sabato 10 dicembre 2016

Sapere ed Essere - Gurdjieff

   Durante quasi tutte le sue spiegazioni G. ritornava su un tema che evidentemente considerava della massima importanza, ma che parecchi tra noi avevano molta difficoltà ad assimilare.
   "Lo sviluppo dell'uomo, egli diceva, si effettua secondo due linee, 'sapere' ed 'essere'. Ma affinché l'evoluzione avvenga correttamente, le due linee devono procedere insieme, parallele l'una all'altra e sostenersi reciprocamente. Se la linea del sapere sorpassa troppo quella dell'essere, e se la linea dell'essere sorpassa troppo quella del sapere, lo sviluppo dell'uomo non può farsi regolarmente; prima o poi deve fermarsi.
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   Ma due uomini possono differire nel loro essere più ancora di quanto un
minerale e un animale differiscono tra loro. E questo è proprio ciò che le persone non comprendono. Non comprendono che il sapere dipende dall'essere. E non soltanto non lo comprendono, ma non lo vogliono comprendere.
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   "Allorché il sapere sorpassa di troppo l'essere, esso diventa teorico, astratto, inapplicabile alla vita; può anche diventare nocivo, perché invece di servire la vita e aiutare le persone nella lotta contro le difficoltà questo sapere comincia a complicare tutto; di conseguenza non può che apportare nuove difficoltà, nuovi turbamenti ed ogni sorta di calamità che prima non esistevano.
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   "Ci sono tuttavia dei limiti. Come regola generale, l'essere dell'uomo moderno è di qualità molto scadente. Di una qualità alle volte talmente scadente che non c'è possibilità di cambiamento per lui. Non bisogna mai dimenticarlo; coloro il cui essere può venire ancora cambiato possono considerarsi fortunati. Ve ne sono tanti che sono definitivamente malati, macchine guaste di cui non si può più fare niente. E sono la maggioranza. Rari sono gli uomini che possono ricevere il vero sapere; se ci riflettete, comprenderete perché gli altri non lo possono: il loro essere vi si oppone.
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   "Per afferrare questa distinzione e in generale la differenza di natura del sapere e dell'essere e la loro interdipendenza, è indispensabile comprendere il rapporto del sapere e dell'essere presi insieme, con la comprensione. Il sapere è una cosa, la comprensione è un'altra. Ma la gente confonde spesso queste due idee, oppure non vede nettamente dove sta la differenza.
   "Il sapere di per sé stesso non dà comprensione. E la comprensione non potrebbe essere aumentata da un accrescimento del solo sapere. La comprensione dipende dalla relazione tra il sapere e l'essere. La comprensione risulta dalla congiunzione del sapere e dell'essere. Di conseguenza l'essere ed il sapere non debbono divergere troppo, altrimenti la comprensione risulterebbe molto distante dall'uno e dall'altro. Ripetiamo: la relazione tra il sapere e l'essere non cambia per un semplice accrescimento del sapere. Essa cambia solamente quando l'essere cresce parallelamente al sapere. In altri termini, la comprensione non cresce che in funzione dello sviluppo dell'essere.
   "Le persone, sovente confondono questi concetti e non afferrano chiaramente quale è la differenza tra di essi. Pensano che se si sa di più, si deve comprendere di più. Questo è il motivo per cui esse accumulano il sapere o quello che chiamano così, ma non sanno come si accumula la comprensione e non se ne preoccupano.
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    "La differenza tra il sapere e la comprensione ci diventa chiara quando ci rendiamo conto che il sapere può essere funzione di un solo centro. La comprensione, invece, risulta dalla funzione di tre centri. Così l'apparecchio del pensiero può sapere qualcosa. Ma la comprensione appare soltanto quando un uomo ha il sentimento e la sensazione di tutto ciò che si ricollega al suo sapere.
   "Abbiamo già parlato della meccanicità. Un uomo non può dire di comprendere l'idea della meccanicità quando la sa soltanto con la testa. La deve sentire, con tutta la sua massa, con l'intero suo essere. Allora la comprenderà.
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   "Come regola generale, quando le persone si rendono conto che non comprendono una cosa, cercano di trovarle un nome, quando hanno trovato un nome, dicono che 'comprendono'; ma 'trovare un nome' non significa comprendere. Purtroppo, la gente si soddisfa abitualmente dei nomi e un uomo che conosce un gran numero di nomi, cioè un gran numero di parole, ha la reputazione di comprendere molto, eccetto naturalmente nella sfera delle attività pratiche in cui la sua ignoranza non tarda a diventare evidente.
 

P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto - la testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, pp 75-79

 

 

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