Ora la tecnica – la sesta tecnica per la centratura: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi. Non passare a un altro oggetto. Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine”, Vorrei ripeterla: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi. Non passare a un altro oggetto...”. Non spostarti a un altro oggetto. “Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.”
“Guarda con amore un oggetto qualsiasi...”. “Con amore” è la chiave. Hai mai osservato un oggetto con amore? Puoi dire di sì solo perché non sai che cosa significhi: puoi aver guardato un oggetto con bramosia, questa è un’altra cosa, del tutto diversa – diametralmente opposta. Perciò come prima cosa, la differenza: cerca di percepire la differenza. Osservi un bel viso, un bel corpo, e senti che li stai guardando con amore. Ma perché li stai guardando? Forse vuoi sfruttarli, vuoi ottenere qualcosa da loro? In questo caso non è amore, è bramosia. Di fatto stai pensando a come usarli, a come possederli, a come far sì che questo corpo diventi uno strumento per la tua felicità. Bramosia significa come usare qualcosa per la tua felicità; amore significa che non è nulla che riguardi la tua felicità. In realtà, bramosia significa come ottenere qualcosa da un oggetto e amore significa come dare qualcosa. Sono due cose diametralmente opposte. Se vedi un bel volto e provi amore, l’immediata sensazione nella tua consapevolezza sarà come fare qualcosa per renderlo felice, come fare qualcosa per rendere felice quell’uomo o quella donna. Non ci si occupa di se stessi: ci si occupa dell’altro. In amore l’importante è l’altro; nella bramosia l’importante sei tu. Nella bramosia pensi a come rendere l’altro il tuo strumento; in amore a come diventare uno strumento. Nella bramosia sacrificherai l’altro; in amore te stesso. Amore significa dare; bramosia significa ottenere. L’amore è un abbandono; la bramosia è un’aggressione. Quello che dici non ha senso: persino nella bramosia parli in termini d’amore. Il tuo linguaggio non ha molto senso, perciò non ingannarti. Osserva dentro di te, e vedrai che non una sola volta nella tua vita hai guardato con amore qualcuno o qualcosa. La seconda distinzione da fare; questo sutra dice: “Guarda con amore un oggetto qualsiasi”. In realtà anche se guardi con amore qualcosa di materiale, di inanimato, quell’oggetto diventerà una persona. Se lo guardi con amore, il tuo amore è la chiave per trasformare qualunque cosa in persona. Se guardi un albero con amore, diventa una persona. Proprio l’altro giorno stavo parlando con Vivek, e le dicevo che quando ci fossimo trasferiti nel nuovo ashram avremmo dato un nome a ogni albero, perché ogni albero è una persona. Hai mai sentito di qualcuno che dia un nome agli alberi? Nessuno lo fa perché nessuno li ama. Se le cose fossero diverse, un albero diventerebbe una persona. Allora non è più solo in una folla: diventa unico. Tu dai nomi ai cani e ai gatti. Quando dai un nome a un cane lo chiami Tigre o qualcosa del genere, il cane diventa una persona. Allora non è più solo un cane tra altri: ha una personalità. Hai creato una persona. Ogni volta che guardi qualcosa con amore, questa diventa una persona. Ed è vero anche il contrario: ogni volta che guardi con bramosia una persona, quella persona diventa un oggetto, una cosa. Ecco perché gli occhi pieni di bramosia sono odiosi: non piace a nessuno diventare una cosa. Quando guardi in questo modo tua moglie o qualunque altra donna o uomo, l’altro si sente ferito. Che cosa stai facendo realmente? Stai trasformando una persona, una persona viva in uno strumento morto, stai pensando a come “usarla”, e in quel caso la persona viene uccisa. Ecco perché gli occhi pieni di bramosia sono odiosi, brutti. Quando guardi qualcuno con amore, l’altro ne viene innalzato: diventa unico, all’improvviso diventa una persona. Una persona non può venire sostituita, mentre una cosa sì. “Cosa” significa ciò che è sostituibile; “persona”, ciò che non può essere sostituito. Una persona è unica; una cosa non lo è. L’amore rende unica qualunque cosa. Ecco perché senza amore non ti senti mai una persona. A meno che qualcuno non ti ami profondamente, non senti mai di avere alcuna unicità. Sei solo un numero, un dato in una folla, sei intercambiabile. Per esempio, se sei impiegato in un ufficio, insegnante in una scuola o professore in un’università, sei rimpiazzabile. Puoi essere sostituito in qualunque momento perché vieni solo usato per svolgere una mansione: hai un significato e un’importanza funzionale al tuo compito. Se sei un impiegato, qualcun altro può svolgere facilmente il tuo lavoro. Il lavoro non ti aspetterà. Se in questo istante muori, subito qualcuno ti sostituirà e il meccanismo continuerà. Eri solo un numero: un altro numero andrà altrettanto bene. Eri solo utile. Ma ecco che qualcuno s’innamora di questo impiegato o di questo professore. All’improvviso l’impiegato non è più tale: è diventato una persona unica. Se muore, l’amata non potrà rimpiazzarlo: è insostituibile. Allora il mondo intero potrà continuare nello stesso identico modo, ma l’innamorata non potrà essere la stessa. Questa unicità, questo essere una persona, accade attraverso l’amore. Questo sutra dice “Guarda con amore un oggetto qualsiasi”.
