, bensì colui che si è allontanato da Dio. È un peccatore colui che è “caduto”, che si è distaccato dal Padre, che non si sente più un tutt’uno con Lui... e per questo in verità soffre atrocemente.
Nel momento in cui ci allontaniamo dal Padre – dal nostro Cuore – ogni nostro agire è in verità peccaminoso e intriso di dolore, al di là del fatto che ce ne rendiamo conto o meno. Il “peccato originale”, cioè, in ultima analisi, il giudizio – il fatto che a un certo punto abbiamo cominciato a distinguere fra bene e male, giusto e sbagliato – pur essendo un processo necessario, ha inevitabilmente causato la nostra “cacciata dal Paradiso Terrestre” e quindi l’allontanamento dal Padre. Il giudizio, il nostro puntare il dito verso ciò che riteniamo “male”, è il vero peccato.
Il sentirsi soli e lontani dal Padre è una situazione che provoca rabbia e depressione, i due demoni di cui parlavo nel precedente post. La distanza dal Padre causa ed è causata dal giudizio, il quale provoca alternativamente rabbia e mancanza di voglia di vivere. Il pentimento – quando sentito nel cuore – permette invece di percorrere la risalita verso la “casa del Padre”. La preghiera è lo strumento che ci è stato tramandato.
Dice Serafim di Sarov in Istruzioni spirituali: “Dobbiamo dedicarci con tutte le nostre forze a salvaguardare la pace dell’anima e a non indignarci quando gli altri ci offendono. Non vi è nulla al di sopra della pace in Cristo, grazie alla quale vengono annientati gli assalti degli spiriti del cielo e della terra.”
“La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano le regioni celesti” (Ef 6.12).
La preghiera viene chiamata “della mente” quando è recitata dalla mente con profonda attenzione e con la partecipazione marginale del cuore. È detta “del cuore” quando è recitata dalla mente unita al cuore, ossia quando la mente scende fino al cuore e innalza la preghiera dal profondo. A questo punto il fedele si sente cosciente principalmente al centro del petto, dove risiede il Fuoco, anziché nella testa. La preghiera viene chiamata “dell’anima” quando sgorga da tutta l’anima, con la partecipazione dello stesso corpo; quando viene offerta da tutto l’essere che diventa, per così dire, il portavoce della preghiera. L’identificazione ultima con l’anima permette infatti la partecipazione completa anche del corpo.
“Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Ecco il primo comandamento” (Mc 12.30; Dt 6.5)
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
http://www.salvatorebrizzi.com/2013/04/funzione-della-preghiera-oggi.html
http://www.salvatorebrizzi.com/2013/04/funzione-della-preghiera-parte-2.html
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