Non fa alcuna distinzione tra un oggetto e una persona. Non ce n’è bisogno, perché quando guardi con amore, qualunque cosa diventerà una persona. Lo sguardo stesso cambia, trasforma. Forse non hai osservato che cosa succede quando guidi una certa macchina, diciamo una Fiat. Ci sono migliaia, migliaia e migliaia di Fiat esattamente uguali, ma la tua macchina, se ne sei innamorato, diventa unica, una persona. E’ insostituibile perché si crea una relazione: ora senti questa automobile come una persona.
Se qualcosa non va... un leggero rumore, lo senti. E le macchine sono molto capricciose.
Conosci il carattere della tua auto, quando si sente bene e quando si sente male. Poco a poco la macchina diventa una persona. Perché? Se c’è una relazione d’amore, ogni cosa diventa una persona. Se c’è una relazione di bramosia, una persona diventa una cosa. E questo è uno degli atti più disumani che l’uomo possa compiere: rendere qualcuno una cosa. “Guarda con amore un oggetto qualsiasi...”. Che cosa si deve fare dunque? Per guardare con amore, come prima cosa dimenticati di te stesso completamente. Guarda un fiore e lascia che sia presente. Tu diventa completamente assente: senti il fiore, e un amore profondo fluirà dalla tua consapevolezza verso il fiore. E fai sì che la tua consapevolezza sia ricolma di un solo pensiero: come aiutare questo fiore a fiorire di più, a diventare più bello, e più gioioso. Che cosa posso fare? Non importa che tu possa fare qualcosa, oppure no. Ciò che importa è la sensazione di cosa puoi fare: questo dolore, questa fitta relativa a cosa puoi fare per rendere questo fiore più bello, più vivo, più fiorito.
Fa in modo che questo pensiero si riverberi in tutto il tuo essere, che ogni fibra del tuo corpo e della tua mente lo senta, e verrai trafitto da un’estasi: il fiore diventerà una persona. “Non passare a un altro oggetto...”. E non puoi passare a un altro oggetto: se sei una relazione d’amore, non puoi andartene. Se amo qualcuno, ti dimentichi dell’intera folla; affiora un unico volto, non vedi nessun altro: gli altri visi sono presenti sullo sfondo, alla periferia della tua consapevolezza. Non esistono. Sono solo delle ombre. Rimane un unico volto. Se ami qualcuno rimane solo quel volto, perciò non puoi muoverti. Non passare a un altro oggetto, resta con uno solo: la rosa, il viso della persona amata. Rimani lì amando, fluendo, con un unico cuore, con un unico pensiero: “Che cosa posso fare per rendere l’oggetto del mio amore più felice, più gioioso?”. “Qui, nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.” In quel modo, tu sarai assente, non ti preoccuperai più per te stesso, non sarai più egoista, non penserai più in termini di piacere personale, di gratificazione. Ti sarai completamente dimenticato di te stesso, e penserai solo all’altro. L’altro è diventato il centro del tuo amore; la tua consapevolezza fluirà verso di lui. Con profonda compassione, con un profondo sentimento di amore, pensi: “Che cosa posso fare per rendere felice l’amato?”. In questo stato, all’improvviso, qui, “nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine”, come una conseguenza, verrai raggiunto da un’improvvisa beatitudine.
All’improvviso sarai nel centro del tuo essere. Sembra paradossale perché questo sutra dice di dimenticarti completamente di te stesso, di non essere centrato in te stesso, di muoverti completamente verso l’altro. Si narra che il Buddha dicesse sempre che quando preghi, devi pregare per gli altri – mai per te, altrimenti la preghiera è del tutto inutile. Un uomo andò da lui e disse: “Accolgo il tuo insegnamento, ma c’è una sola cosa che mi è molto difficile accettare. Tu dici che quando preghiamo, non dobbiamo pensare a noi stessi, non dobbiamo chiedere nulla che riguardi noi stessi. Dobbiamo dire: ‘Qualunque sia il risultato della mia preghiera, che quel risultato venga ripartito tra tutti. Se accade una beatitudine, che venga ripartita tra tutti”. L’uomo proseguì: “Questo mi va bene, ma posso fare solo un’unica eccezione? Non al mio dirimpettaio: è mio nemico. Che questa beatitudine venga distribuita a tutti salvo che al mio vicino di casa”. La mente è centrata in se stessa, perciò il Buddha disse: “La tua preghiera non serve a nulla. Non ne risulterà nulla a meno che tu sia pronto a dare tutto, a distribuire tutto, allora tutto sarà tuo”.
Nell’amore ti dimentichi di te stesso. Sembra paradossale: quando e come avverrà questa centratura? Preoccupandoti dell’altro, della felicità dell’altro, quando ti dimentichi completamente di te stesso e rimane solo l’altro, all’improvviso sei colmato di gioia, accade la beatitudine. Come mai? Perché, quando non ti preoccupi di te stesso, diventi vacuo, vuoto: si crea lo spazio interiore. Quando la tua mente è totalmente preoccupata dell’altro, nell’interiorità diventi senza mente, non ci sono più pensieri. E quindi questo pensiero: “In che modo posso essere d’aiuto? In che modo posso creare una maggiore gioia? Come può l’altro essere più felice?” non può continuare, perché in realtà non c’è nulla che tu possa fare. Questo pensiero diventa un segno d’arresto. Non c’è nulla che possa fare. Cosa puoi fare? Se pensi di poter fare qualcosa, stai ancora pensando in termini di ego. Con l’oggetto d’amore si diventa totalmente impotenti, ricordatelo. Quando ami qualcuno, ti senti totalmente impotente. Questa è l’agonia dell’amore: non riuscire a sentire cosa fare. Si vorrebbe fare tutto, si vorrebbe dare l’intero universo all’amante o all’amata – ma che cosa si può fare? Se pensi di poter fare questo o quello, non sei ancora in una relazione d’amore. L’amore è del tutto impotente, assolutamente impotente, e in questa impotenza risiede la sua bellezza, perché in quella condizione di impotenza ti arrendi. Ama qualcuno e ti sentirai impotente; odia qualcuno e sentirai che puoi fare qualche cosa. Ama qualcuno e sei assolutamente impotente: che cosa puoi fare? Tutto sembra insignificante, senza senso. Non è mai abbastanza. Non ci si può far nulla. E quando una persona sente che nulla può essere fatto, si sente impotente. Quando si vorrebbe fare tutto e si sente che non si può far nulla, la mente si ferma. In questa condizione di impotenza, accade la resa. Sei vuoto. Per questa ragione l’amore diventa una profonda meditazione. In realtà, se ami qualcuno, non è necessaria nessun’altra meditazione. Ma poiché nessuno ama, sono necessari centododici metodi, e persino questi possono non bastare. L’altro giorno era presente un tale. Mi diceva. “Mi dà molta speranza. Per la prima volta ha sentito da te che esistono centododici metodi. Questo mi dà molta speranza, ma, in un certo senso, nella mia mente entra anche lo scoraggiamento. Solo centododici metodi? E se con me questi centododici metodi non funzionassero, non ce n’è per caso un altro?”. E ha ragione. Ha ragione! Se con te questi centododici metodi non funzionano, non c’è niente da fare. Dunque, come lui suggerisce, la speranza è seguita da uno scoraggiamento. Ma in realtà i metodi sono necessari perché manca il metodo fondamentale: se riesci ad amare non è necessario alcun metodo.
L’amore in sé è il metodo più grande, ma l’amore è difficile, in un certo senso impossibile.
Amore significa porre te stesso al di fuori della tua consapevolezza e mettere qualcun altro nello stesso posto in cui esisteva il tuo ego. Amore significa sostituire te stesso con qualcun altro, come se ora tu non fossi e ci fosse solo l’altro. Jean-Paul Sartre dice che l’altro è l’inferno, e ha ragione. Ha ragione perché per te l’altro crea solo un inferno. Ma ha anche torto perché, se l’altro può essere un inferno, può essere anche il paradiso. Se vivi con bramosia, l’altro è un inferno perché stai cercando di uccidere quella persona, stai cercando di renderla una cosa. Perciò anche quella persona reagirà e cercherà di fare di te una cosa, e questo crea un inferno. Perciò ogni marito e ogni moglie si creano a vicenda un inferno, perché ciascuno cerca di possedere l’altro. Il possesso è possibile solo con le cose, mai con le persone. Puoi solo essere posseduto da una persona, non puoi mai possederla. Puoi possedere una cosa, ma tu cerchi di possedere le persone.
Attraverso questo sforzo, le persone diventano cose. Se io ti rendo una cosa, tu reagirai.
In quel caso sono tuo nemico e tu, a tua volta, cercherai di fare di me una cosa. Questo crea l’inferno. Sei seduto da solo nella tua stanza e poi, all’improvviso, ti accorgi che qualcuno ti sta spiando dal buco della serratura. Osserva minuziosamente ciò che accade.
Hai notato qualche cambiamento? E perché ti senti in collera con questo curiosane? Non ti sta facendo nulla, sta solo sbirciando. Perché ti arrabbi? Ti ha trasformato in una cosa. Ti sta osservando; ha fatto di te una cosa, un oggetto. Questo ti mette a disagio. Lo stesso accadrà a lui se ti avvicini al buco della serratura e ci guardi dentro. L’altro si sentirà a pezzi, scosso. Solo un istante prima era un soggetto: lui era l’osservatore e tu l’osservato.
Ora improvvisamente è stato preso in trappola. E’ stato osservato mentre ti osservava, e ora è diventato lui una cosa. Quando qualcuno ti osserva, all’improvviso avverti che la tua libertà è stata turbata, distrutta. Questa è la ragione per la quale non puoi fissare qualcuno, a meno che tu non ne sia innamorato. Quello sguardo fisso diventa brutto e violento. Se sei innamorato, uno sguardo intenso e fermo è meraviglioso, perché non sta trasformando l’altro in una cosa. Allora puoi guardare direttamente negli occhi, puoi penetrare profondamente negli occhi dell’altro. Non lo stai trasformando in una cosa. Anzi, attraverso li tuo amore il tuo sguardo sta facendo di lui una persona. Ecco perché solo gli sguardi fissi degli amanti sono belli; altrimenti tutti gli altri sono brutti. Gli psicologi dicono che c’è un tempo limite – e lo sapete tutti, osservate e saprete quale sia il tempo limite – per guardare fissamente negli occhi di un estraneo. C’è un tempo limite: un istante in più e l’altro si arrabbierà. In pubblico uno sguardo di sfuggita può essere perdonato, perché sembra che stai solo vedendo, non guardando. Uno sguardo è una cosa profonda. Se ti vedo solo di sfuggita non si crea alcuna relazione. Oppure mi guardi mentre passo, solo mentre passo, di sfuggita: non c’è intenzione d’offendere, perciò va tutto bene. Ma se all’improvviso ti fermi e mi guardi, diventi un osservatore: il tuo sguardo mi turberà e mi sentirò insultato. Che cosa stai facendo? Io sono una persona, non una cosa. Non è questo il modo di guardare. E’ per questo che i vestiti sono diventati così importanti. Solo quando ami qualcuno puoi facilmente essere nudo, perché non appena sei nudo tutto il tuo corpo diventa un oggetto. Qualcuno potrebbe guardare il tuo corpo, e se non è innamorato di te trasformerà in un oggetto tutto il tuo corpo, il tuo intero essere. Ma quando sei innamorato di qualcuno, puoi essere nudo senza sentire di esserlo. Anzi, ti piacerebbe essere nudo perché ti piacerebbe che questo amore trasformante mutasse il tuo corpo intero in una persona. Ogni volta che trasformi qualcuno in una cosa, quell’altro è immorale. Ma se sei colmo d’amore, in quel momento d’amore questo fenomeno questa beatitudine, può verificarsi con ogni oggetto, accade. “Nel mezzo dell’oggetto, la beatitudine.” All’improvviso ti sei dimenticato di te stesso: era presente l’altro. Quando poi arriva il momento giusto, quando non sei più presente, quando sei assolutamente assente, anche l’altro diventerà assente, e tra voi due accade la beatitudine. Questo è ciò che sentono gli amanti. Quella beatitudine è dovuta anche a una meditazione ignota, inconscia. Quando ci sono due amanti, un po’ alla volta diventano entrambi assenti.
Rimane una pura esistenza senza ego... senza conflitto, solo una comunione. In quella comunione ci si sente beati. E’ errato dedurre che l’altro ti abbia donato quella beatitudine.
Quella beatitudine è venuta perché, senza saperlo, sei caduto in una profonda tecnica meditativa. Puoi farlo consapevolmente, e quando lo fai consapevolmente penetra ancor più in profondità perché non sei ossessionato dall’oggetto. Questo avviene ogni giorno. Se ami qualcuno ti senti beato non a causa di lui o di lei, ma a causa dell’amore. Come mai?
Perché questo fenomeno accade, questo sutra accade. Ma in quel caso ne sei ossessionato. Pensi che sia a causa di A, a causa della prossimità di A, della vicinanza a causa dell’amore di A, che questa beatitudine accade. Perciò pensi: “Devo possedere A perché, senza la sua presenza, potrei non essere capace di ottenere di nuovo questa beatitudine”. Diventi geloso. Se qualcun altro possedesse A, lui sarebbe beato e tu ti sentiresti infelice, perciò vuoi togliere ad A ogni possibilità di essere posseduto da qualcun altro. A dovrebbe essere posseduto solo da te perché, grazie a lui, hai potuto gettare un’occhiata in un mondo diverso; ma, non appena cerchi di possedere, distruggerai tutta la bellezza dell’intero fenomeno. Quando l’amore viene posseduto, l’amore se n’è andato.
Allora l’amante è solo una cosa. Puoi usarlo, ma la beatitudine non ritornerà, perché quella beatitudine veniva quando l’altro era una persona. L’altro era fatto, creato: tu creavi la persona nell’altro, e l’altro creava la persona in te. Nessuno era un oggetto. Eravate entrambi delle soggettività che si incontravano: due persone che s’incontrano, non una persona e una cosa. Ma non appena possiedi, questo diventerà impossibile. E la mente cercherà di possedere perché pensa in termini di bramosia: “Un giorno mi è accaduta la beatitudine, perciò mi deve accadere ogni giorno. Quindi devo possedere”. Ma la beatitudine accade perché non esiste possesso. E di fatto, la beatitudine non accade a causa dell’altro, ma a causa tua. Accade perché sei totalmente assorbito nell’altro. Può capitare con una rosa, con una roccia, con gli alberi, con qualunque cosa. Una volta che conoscerai il modo in cui si verifica, può capitare ovunque. Se sai che tu non sei e, con amore profondo, la tua consapevolezza si muove verso l’altro, verso gli alberi, il cielo, le stelle, chiunque; quando tutta la tua consapevolezza è indirizzata verso l’altro, ti lascia, si allontana da te; in quell’assenza dell’io risiede la beatitudine.
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